
Concluso a tempo di record, anche a causa dell’incombente sciopero generale in Belgio, il Consiglio europeo del 15 dicembre è stato segnato da un clima di preoccupazione generale per gli effetti sistemici del Qatargate. Il vertice ha lasciato aperti alcuni nodi sui temi caldi dell’agenda dei lavori, a causa di alcune contrapposizioni ormai note e ha rinviato ad un Consiglio europeo straordinario, calendarizzato il prossimo 9 febbraio, le discussioni sul tema dell’immigrazione e della risposta europea all’Inflation reduction act (Ira), la legge sull’inflazione Usa che prevede sussidi potenzialmente dannosi per le imprese Ue (in alto la conferenza stampa: da sinistra Petr Fiala, primo ministro della Repubblica Ceca, Charles Michel, presidente del Consiglio europeo e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea).
In relazione alla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, i paesi baltici hanno ribadito la necessità di un riferimento ad un Tribunale ad hoc sulle responsabilità di Mosca; Austria e Ungheria hanno invece chiesto di menzionare la de-escalation, mentre l’Ungheria, con un moderato sostegno della Grecia, ha tentato di aprire un confronto sull’impatto delle sanzioni anche sulla stessa Ue. Tuttavia, al netto delle iniziative di aiuto umanitario già previste dal vertice di ottobre, le conclusioni si limitano a confermare il sostegno europeo al tribunale penale internazionale, l’impegno ad applicare con rigore le sanzioni e a vigilare su eventuali pratiche che le aggirino, e la volontà di sostenere l’Ucraina per la sua ricostruzione e per la costruzione di una pace giusta.
Sempre in relazione alla guerra in Ucraina, il Consiglio europeo condanna il sostegno militare fornito dalle autorità iraniane alla Russia e accoglie con favore le sanzioni dell’Ue adottate il 12 dicembre 2022.
L’Unione europea, inoltre, ha convenuto di fornire all’Ucraina un’assistenza pari a 18 miliardi di euro nel 2023. Proprio giovedì, a tal riguardo, si è conclusa la procedura scritta per l’adozione formale di un regolamento che modifica il quadro finanziario pluriennale per gli anni dal 2021 al 2027, che consentirà all’Ue di utilizzare il margine di manovra del bilancio europeo per l’assistenza macrofinanziaria all’Ucraina nel 2023. Ciò significa che tutti gli Stati membri dell’Ue parteciperanno a questo sforzo.
Il Consiglio ha anche confermato il sostegno all’iniziativa delle Nazioni Unite sui cereali del Mar Nero e del programma “Grain from Ukraine” (“Cereali dall’Ucraina”) per garantire la disponibilità e l’accessibilità economica dei prodotti agricoli e dei concimi.
Come prevedibile, buona parte delle divergenze sono emerse sulla parte delle conclusioni dedicata ad energia ed economia. Alla vigilia, l’Italia e alcuni altri paesi mediterranei hanno ribadito la necessità di affrontare le questioni energetiche in un’ottica di pacchetto, mentre Germania, Paesi Bassi, Danimarca hanno espresso la necessità di un approccio più prudente. Lunedì 19 dicembre si terrà un Consiglio Energia e, in vista di questo appuntamento, il vertice ha invitato i 27 ministri competenti per materia a portare a termine durante la riunione i lavori sulla proposta di regolamento sulla solidarietà e il coordinamento degli acquisti di gas, sulla proposta di regolamento che istituisce il quadro per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili e sulla proposta di regolamento che istituisce un “meccanismo di correzione del mercato” (il “price cap”) per proteggere i cittadini e l’economia da rincari eccessivi. Non c’è ancora un’intesa sulla soglia. Germania, Francia e Italia rappresentano, ciascuno, un gruppo di capitali con una specifica posizione sul tetto al prezzo del gas. Sono solo questi tre paesi che possono sbloccare il negoziato.
Su richiesta francese, poi, le conclusioni sottolineano l’interesse del Consiglio europeo verso la proposta e la valutazione d’impatto sulla riforma strutturale del mercato dell’energia elettrica dell’Ue, anche per quanto riguarda l’effetto dei prezzi del gas sui prezzi dell’energia elettrica.
Visioni contrapposte ha anche sollevato la parte delle conclusioni dedicata ad una politica industriale europea: con riferimento al recente pacchetto di sussidi verdi degli Stati Uniti (Inflation reduction act – Ira), la Francia ha provato a spingere per dare all’Unione un maggiore margine di azione, evocando un piano industriale “Made in Europe”, da finanziare con i fondi di REPowerEU – il piano dell’Ue per eliminare gradualmente i combustibili fossili russi – e con l’aggiunta di “nuovi strumenti nazionali ed europei”. Germania, Paesi Bassi, Finlandia e Irlanda hanno chiesto di valutare prima attentamente gli effetti del provvedimento statunitense e proposto di rinviare al Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio la discussione sia sull’Ira che sulla possibile risposta europea.
Su questo punto, quindi, pur ribadendo la necessità di una politica industriale europea in grado di far fronte alle molteplici sfide attuali e future, soprattutto quelle legate all’energia e ai suoi prezzi, le conclusioni si limitano così ad invitare la Commissione ad effettuare analisi e a presentare proposte entro il 2023 per mobilitare “tutti gli strumenti pertinenti a livello nazionale ed dell’Ue”, per migliorare le condizioni quadro per gli investimenti e per definire una strategia Ue per la competitività e la produttività.
Per quanto riguarda la parte sull’economia delle conclusioni, il Portogallo, sostenuto dai paesi mediterranei, ha ribadito la necessità di un riferimento alla recente proposta della Commissione per una riforma della governance economica dell’Ue, trovando però la contrarietà di Germania e Irlanda, orientate a inserire la discussione in agenda in una fase più avanzata del dibattito. Le conclusioni non ne fanno menzione, ma si limitano a sottolineare l’importanza di uno stretto coordinamento e di soluzioni comuni a livello europeo ove possibile.
Meno problematica, invece, la parte delle conclusioni dedicata alla sicurezza e difesa, che ribadisce la volontà europea di investimenti e strumenti per rafforzare la propria base industriale di settore.
Per quanto riguarda la parte relativa al vicinato meridionale, sebbene Paesi Bassi, Belgio e Austria abbiano provato ad inserire un riferimento specifico al tema migratorio, grazie all’opposizione italiana e francese le conclusioni si limitano a riferire di un dibattito strategico tenuto dai 27 durante i lavori del vertice.
Stesso linguaggio per la parte dedicata alle relazioni transatlantiche, anche in virtù del fatto che durante la discussione non sia emersa una linea comune su come portare avanti il confronto con gli Stati uniti, soprattutto dopo l’adozione dell’Inflation reduction act – Ira.
Alcuni, a cominciare dalla Francia, hanno sottolineato la necessità di sviluppare una strategia autonoma per salvaguardare la base economica, industriale e tecnologica dell’Europa e garantire condizioni di parità, altri (per esempio i Paesi Bassi) si sono mostrati molto prudenti e più propensi ad un approccio meno assertivo. Infine, un riferimento delle conclusioni ai Balcani occidentali e all’Iran, con la concessione dello status di paese candidato alla Bosnia-Erzegovina e la dura condanna per la violenza della repressione del regime di Teheran verso i civili.
Per consultare il testo delle conclusioni cliccare qui.
(Per la foto in alto, copyright European Union)