Raccontare l’impresa con parole nuove e promuovere una conoscenza più attenta del loro ruolo nella società. È questo l’obiettivo del progetto “A scuola d’impresa” promosso da Confindustria e l’Associazione italiana editori e presentato il 7 dicembre a Roma, al Centro Congressi La Nuvola. L’iniziativa si rivolge a una pluralità di soggetti, a partire da insegnanti, editori scolastici, autori e mondo delle imprese, stimolati a dare ciascuno il proprio contributo per offrire alle nuove generazioni un racconto delle realtà produttive del Paese lontano dagli stereotipi. È proprio dentro le aule scolastiche, infatti, che le ragazze e i ragazzi cominciano a definire la propria visione del mondo e, come ha sottolineato il presidente del Gruppo tecnico Cultura di Confindustria Antonio Alunni aprendo i lavori, “hanno bisogno di vedere e di sapere che le imprese sono luoghi in cui è possibile crescere e costruire il proprio sé, professionale e personale”. Secondo Alunni, infatti, occorre costruire “un nuovo vocabolario”, nel quale alla parola impresa vengano associati concetti quali la bellezza, l’arte e il futuro. “Dobbiamo concentrarci sui valori positivi che il progresso rappresenta – ha spiegato l’imprenditore citando la figura di Thomas Edison, l’inventore della lampadina a incandescenza – e l’impresa traccia il futuro con l’innovazione, con la ricerca. L’impresa è lavoro, l’impresa è vita”.
Inserito nel palinsesto degli eventi della fiera della piccola e media editoria, l’incontro – moderato dalla giornalista del Sole 24 Ore Manuela Perrone – ha visto la partecipazione di diversi ospiti. Fra questi il professore di demografia e statistica sociale dell’Università Cattolica di Milano Alessandro Rosina, il quale ha tracciato un quadro della difficile situazione in cui si trova l’Italia dal punto di vista demografico. Ciò che ha permesso in passato al Paese di crescere – è il ragionamento del docente – è stata l’elevato numero di giovani. Oggi si parla molto di invecchiamento della popolazione “ma quello che ci connota è un processo di strutturale riduzione del numero dei giovani”. Un concetto nuovo, espresso dal neologismo “degiovanimento”, ancora piuttosto assente dal dibattito pubblico. Dei giovani, infatti, si parla usando altri termini. Rosina ne individua tre: Neet, Expat e startupper. Tre categorie differenti individuate in base al sistema bilanciato di rischi e opportunità nel quale vivono. E quindi c’è chi crea da sé il proprio percorso, lo startupper, chi ha trovato solo all’estero la propria gratificazione professionale e personale, l’expat, e chi invece non è nessuna di queste cose. “I Neet – ha sottolineato Rosina – sono diventati la misura di quanto un paese spreca la propria risorsa giovani”.
Eppure l’Italia teoricamente offrirebbe molte opportunità. Antonio Calabrò, presidente Museimpresa, ha sottolineato la grande importanza della cultura politecnica di cui è permeata l’Italia, una cultura capace di mettere insieme sapere umanistico e sapere scientifico. “È vero che il Paese invecchia – ha affermato – ma le risorse vanno impiegate per costruire un nuovo tessuto di fiducia”. Le imprese in questo hanno un ruolo importantissimo, ha sottolineato Calabrò. Cosa possono fare in concreto? “Aprirsi. Oggi non basta produrre e vendere bene. C’è bisogno di attrarre le persone, i giovani”. Insomma, “fare del racconto delle imprese un capitolo del grande racconto del Paese” e in quest’ottica grande valore assumono musei e archivi d’impresa perché contribuiscono a sistematizzare, custodire e trasmettere i saperi legati al mondo produttivo.
A prendere successivamente la parola è stato Paolo Tartaglino, vice presidente e presidente Gruppo Educativo Aie, secondo il quale un racconto più moderno dell’impresa e più aderente al presente può trovare spazio nei libri di testo destinati ai giovani delle scuole secondarie di primo grado. Un percorso che in parte è già iniziato, come ha spiegato Tartaglino facendo riferimento al Piano Rigenerazione Scuola 2022-2025, messo a punto dal ministero dell’Istruzione, che ha per esempio introdotto il tema della sostenibilità economica e di quella sociale accanto a quella ambientale all’interno dell’offerta formativa scolastica. Un’azione analoga è stata fatta anche in merito all’applicazione della legge n.92 del 2019, che ha reinserito lo studio dell’educazione civica, introducendo concetti quali quello della cittadinanza digitale, della sostenibilità e della costituzione cittadina. “Progetti del genere – ha sottolineato Tartaglino – devono essere affiancati dalla formazione dei docenti”.
Il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli ha offerto una panoramica sui cambiamenti che sarebbero necessari all’interno del mondo della scuola, a partire dall’introduzione della figura del docente-tutor destinata alle attività di orientamento e riorientamento. Sono prassi adottate all’estero con successo e che potrebbero essere replicate in Italia, è il pensiero di Giannelli. Occorrerebbe poi aumentare le attività di laboratorio all’interno degli istituti tecnici e professionali, evitando quell’azione di licealizzazione avvenuta negli ultimi anni che ha in parte snaturato la formazione peculiare offerta da questi istituti. Necessario anche superare le barriere tra materie “perché, citando Karl Popper, non esistono materie, esistono problemi”, ha chiosato Giannelli, sottolineando l’importanza degli ITS per quanto riguarda la formazione post diploma.
Successivamente ha preso la parola Stefano Versari, Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del ministero dell’Istruzione e del Merito. Da lui piena condivisione della necessità di “far crescere in qualità il percorso degli ITS”. In passato, secondo Versari, si è sbagliato a pensare che l’istruzione terziaria fosse soltanto quella universitaria e oggi l’Italia paga questo errore nei soli 20mila studenti che ogni anno escono dagli ITS. Un numero ridotto rispetto alle reali necessità del Paese, specialmente se confrontato agli 800mila diplomati che sforna la Germania attraverso l’equivalente degli ITS.
Prima delle conclusioni, affidate al vice presidente di Confindustria per il Capitale umano Giovanni Brugnoli, è intervenuta la scrittrice Sara Loffredi, autrice del libro edito da Einaudi Fronte di scavo, dedicato ai lavori che portarono alla realizzazione del traforo del Monte Bianco. Per Loffredi per incuriosire i giovani e avvicinarli al mondo dell’impresa è fondamentale “accenderne l’immaginazione. Il futuro si costruisce facendo cose mai tentate prima”, come in effetti fu l’avventura del geometra Pietro Alaria, al quale toccò la responsabilità dei calcoli planimetrici dei lavori, narrata nel libro.
Il dibattito si è concluso infine con la rinnovata disponibilità a collaborare con il sistema pubblico espressa dal vice presidente di Confindustria Giovanni Brugnoli. “L’orientamento è fondamentale perché a rischio c’è la competitività del nostro Paese, che rappresenta la seconda manifattura d’Europa”. “L’industria è un patrimonio comune – ha concluso – e le competenze vanno costruite. Noi siamo a supporto delle istituzioni scolastiche e dobbiamo fare una grande alleanza per comunicare la nostra vocazione manifatturiera”.
(nella foto in alto, da sinistra: Antonello Giannelli, Paolo Tartaglino, Manuela Perrone e Sara Loffredi)