Fiducia e reputation. Parole chiave al tempo del Covid-19, dove l’emergenza sanitaria ha stravolto il Paese e l’economia ma anche il modo di comunicare di brand e istituzioni. Tutto è cambiato: socialità, abitudini, consumi, il rapporto delle persone con il lavoro, le tecnologie. Così le priorità e le linee d’azione per chi è impegnato in un ambito come il marketing, mai come oggi strategico in azienda come in altre realtà. L’imperativo per resistere e possibilmente avanzare sul mercato è adeguarsi al nuovo scenario. Ripensare la strategia. Adottare un nuovo Tone of Voice. Fortemente sconsigliata la ritirata: sospendere o ridurre il contatto con il consumatore allenta la relazione e a medio o lungo termine indebolisce qualunque brand.
Comunicare durante una crisi è difficile: si rischia di apparire inopportuni e ragionare in logica di profitto, o di scendere in campi non propri, col piede sbagliato. Ma può rivelarsi la migliore scelta che un’azienda possa fare, consentendole di uscire più velocemente dall’impasse, avvantaggiandosi sui competitor, occupando nuovi spazi.
Non mancano analisi e dati a supporto, anche guardando al passato: durante la crisi economica del 1974-1975 l’accreditata rivista economica e di management American Business Press ha analizzato i comportamenti di 143 aziende: quelle che hanno investito in advertising durante la recessione sono cresciute maggiormente in vendite e fatturato.
La società di ricerche McGraw-Hill ha invece osservato più di 600 aziende B2B nella recessione negli Stati Uniti dal 1980 al 1985: chi ha continuato a comunicare nella difficoltà ha visto crescere il business del +256% rispetto agli altri. E ancora, per la società di ricerche Kantar Millward Brown “il taglio in comunicazione può impattare negativamente sulle metriche di brand già nei primi sei mesi, sugli indicatori di brand equity (Key Image) ma anche su indicatori più legati al consumo”. Tradotto: tagliare o ridurre il budget in marketing e comunicazione rispetto ai propri competitor espone ad un rischio maggiore rispetto a quello che correremmo continuando a comunicare.
Mai spegnere la connessione
“Essere sempre al passo coi tempi è indispensabile per risultare attraenti agli occhi dei clienti. Mai dunque spegnere la connessione – specie in tempi di crisi – tra un brand e la propria audience”. Lo attestava il guru del management Philip Kotler in tempi non sospetti, nel suo libro Marketing 4.0. Ma come si può riuscire, in fasi delicate come quella che attraversiamo, a non commettere errori? Tenere conto delle implicazioni che la situazione richiede è il passo numero uno per ri-orientare il modello. Focalizzare le nuove priorità del cliente consente di adattare l’offerta e i messaggi senza apparire fuori luogo. E poi bisogna agire sulla fiducia.
L’indagine globale sulla fiducia che l’agenzia Edelman realizza da 20 anni e che durante l’emergenza ha monitorato il livello di fiducia dei consumatori verso aziende e istituzioni – il Trust Barometer – evidenzia che il livello di fiducia si alza per le aziende che sono scese in campo nel momento di emergenza con concrete manifestazioni di responsabilità sociale e scende per quelle realtà che hanno messo il profitto davanti alle persone.
La fiducia (trust) si guadagna attraverso azioni e comportamenti e l’impatto è nei numeri: nel periodo dell’emergenza il 33% degli italiani ha “punito” con la disaffezione i brand che non hanno agito in linea con i bisogni del momento, ad esempio tenendo toni e contenuti della comunicazione inadeguati (focalizzati sul business, non centrati sul contesto). Parallelamente il 37% degli italiani afferma – e si tratta di un dato molto alto – di aver iniziato ad utilizzare un nuovo brand vista la risposta “innovativa o empatica” con la quale ha affrontato l’emergenza.
Solo qualche esempio: Virgin Australia ha pubblicato un video sulla sua pagina Facebook in cui ringrazia tutti i membri del suo team: “In questi tempi incerti, c’è una sola certezza per noi. Le nostre persone. Siamo rimasti stupiti dalla loro forza, impegno e volontà di aiutare i nostri clienti. E per questo, diciamo loro ‘Grazie!’”.
Vertellis, azienda che produce carte da gioco, in emergenza ha messo a disposizione degli utenti la versione digitale dei suoi prodotti, in modo da poterli usare anche da computer e smartphone. Nel farlo ha ricordato i suoi valori: “Aiutare le persone a trascorrere tempo di qualità con famiglia e amici”.
Numerosi i marchi che hanno rivisto le proprie campagne promozionali sposando la causa #iorestoacasa, come Levissima che, nei suoi spot e tramite i propri canali social, ricorda agli utenti che “la montagna da scalare oggi è un’altra”.
Per rafforzare l’invito a restare “distanti ma uniti”, Audi ha deciso di distanziare gli storici quattro cerchi che compongono il suo logo come segno di solidarietà e lo ha fatto lanciando questo messaggio con uno spot animato: “Non lasciamo la nostra casa, manteniamo le distanze, manteniamoci in salute, sosteniamoci a vicenda”. Coca-Cola, sulla stessa linea: ha modificato il logo per ricordare l’importanza del distanziamento sociale, con una evidente spaziatura tra i caratteri. Il messaggio chiave: “Staying apart is the best way to stay united”.
Guidare la ripartenza
Mentre si sgretolano le certezze e si inaspriscono le difficoltà sui mercati, la sfida che si gioca sul piano comunicazione non è da sottovalutare. Ne sono un esempio i marchi, anche molto noti, che in questi mesi hanno compiuto gaffe con spot o messaggi considerati offensivi dal pubblico. Bisogna agire, ma farlo preparati. Per questo ci sono i piani di Crisis communication, ma anche le famose golden rules: regole, poche e chiare, per comunicare bene nella crisi. Tempestività, competenza e autorevolezza aiutano a preservare la brand consistency (coerenza del marchio), così come un approccio che promuova un senso di comunità. Chi lo ha fatto non solo è rimasto a galla, ma è avanzato nel suo business: molte delle imprese che hanno lavorato bene sull’immagine durante la pandemia – riposizionandosi – oggi guidano la ripartenza.
I dati di Millword Brown relativi a uno studio del 2018 confermano: le aziende che crescono sono quelle che hanno una share of communication a segno +. La comunicazione, come è noto, ha un impatto moltiplicatore. Certamente richiede un livello minimo di spesa per poter attivarne l’effetto, ma va considerato che quando la decrescita inizia, diventa sempre più difficile recuperare: “È più difficile e oneroso recuperare i punti persi in brand equity e market shares a fronte di un taglio in comunicazione, che mantenere i Kpi stabili con un modesto investimento”.
Cogliere gli insight e cambiare, insieme
Oggi si apre un’ulteriore sfida: rispondere ai bisogni degli utenti nella fase attuale – diversa dalla precedente e anche solo da quella di poche settimane fa – agganciando il sentiment e gli insight del target. Serve uno sguardo al futuro: con la cautela che il periodo impone e un progressivo abbandono dei messaggi che hanno accompagnato i mesi passati e nei quali gli italiani non si riconoscono più. L’ascolto continuo della base – con le classiche survey o indagini di stampo più innovativo, ben note agli addetti marketing – permetterà di restare connessi e di ritrovarsi vicini quando tutto finirà.
L’esperienza di Confindustria: messaggi solidi in tempi incerti
Con la pandemia è stato offerto supporto all’intero sistema produttivo. Per il vice presidente per l’Organizzazione Alberto Marenghi: “Molte di quelle imprese oggi sono con noi ed è un orgoglio”
Centinaia di nuove acquisizioni e relazioni rafforzate con i soci. L’affiancamento di Confindustria alle imprese, in questa lunga e complessa “seconda ripartenza”, ricalca quello dei mesi più duri della pandemia e porta risultati concreti: nuovi associati e un legame più forte con la base. Dati possibili grazie anche ai messaggi solidi lanciati in questi mesi, nell’incertezza generale, e ad un’azione di marketing responsabile.
Dallo scorso febbraio il Sistema si è posto in una dimensione di supporto all’intero sistema produttivo italiano, superando le logiche dell’appartenenza. Ne è un esempio l’assistenza fornita nell’interpretazione della normativa a tante aziende fuori dal Sistema in difficoltà. “Oggi molte di quelle imprese sono con noi ed è un orgoglio – afferma Alberto Marenghi, vice presidente per l’Organizzazione, lo sviluppo e il marketing di Confindustria. – Il Sistema ha reagito alla crisi scardinando le logiche della concorrenza e puntando al risultato finale: un’uscita graduale di tutti dalla crisi. In questo periodo di difficoltà il nostro network ha mostrato tutta la propria forza e le competenze tecniche e la solidità dell’azione di lobby hanno permesso avanzamenti significativi e su larga scala. L’auspicio è di poter presto tornare a offrire questo valore in uno scenario più sereno e in una nuova dimensione per la società e il mondo economico”.
(Servizio tratto dal numero di dicembre dell’Imprenditore)