
In poco tempo, la parola “sostenibilità” ha assunto un significato completamente diverso da quanto era inteso all’indomani della fine della pandemia. Non tanto sul piano dei valori, del rispetto dell’ambiente in cui cresciamo e viviamo, quanto sul piano della concretezza degli effetti che il non contemplarla può produrre. Dalla siccità della scorsa estate alla transizione energetica di questi mesi, la sostenibilità sta infatti rapidamente assurgendo al ruolo di priorità nell’agenda pubblica e nelle scelte delle imprese e delle persone.
Due recenti ricerche hanno in particolare analizzato la crescente sensibilità alla sostenibilità persino nelle scelte di acquisto online. Secondo il Sustainability Report 2022, il 59% degli italiani che fanno e-commerce controllano spesso o sempre i fattori che possono ridurre l’impatto ambientale nell’ambito di un sito e-commerce, una percentuale che sfiora i due terzi nella fascia di età fra i 16 e i 24 anni: un dato che dà evidenza della consapevolezza che il commercio elettronico presenta un impatto sull’ambiente non solo per il consumo energetico della presenza online dell’azienda, ma per le operations che debbono dare seguito all’ordine.
A questo proposito, la Scuola Sant’Anna di Pisa ha provato a stimare il fatto che un acquisto effettuato online risulta “carbon neutral” nella misura in cui l’acquirente, anziché riceverlo a domicilio, avrebbe dovuto percorrere in auto più di cinque km dalla propria abitazione. Nei restanti casi, la comodità della consegna a casa ha un impatto negativo per i costi determinati dai trasporti e dagli imballaggi necessari alla ricezione del bene.
Se infatti, all’apparenza, gli acquisti online riducono gli spostamenti autonomi nel recarsi presso i punti vendita, la gestione di un ordine effettuato su Internet contempla:
- la frammentazione degli acquisti e la molteplicità dei passaggi e delle relative movimentazioni;
- la crescita delle aspettative da parte dei consumatori per consegne rapide e quindi non efficienti;
- i passaggi inversi richiesti dalla gestione di resi e guasti e il loro smaltimento;
- il traffico su gomma degli spedizionieri verso le singole abitazioni di chi compra;
- l’uso dei materiali e della plastica dei singoli imballaggi e la complessità del loro riciclo.
In particolare, il crescente ricorso ai social media per effettuare acquisti d’impulso e il conseguente fenomeno dei serial returners, ovvero di coloro che ricorrono in modo costante al reso, anche perché spesso gratuito, accrescono i rischi che il commercio elettronico presenti un saldo negativo sul piano della sostenibilità ambientale.
La scelta di optare per formule di consegna “senza fretta”, una maggiore attenzione agli ordini perché limitino i resi e una preferenza nei confronti di quelle imprese che online implementino soluzioni efficienti sul piano degli imballaggi e delle consegne sono solo alcune delle aree in cui, come riporta il Rapporto di RetailX, sono crescenti l’attenzione da parte dei consumatori e i margini di manovra per le aziende.
Se anche nella nostra vita digitale è dunque possibile adottare comportamenti sostenibili, tale rinnovata consapevolezza da parte della maggioranza dei 33 milioni di italiani che acquistano online diventa il migliore fattore di “competizione al rialzo” fra le imprese che vogliano improntare il proprio modello di business online a questo valore e declinarlo in aspetti di business, di processo e di comunicazione.
Fra i primi, si sta diffondendo la possibilità, sul sito del venditore, di acquistare prodotti fallati, ricondizionati o “pre-loved” e sempre più produttori di beni consumabili stanno introducendo formule ad abbonamento così da migliorare lo smaltimento dell’usato mentre, fra gli aspetti di processo, rientrano anche l’offerta di consentire il ritiro presso punti vendita fisici o lockers.
L’ottimizzazione dell’imballaggio per adeguarsi alle dimensioni del prodotto, l’assenza di materiali non riciclabili nella sua composizione e la cosiddetta “etichettatura ambientale” per aiutare il consumatore a smaltire correttamente il tutto sono esempi di interventi che possono essere adottate come la cancellazione del reso gratuito: un servizio che ha contato così tanto nel passato per convincere i consumatori ad acquistare su Internet, oggi ne rappresenta un limite sia per l’aggravio dei costi che introduce che per l’evidente impatto ambientale che rappresenta.
Una sensibilità crescente ad acquisti sostenibili richiede anche una comunicazione più efficace e credibile da parte delle aziende: le schede prodotto in cui siano evidenziati valori come, nel caso di prodotti ricondizionati, la minor impronta carbonica rappresentata dal più lungo ciclo di vita di tale bene, la lista dei fornitori coinvolti, della loro appartenenza al territorio, del loro rispetto delle condizioni di lavoro del personale sono aspetti di comunicazione da considerare e rientrano in quelle scelte più ampie di impegno che in qualche caso sfociano nella trasformazione dell’organizzazione in “società benefit”.
Se la sostenibilità, anche online, è la bussola che sta guidando un operatore economico, essa può diventare anche un metro di giudizio per ciascuno di noi, nelle nostre vesti di acquirenti. Ad esempio, quando ci si trova a scegliere un merchant, sul suo sito o su un marketplace, possono essere presi in considerazione i seguenti aspetti:
- se l’impegno verso la sostenibilità è stato comunicato in un’area dedicata e se sono pubblicati con attenzione gli ambiti, i risultati conseguiti e gli obiettivi di tale impegno;
- se il modello di vendita online è stato innovato introducendo la possibilità di acquistare prodotti fallati, ricondizionati o scegliendo modalità di abbonamento così da migliorare lo smaltimento dell’usato;
- se nelle schede prodotto sono evidenziati valori utili a comprendere la bontà della scelta come la minor impronta carbonica presente nei prodotti ricondizionati;
- se sono state fatte scelte formali da parte del venditore quali la trasformazione in “società benefit”;
- se è stata introdotta, e premiata, la disponibilità di formule di consegne “senza fretta”;
- se vi è la possibilità di ritirare il bene presso punti vendita fisici o lockers;
- se è presente la comunicazione di fattori quali il possibile riutilizzo delle confezioni, il mancato uso di plastica negli imballaggi e l’impiego di confezioni di dimensioni adeguate al bene contenuto;
- se è segnalato l’impiego dell’etichettatura ambientale volta a facilitare lo smaltimento corretto dei rifiuti;
- se sono presenti elementi utili a comprendere le scelte fatte sul piano dei fornitori coinvolti, della loro appartenenza al territorio, del loro rispetto delle condizioni di lavoro del personale;
- se le politiche legate ai resi sono state impostate per scoraggiare resi gratuiti e, più in generale, sono comunicate con trasparenza le scelte di gestione dei resi, dei guasti, dell’invenduto.
La pandemia ha rappresentato un fattore di accelerazione delle vendite online, sia nei confronti degli individui che per gli acquirenti professionali e aziendali, ma ha anche permesso di maturare la consapevolezza che i processi relativi al commercio elettronico siano ripensati per risultare sostenibili sul piano ambientale e sociale oltre che economico di un’organizzazione, di una comunità, di un territorio.
Nota sull’autore

ANDREA BOSCARO
Andrea Boscaro ha fondato la società di formazione dedicata al marketing digitale The Vortex, ha lavorato in Vodafone, in Lycos ed è stato per sei anni amministratore delegato di Pangora (poi entrata nel gruppo americano Connexity).
Autore dei volumi Marketing digitale per l’e-commerce, Effetto Digitale, Tecniche di web-marketing (per informazioni, visitare www.facciamoecommerce.it, ndr) e Politica Digitale editi da Franco Angeli, è un formatore legato ai temi dell’e-business, dei social media e dell’editoria digitale.