Metalmont nasce nel 1986 a Revine Lago, nel trevigiano, come impresa produttrice di semilavorati. Dagli anni Duemila converte la produzione verso i macchinari per la movimentazione dei cereali. Purtroppo il conflitto tra Russia e Ucraina, due dei principali mercati di destinazione del suo export, rallenta alcuni progetti e l’azienda, che aveva già avuto qualche esperienza in Africa, seppure di sola vendita, inizia a guardare con rinnovato interesse al continente e quest’anno firma un accordo di collaborazione con l’ente che rappresenta il ministero dell’Agricoltura della Costa d’Avorio. “L’Africa è un continente ricco di opportunità per le imprese italiane”, dice il Ceo Iacopo Meghini (nella foto in alto) e in questa intervista ci spiega come coglierle.
Come nasce l’azienda e quali sono state le tappe principali del suo percorso?
Metalmont è un’impresa metalmeccanica nata nel 1986 a Revine Lago, località a nord della provincia di Treviso, e oggi conta 30 dipendenti. Come tante altre realtà del territorio, nei primi anni si occupava della lavorazione di lamiere in contoterzismo, un’attività che le ha permesso di maturare competenze e conoscenze riconosciute ancora oggi dai nostri clienti.
Verso la fine degli anni ‘90 ha inizio la produzione di macchine per la movimentazione dei cereali, in un percorso di conversione dalla mera produzione di semilavorati in ferro alla realizzazione di sistemi per la meccanizzazione e successiva automazione degli impianti di stoccaggio di cereali (grano, orzo, riso), di semi (girasole, colza), di leguminose (soia, piselli, ceci) e di altri prodotti agricoli sfusi (cacao, caffè, mandorle).
Uno dei nostri punti di forza è la gestione e padronanza dell’intero ciclo di vita del prodotto: dalla progettazione e costruzione fino alla commercializzazione e assistenza in sito per le installazioni o gli interventi di manutenzione più complessi.
Rispetto allo scorso anno, che ha registrato un fatturato di poco inferiore a 5,5 milioni di euro, nel 2022 il fatturato sarà in calo a circa cinque milioni. Un effetto della guerra in Ucraina, il mercato per noi più importante, come anche la Russia. Complessivamente la quota export del fatturato si attesta intorno al 60-65%, di cui la parte in Africa al momento oscilla in base ai progetti fra il 3 e il 7%.
Come nasce l’accordo con la Costa d’Avorio?
A tal proposito devo fare una premessa. Metalmont da diversi anni è socia della territoriale di Treviso di Confindustria, Assindustria Veneto-Centro, ed è sempre stata interessata e partecipe alle varie forme di associazionismo, sia all’interno del mondo confindustriale che nelle Camere di commercio o nelle associazioni di settore, quali ad esempio Federunacoma e DLG.
Dopo aver partecipato al progetto “Africa Business Lab” (il progetto di formazione promosso dall’Agenzia Ice per preparare le aziende a un percorso di internazionalizzazione in Africa, ndr) ho avuto la possibilità di entrare in contatto con Confindustria Assafrica & Mediterraneo, grazie alla quale ho raccolto maggiori informazioni sulle opportunità di sviluppo nel continente africano. Come azienda avevamo già avuto delle attività di vendita in Africa (Sudafrica, Senegal, Egitto) e, in particolare, è consolidata l’esportazione di macchine in Costa d’Avorio.
Far parte della business community di Assafrica ci ha permesso di acquisire, però, una maggiore consapevolezza del “fare business” in Africa, con diverse occasioni di confronto negli incontri organizzati dall’associazione, tra cui il Business Forum Italia – Costa d’Avorio dello scorso 7 aprile. Infatti, a seguito di questo evento, l’ambasciatore della Costa d’Avorio in Italia, in occasione della visita alla Biennale di Venezia, ha chiesto di poter conoscere una piccola media impresa del territorio veneto e Assafrica ha segnalato la nostra impresa.
La visita dell’ambasciatore in azienda è stata un momento di presentazione e condivisione della nostra visione sul continente e in particolare in Costa d’Avorio e ci ha permesso di approfondire non solo le opportunità che offre il paese, ma anche le relazioni che ci sono tra l’ambasciata e le imprese in Italia.
Successivamente abbiamo partecipato a giugno a una missione in loco e tra i vari incontri c’è stato quello con l’Anader, l’ente che rappresenta il ministero dell’Agricoltura e ne è il braccio operativo per tutto ciò che riguarda gli investimenti e i progetti di sviluppo. Durante questa visita, dove siamo stati accompagnati dai funzionari dell’ambasciata ivoriana a Roma, abbiamo siglato un accordo di collaborazione, con l’obiettivo di condividere l’esperienza e il know how di Metalmont e di essere coinvolti nei progetti di sviluppo agricolo in Costa d’Avorio.
Prima della Costa d’Avorio c’erano state altre occasioni di operare in Africa?
Si, ma soltanto di mera esportazione, come le dicevo. Abbiamo lavorato in Sud Africa e in tempi più recenti in Egitto. Tramite società italiane abbiamo venduto macchinari in Senegal e in Mauritania. Recentemente, attraverso una società di ingegneria con sede a Lisbona, stiamo cercando di proporci per la fornitura di tecnologia in Angola.
In Costa d’Avorio ora collaboriamo con un’azienda locale ivoriana, che acquista e installa le macchine usare negli impianti di stoccaggio e lavorazioni delle fave di cacao. È tra i nostri obiettivi fare qualche passo in più e un giorno portare la nostra tecnologia producendo in loco le macchine che già vendiamo.
Per l’appunto, che progetti di investimento avete?
A me piacerebbe avere una presenza fisica in Costa d’Avorio, con una Metalmont ivoriana o in partnership con un’azienda locale, guidata da persone del posto formate in Italia, ovviamente dopo un periodo di affiancamento e avviamento.
Che contraccolpi avete avuto dalla guerra e dall’interruzione dell’export di grano dall’Ucraina, grano in gran parte destinato all’Africa?
Il contraccolpo della guerra è pesante ed è stato stimato in circa un 40% in meno del fatturato previsto a budget, considerando sia le opportunità in Ucraina che i progetti in corso da tempo in Russia.
In Africa la chiusura dell’export del grano ha fatto capire quanto sia importante disporre di riserve nazionali, grossi silos o magazzini. Prima della guerra, infatti, c’è stato il Covid-19, che ha creato altrettante difficoltà soprattutto di tipo logistico nell’approvvigionamento di materie prime. Per questo motivo paesi come l’Egitto hanno avviato piani molto ambiziosi, per esempio portando da tre a sei milioni di tonnellate la capacità di stoccaggio del grano, ormai diventato un bene rifugio e in molti casi ben più importante del petrolio.
Oltre alla Costa d’Avorio avete altri paesi di interesse?
Noi siamo arrivati la prima volta in Costa d’Avorio nel 2016 in maniera casuale. Adesso anche con il supporto di Assafrica, stiamo studiando altri paesi. Tramite “Prendi Nota”, il settimanale economico dell’associazione che racconta l’Africa, il Mediterraneo e il Medio Oriente, stiamo raccogliendo molte informazioni utili; con la partecipazione ai webinar e agli incontri in presenza stiamo cercando di capire le opportunità che offrono i vari paesi.
Un altro paese che stiamo prendendo in considerazione in questa fase di scouting è la Nigeria, una realtà molto interessante nell’area dell’Africa occidentale insieme al Ghana. Poi chiaramente l’Africa presenta una serie di criticità ed è per questo che chi decide di operare in tali mercati deve muoversi con molta cautela.
A fronte delle criticità ma anche delle opportunità accennate, cosa direbbe ad un imprenditore che si avvicina per la prima volta a questo continente?
Iniziamo dalle opportunità, che consentono di superare anche le difficoltà: l’Africa è il continente che nei prossimi anni registrerà il più alto tasso di crescita della popolazione. Come Metalmont operiamo nella filiera alimentare, quindi essendo l’Africa un continente che crescerà a livello demografico, è necessariamente di interesse per le imprese che sono collegate a questo megatrend.
L’Africa è un continente che va compreso, studiato e va visitato. Sulle difficoltà c’è da considerare che è fatta da tanti paesi, ma spesso si tende a fare una semplificazione e associare il continente a tutti i paesi. In realtà ogni Stato ha le sue specificità, certe logiche sono ovviamente le stesse, ma ci sono delle caratteristiche che variano da zona a zona. Il consiglio che darei in primis è aderire ad associazioni che possano essere una piattaforma per entrare in contatto con altri imprenditori.
L’altro consiglio è di muoversi con molta cautela e verificare tutti gli aspetti per capire quanto difficile o accessibile sia un paese, anche per la semplice attività di esportazione. Mi riferisco alla raccolta di dati, dalle informazioni politiche alla facilità di fare business e se ci sono delle strutture che supportano le imprese dal punto di vista finanziario. E poi ovviamente è necessario andare in loco, partecipando alle fiere o a qualche missione commerciale, senza pregiudizi e con un atteggiamento di apertura, trasparenza e disponibilità.
(Prossima uscita: 16 dicembre)