Sono ore di attenta lettura e studio a Bruxelles e in tutte le capitali d’Europa. Dopo quasi un anno di attesa e un ritardo di un paio di mesi, ieri Mario Draghi ha presentato il suo rapporto di oltre 400 pagine dal titolo Il futuro della competitività europea, un documento che nelle intenzioni è destinato a guidare il lavoro della presidente della Commissione Ursula von der Leyen e del nuovo collegio dei commissari per i prossimi cinque anni.
L’analisi è stata divisa in due parti: la prima, “Una strategia competitiva per l’Europa”, di una settantina di pagine, e una seconda ben più corposa, “Analisi approfondita e raccomandazioni”, di oltre 300. Durante la conferenza stampa (la registrazione è disponibile qui), Draghi ha chiesto una “nuova strategia industriale per l’Europa”, affermando che l’Unione debba fare di più per contrastare la bassa produttività e la crescita debole. Per l’ex presidente del Consiglio italiano si tratta di una “sfida esistenziale”, per non perdere ulteriore terreno rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, da affrontare con urgenza per evitare “una lenta agonia”.
Al centro della relazione dell’ex governatore della Banca centrale europea c’è la richiesta di un massiccio investimento pubblico e privato, come non se ne vedevano in Europa dagli anni Sessanta e Settanta, stimato in circa 800 miliardi di euro in più all’anno.
Le raccomandazioni principali includono l’allentamento delle regole di concorrenza per consentire il consolidamento del mercato in settori come le telecomunicazioni, l’integrazione dei mercati dei capitali centralizzando la supervisione del mercato, un maggiore uso di appalti congiunti nel settore della difesa e una nuova agenda commerciale per aumentare l’indipendenza economica dell’Ue.
In generale, il rapporto Draghi ha suscitato una reazione ampiamente positiva da parte di istituzioni, organizzazioni e gruppi politici. La maggior parte degli interlocutori ha accolto con favore l’analisi dettagliata di Draghi sui problemi che affliggono l’economia europea e le sue proposte ambiziose per rilanciare la competitività. Molti hanno sottolineato l’urgenza di agire secondo quanto indicato nel rapporto, definendolo un “campanello d’allarme” per l’Europa.
Anche BusinessEurope, l’associazione dell’industria europea, ha risposto positivamente, con il presidente Fredrik Persson che ha dichiarato: “Il rapporto avrà senza dubbio un ruolo cruciale nel definire le future strategie e politiche dell’Ue. Una conclusione cruda e allarmante del rapporto è che l’Unione europea è in ritardo rispetto ai suoi concorrenti globali, una realtà che le aziende europee sperimentano quotidianamente. Condividiamo pienamente la richiesta di una discussione franca e urgente sulle misure dirompenti che l’Ue deve adottare per riconquistare il suo vantaggio competitivo.”
Leggendo le prime reazioni a caldo, sono state poche le voci critiche. Tra queste, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, che ha respinto la proposta di Draghi di nuovo debito comune europeo, affermando che non risolverebbe i problemi strutturali, e Christian Schaible dell’European Environment Bureau, che ha espresso cautela sugli obiettivi e sulle soluzioni proposte, sottolineando l’importanza di una transizione verde e sostenibile. L’invito a ridurre gli oneri normativi per le imprese, al fine di stimolare la competitività vacillante del blocco, è stato criticato invece dalla Etuc, la più grande confederazione sindacale europea.
Infine, sono stati sottolineati da diversi interlocutori gli ostacoli soprattutto politici da superare per realizzare le proposte e le raccomandazioni racchiuse nel documento.
Secondo l’analista Simone Tagliapietra, del think tank Bruegel, Draghi nel suo report partirebbe dall’assunto che, per molto tempo, la ricetta del successo europeo si sia basata su tre fattori: alta concorrenza nel mercato interno, commercio aperto e un forte stato sociale. Tuttavia, la crescita europea sarebbe stata comunque più lenta di quella americana e cinese e, con il venir meno di tre condizioni che hanno favorito l’Europa negli ultimi decenni – la dipendenza dalla Russia per l’energia a basso costo, dalla Cina per le esportazioni e dagli Stati Uniti per la difesa – la situazione si sarebbe solo aggravata.
In questo contesto, diventa pertanto fondamentale per il Vecchio Continente riuscire ad aumentare la crescita della produttività per recuperare il terreno perduto, e le raccomandazioni di Draghi andrebbero proprio in questa direzione.
Il rapporto tradotto in italiano è disponibile qui.