
Non potrà che essere l’impennata dei prezzi dell’energia a fare da tema centrale nel corso della seconda tappa della roadmap di ascolto dei territori in preparazione delle Assise di Piccola Industria del prossimo 17 giugno a Bari. Per confrontarsi su questo ed altri argomenti, l’8 aprile a Catania (nella foto in alto) si sono date appuntamento le Pmi siciliane, preoccupate dai molti punti interrogativi generati da questo lungo periodo di incertezze non solo sui mercati.
Malgrado ciò e tenuto conto anche delle problematiche economiche e strutturali, la Sicilia ha comunque diversi punti di forza sui cui puntare. Tra questi il forte dinamismo imprenditoriale under 30, come pure il sistema delle startup innovative che nell’isola è cresciuto del 138% – tra il 2015 e il 2021 – grazie ad una forte presenza giovanile e femminile. In più la Sicilia rappresenta, alle spalle della sola Campania, il secondo motore economico del Mezzogiorno, con un contributo al Pil della macro area pari al 22,5%. Posizione di rilievo potenzialmente messa in pericolo da un trend di sviluppo più lento rispetto a tutte le altre regioni meridionali.

SALVATORE GANGI
“Nonostante le ataviche difficoltà strutturali, la Sicilia rappresenta un importante motore economico del Sud. Se la pandemia ha colpito ma non affondato il nostro sistema produttivo, ciò è avvenuto grazie anche alla forza delle piccole e medie imprese, che sono riuscite a reggere questa pesante onda d’urto – sottolinea Salvo Gangi, presidente del comitato regionale Piccola Industria di Confindustria Sicilia –. Dalla meccatronica alla cantieristica, dai settori microelettronico e farmaceutico a quello agroalimentare. E ancora, energie rinnovabili, turismo, logistica e trasporti. In questi ambiti, molte realtà imprenditoriali siciliane competono con successo in Italia e nel mondo”.
Purtroppo però, al momento, anche le Pmi siciliane devono forzatamente fare i conti con i rincari energetici e quelli delle materie prime. In soli dodici mesi il costo dell’energia elettrica è salito da 60 a 300 euro per megawattora e così le perdite che le aziende del sistema produttivo prevedono nel 2022 a causa di questa tempesta perfetta si aggirano, mediamente, intorno al 5% del fatturato, mentre quelle causate dal caro materie prime si attesteranno al 10%.
Aumento dei prezzi che ha colpito tutto il sistema produttivo ed in particolare le imprese energivore e i settori metalmeccanico, alimentare, ma anche l’hi-tech, il comparto chimico–farmaceutico, gli alberghi e i servizi turistici. Inoltre, nell’ultimo trimestre, le aziende interpellate nell’ambito di un’indagine condotta tra le imprese etnee dal Centro Studi di Confindustria Catania hanno dichiarato di aver avuto in media un aumento del costo della bolletta superiore al 72%.
E al proposito appare emblematico cosa sta accadendo nella provincia di Catania: tra caro bollette (più di 200 milioni di euro) e i rincari delle materie prime (poco meno di 400 milioni di euro), nel 2022, se non verranno poste in atto ulteriori misure per provare a limitare i danni, si potrebbe arrivare anche a perdite quantificabili nel 15% del valore aggiunto prodotto nel territorio. Eventualità che, com’è facile ipotizzare, avrebbe pesanti ricadute pure sui livelli occupazionali.
Problemi che vanno a sommarsi all’incidenza che ha da sempre sui fatturati il fatto di dover fare impresa su un’isola, aspetto non di poco conto. “Se la condizione di insularità costa alla Sicilia, ogni anno, oltre sei miliardi di euro, è evidente che la chiave di volta della crescita risiede nello sviluppo di un’adeguata dotazione infrastrutturale. Ma non solo. Per attrarre investimenti e quindi ricchezza e occupazione, occorrono efficienza e qualità delle amministrazioni pubbliche, semplificazione burocratica, innovazione digitale. Solo con un’alleanza stabile tra chi governa e chi produce sarà possibile innescare il motore di una nuova stagione di crescita e compensare gli squilibri con altri territori”, chiarisce Gangi.
Le indagini Istat più recenti certificano infine come il totale delle aziende manifatturiere siciliane tocchi le 300mila unità. Di queste oltre 270mila sono piccole, mentre tra gli 800mila occupati il 92% lo è nelle Pmi. E se i dati del Def regionale indicavano per l’anno in corso una crescita del Pil della Sicilia valutabile intorno al 5,1%, purtroppo queste stime non paiono essere più attuali a causa delle tensioni provocate sui mercati dal conflitto in Ucraina, dai rincari energetici e dalle crescenti difficoltà di reperimento delle materie prime.