Dimenticare le famose quattro “P”: i concetti-guida di Product, Price, Promotion e Place non bastano più per costruire una strategia marketing efficace. D’obbligo affiancare quattro rilevantissime C: Consumer, Cost, Communication e Convenience. Perché in un percorso di successo, prima ancora di studiare e sviluppare un nuovo prodotto, bisogna analizzare il “chi”. E porsi una domanda apparentemente banale: qual è il target?
La celebre “curva di adozione di Rogers” – modello usato per illustrare il modo in cui l’innovazione viene adottata dai differenti individui in un sistema sociale, conosciuta anche come curva di Geoffrey Moore – offre un’interessante modalità per dividere e individuare i consumatori, focalizzando il tempo e il modo con cui arrivano al nostro prodotto: la sua applicazione consente l’identificazione di segmenti “di nicchia” strategici. E accende un faro su un gruppo dal grande potenziale e valore aggiunto: quello degli “innovatori e adattatori precoci”, i cosiddetti Early Adopters. Un target da tenere d’occhio, sempre, quando si lancia sul mercato un nuovo prodotto o servizio.
Chi sono questi “clienti speciali” e perché investire su di loro? Perché sono quelli che credono in noi e sperimentano. Persone che per prime recepiscono le novità e sono pronte a testarle in anticipo rispetto agli altri. Un esempio dal mondo tecnologico: l’adattatore precoce è chi si mette in fila all’alba (o di notte!) davanti all’Apple Store il giorno in cui viene messo sul mercato un nuovo Iphone. I numeri delle vendite medie dei nuovi Iphone al momento del lancio parlano chiaro: dieci milioni di pezzi nei primi tre giorni. Tutto merito degli Early Adopters.
Dopo di loro, altre tipologie di user si avvicinano – in modo più cauto, ma in termini numerici significativo – ai brand: la cosiddetta “maggioranza precoce” è la massa del nostro target, rappresentata da chi sceglie di comprare dopo aver visto “l’innovazione testata da altri”, ovvero amici, parenti, conoscenti e volti noti/testimonial. Seguiti a ruota dalla “maggioranza tardiva”: un cluster la cui fiducia e affezione è dura da conquistare perché diffidente verso un cambiamento di qualcosa che già soddisfa e perché hanno bisogno di solide e conferme sui benefici del nuovo prodotto/servizio. In coda – per definizione – i “ritardatari”: quelli che, semplicemente, arrivano dopo. Acquistano Iphone 4 quando in commercio c’è il 6, un capo di moda di tendenza quando è finita la stagione.
Le ragioni per tenere d’occhio il segmento degli Early Adopters sono evidenti e le mostra bene la curva di Rogers: quando gli adattatori precoci hanno una posizione influente verso amici e parenti – cosa frequente, essendo persone generalmente aperte, spesso carismatiche – impiegano davvero poco a far correre il nostro prodotto lungo la curva. Sono “amplificatori di valore” in carne e ossa, capaci di innescare meccanismi virali. E non è un caso se nel linguaggio dei marketers vengono definiti anche “starnutori”. Il guru Seath Godin nel suo bestseller La mucca viola li descrive come i “diffusori di virus”.
Il concetto base usato da Godin per La Mucca Viola merita uno spazio e una riflessione. “Nella situazione attuale il marketing di massa non funziona più – scrive l’autore – abbiamo creato un mondo nel quale i prodotti risultano per la maggior parte invisibili”. Ecco perché “serve” una Mucca Viola. “Non è una questione di essere stravaganti sfacciati o originali – precisa Godin – ma di risultare irresistibile a un piccolo gruppo di diffusori di virus facilmente raggiungibili”. Starnutori, appunto. Early Adopters.
Facile coinvolgerli? Per niente. Ingaggiare il segmento significa definirne i tratti caratteriali, le abitudini, la loro posizione nella società e il trust (relazione di fiducia con il brand) che li caratterizza. Una volta fatto, però, il cluster diventa oro. Prezioso per operazioni-chiave, come l’ascolto strutturato dei consumatori finali su come innovare o migliorare un bene o un servizio. Un filone da non trascurare.
Ascoltare la voce del cliente conviene sempre: non solo quando si lamenta o fa un ordine, ma anche quando vuole suggerire o proporre qualcosa. Spesso forniscono infatti idee utili, da prospettive non considerate. Inoltre, mai criticare i lead users (utilizzatori principali) se usano il prodotto/servizio in modo diverso da quello da noi progettato: la loro interpretazione “stravagante” può aprire una strada per approdare su nuovi mercati. E si può fare di più: mettere in contatto i lead users con i progettisti interni. Farli parlare tra di loro, creare occasioni di networking. I contributi che emergeranno saranno preziosi. Giammai essere supponenti (“cosa vuoi che mi possano dire i clienti che io già non so”): l’umiltà è la chiave di molti successi.
In coda alle golden rules, ma non per importanza: supportare e incoraggiare la comunicazione sull’innovazione al prodotto; aprire una casella postale, una parte del sito, espressamente dedicata ad accogliere i suggerimenti da parte di clienti e consumatori; su mille proposte strampalate, magari ce n’è una valida. E solo quella, applicata, può consentire vendite e crescita inaspettate.
Quanto conta l’ascolto attivo del target, l’esperienza di Confindustria
L’organizzazione ha sviluppato negli ultimi anni un approccio sempre più orientato all’associato
Survey per testare il livello di soddisfazione dei soci, interviste one to one per mettere a fuoco possibili criticità o servizi/approcci più apprezzati, incontri periodici e call per un confronto a tutto campo sul valore percepito di quanto l’organizzazione può offrire. Sono solo alcuni esempi delle azioni messe in campo, con frequenza e solidità crescente, dalle associazioni di Confindustria per fotografare il gradimento di quanto le aziende associate ricevono (e colgono) dal Sistema in termini di accompagnamento e supporto. Azioni essenziali per un’attività di customer care strutturata e sostenibile nel tempo.
L’organizzazione ha sviluppato negli ultimi anni un approccio sempre più “orientato all’associato”: l’impresa è infatti al centro in ogni scelta e attorno al target ruotano l’offerta, il network, le modalità con cui si imposta l’interlocuzione. Un modello possibile grazie al cosiddetto “marketing orizzontale”, secondo il quale ogni risorsa diventa punto di contatto strategico con l’azienda.
La formazione dedicata ai marketer del Sistema – Altascuola MarkeTHINK! – punta proprio qui: far percepire il marketing come obiettivo di tutta la struttura, indipendentemente dai ruoli. Alle sessioni partecipano responsabili marketing e profili tecnici della struttura, ma anche numerosi direttori. Una squadra solida e coesa, pronta al miglior dialogo (e all’ascolto attivo dei bisogni) delle aziende associate.
(Servizio pubblicato sul numero di maggio dell’Imprenditore)