
“È una bella storia quella della Thermokey, un viaggio a cui mio padre ed io abbiamo iniziato ad interessarci nel 2013. Non era un buon periodo per l’azienda, entrata in una fase di forte stallo economico, e ci chiesero di dare una mano per salvarla. Così salimmo a bordo al volo assieme ad altri due investitori riuscendo, dal 2014 allo scorso anno, a generare un tasso di crescita effettivo del 6,4%”. Numeri che, come spiega il direttore generale Giuseppe Visentini, hanno permesso all’azienda di base a Rivarotta di Teor, in provincia di Udine – 33,5 milioni di euro di fatturato nel 2020 e 180 dipendenti – di uscire progressivamente dalla crisi e ritagliarsi un posto di rilievo tra i produttori di scambiatori di calore. Un partner di consolidata affidabilità in grado di affiancare i costruttori di macchine frigorifere anche in ambiti internazionali.
“I nostri tre macro mercati di riferimento sono quelli del condizionamento industriale, centri commerciali, teatri, della refrigerazione, celle molto grandi capaci, tra l’altro, di tenere sotto controllo il calore prodotto dai data center, e per finire del process cooling, il raffreddamento di processo – conferma Visentini –. Tutto prodotto al 100% nel Friuli Venezia Giulia: noi compriamo le materie prime e le lavoriamo internamente”.
Aspetto non di poco conto che ha permesso all’impresa di Rivarotta di tenere botta in un periodo di frontiere bloccate e materiali mancanti a causa della pandemia. “Investendo anche in formazione e ricerca, con la costante elaborazione di soluzioni green che hanno portato allo sviluppo di tre brevetti, abbiamo potuto reagire con prontezza agli effetti del Covid-19. L’azienda, nel periodo più duro, ha chiuso per soli quattro giorni. Per fortuna avevamo gli spazi, 32mila metri quadri, per evitare assembramenti continuando a lavorare, e pure questo ha concorso a farci crescere di due punti percentuali durante un 2020 per molti altri assolutamente da dimenticare”.
Scelte commerciali e non che ultimamente hanno consentito alla Thermokey di allargare ancor più il perimetro operativo, per portare, ad esempio, i propri macchinari in Inghilterra a raffreddare grossi data center, mentre in Olanda hanno recuperato calore da fornire alle serre floreali. Il know how della Pmi friulana ha poi contribuito a raffreddare un impianto farmaceutico in Russia, aiutato a congelare salmoni nella più importante struttura del Cile, fino a garantire il condizionamento climatico nella sede neozelandese dell’America’s Cup di vela.

IMPIANTO DI RAFFREDDAMENTO PER PROCESSO PRODUTTIVO ALIMENTARE IN RUSSIA
“Il mercato della refrigerazione è partito come un razzo all’inizio dell’anno in corso. Rispetto al quanto fatto nei primi quattro mesi del 2020, il fatturato di Thermokey ha registrato un balzo in avanti del 21%, mentre, nello stesso periodo, la nostra acquisizione ordini ha toccato un significativo più 50%”, sottolinea l’ingegner Visentini. Il tutto nonostante sia in atto una corsa globale per accaparrarsi materie prime, vista la loro scarsità. Una fase commerciale, perciò, parecchio difficile da gestire anche per i vertici della Pmi friulana, costretta a fare tre aumenti di listino nell’ultimo periodo. “Per far capire quale sia il momento in cui ci troviamo ad operare posso dire che il prezzo dell’acciaio inox, prodotto per una buona metà in Cina, è praticamente raddoppiato. C’è addirittura una lotta sfrenata per mettere le mani sui rottami: un delirio a cui cerchiamo ogni giorno di dare risposte il più possibile adeguate”.
Ogni singola macchina alla Thermokey è costruita su commessa ed è diversa dalle altre. Per personalizzare al massimo l’offerta, i tecnici hanno infatti a disposizione un software che permette loro di offrire al cliente ben 15 milioni di configurazioni possibili. “Un’altra cosa che ci differenzia dalla maggior parte dei nostri competitor nazionali e internazionali è il produrre gli scambiatori di calore in alluminio riciclabile – spiega Visentini –. Scelta in ottica green che nel nostro settore si concretizza nel ridurre in maniera drastica, almeno in Europa, i refrigeranti ad alto impatto sull’ecosistema. Riusciamo a proporre una soluzione che utilizza dal 60 al 70% in meno di refrigeranti, concentrandoci anche su quelli che invece non generano un effetto serra come, per esempio, ammoniaca e propano”.
Tra gli obiettivi di Thermokey, infine, c’è quello di riuscire a toccare i 50 milioni di euro di fatturato entro il 2024, traguardo che cercherà di raggiungere continuando ad investire anche per allargare ulteriormente il proprio organico nella sede storica di Rivarotta di Teor.

DRY COOLERS PER IL RAFFREDDAMENTO DI UN IMPIANTO DI PRODUZIONE DI ENERGIA IN ELVERLINGSEN, GERMANIA