Si chiamano resilienti le imprese che sono state capaci di riorganizzarsi e ricostruire la propria identità aziendale; a Rieti sono quelle che, nonostante il sisma del 2016, continuano ad operare e creare ricchezza nel territorio. Oggi affermano con forza che la loro ripartenza comincia dalle nuove generazioni, ad iniziare dagli studenti degli istituti superiori di Rieti e provincia a cui hanno spiegato modi, tempi e strategie per rialzare la testa e tornare a crescere, in occasione della Giornata nazionale Industriamoci dedicata alle piccole e medie imprese. Un’altra faccia dell’Italia che merita di essere raccontata, a partire da tre aziende del settore agroalimentare del Reatino, incorniciate tra i paesaggi mozzafiato dei Monti della Laga, in quell’Amatriciano quasi azzerato dal terremoto.
La storia è quella del Birrificio Alta Quota di Cittareale, dove il sisma ha risparmiato solo una bottiglia delle migliaia pronte ad essere immesse sul mercato. Una sola che ha resistito alle scosse, scelta come simbolo della resilienza. “La crisi vera è quella che sta arrivando – spiegano i titolari Claudio e Emanuela Lorenzini – l’attenzione su di noi sta calando anche perché la solidarietà si sposta e si divide, come è giusto che sia.
L’azienda l’abbiamo creata da soli, adesso dobbiamo fare tanti più chilometri e cambiare gli orizzonti”. Non solo per restare a galla ma per continuare a crescere, come hanno spiegato agli studenti in visita al birrificio. Quindici nuove referenze, 900 ettolitri di birra l’anno prodotti con metodo artigianale, materie prime di qualità e ingredienti del territorio, tra cui grano, farro e quell’acqua purissima di sorgente che fa miracoli.
Simile è la storia del Salumificio Sano di Accumoli che ha scelto di aderire al Pmi Day per approfondire davanti agli studenti processi strategici e organizzativi che spiegano le ripartenze, facendole narrare attraverso la voce dei protagonisti.
“Ai giovani ho raccontato quanto siamo attaccati alla nostra creatura – dice l’imprenditore Gianfranco Castelli – perché qui c’è tutta la nostra storia e ci sono le tante famiglie legate a questa azienda. Lavoriamo in condizioni alle quali non siamo abituati, ma non possiamo abbandonare ciò che abbiamo creato”. E quando i ragazzi hanno chiesto i tre sostantivi che fanno guardare meglio al futuro questa è stata la risposta. “Robustezza per assorbire i pesanti effetti degli shock senza scomparire dal mercato, intraprendenza per non desistere di fronte alle difficoltà, rapidità nel prendere decisioni per correre ai ripari ed evitare il peggio”.
Infine c’è la storia del Caseificio Amatrice, una realtà di famiglia che dura da cinquant’anni. Oggi a capo ci sono Simone e Alessandro Petrucci, i giovani imprenditori che hanno aperto le porte del loro stabilimento alle scuole. “Ma come si può andare avanti così?” È la prima domanda degli studenti di fronte all’azienda ancora circondata dalle impalcature. “Come fanno sempre gli imprenditori – hanno risposto i titolari – con la forza di trarre positività anche dal peggio e con i dipendenti che ce l’hanno messa tutta, proprio come si fa in una famiglia. Non ci siamo mai fermati neanche con l’azienda smembrata dal sisma e negli ultimi tre anni siamo addirittura cresciuti”. Al Caseificio Amatrice i numeri parlano chiaro. Trecento quintali di latte di montagna al giorno in più e sessanta prodotti diversi destinati all’Italia e all’estero.
“Perché certe imprese continuano imperterrite a macinare risultati positivi mentre intorno tutto crolla?”, ha chiesto Andrea, al quarto anno di scuola superiore. Perché, come dimostra la storia di queste tre aziende, essere resilienti si può.
Le aziende reatine hanno aperto le porte dei loro stabilimenti agli studenti perché il futuro delle nuove generazioni passa anche dall'esempio e dalla forza degli imprenditori legati al loro territorio