L’entusiasmo è lo stesso del primo giorno, la fiducia totale e immutata. Diego Caron racconta la sua adesione alla filosofia Lean con la soddisfazione di chi ha visto la propria azienda crescere e migliorare senza eccessivi investimenti, ma soltanto grazie alla tenacia di chi punta alla perfezione e non si accontenta della semplice soddisfazione. Presidente di Caron A&D, azienda metalmeccanica del vicentino specializzata nella produzione di tubi sagomati e flessibili, raccordi e kit completi per l’oleodinamica, Diego Caron, 47 anni, spiega come da circa otto abbia intrapreso un cammino all’insgna del “kaizen”, ovvero il miglioramento continuo a piccoli passi, che costituisce uno dei principi cardine del Lean Thinking. “Una vera e propria filosofia – puntualizza – da non confondere, come molti invece fanno, con il concetto di controllo della qualità”.
Il Lean Thinking è derivazione del Toyota Production System. Come vi è entrato in contatto?
È avvenuto in modo casuale. Nel 2006 partecipai con la sezione meccanica di Confindustria Vicenza a una sorta di tour presso aziende eccellenti del nostro territorio. In quella occasione rimasi colpito, in particolare, dalla Pietro Fiorentini, che produce componenti per il trattamento del gas naturale, e dalla Lowara, specializzata in sistemi di pompaggio.
Molto floride tutte e due, applicavano entrambe i principi della Lean Production. La cosa mi incuriosì parecchio e così cominciai a mettere in discussione l’intera organizzazione della mia azienda per capire come migliorarla.
Da un certo punto di vista la filosofia Lean non propone nulla di innovativo in sé e per sé, ma significa semplicemente fare quello che mi ha insegnato mio nonno con un approccio più organizzato; e quindi concentrarsi sulle persone e sul loro modo di lavorare, piuttosto che sulle macchine. Una buona macchina, infatti, la può avere chiunque, una buona testa no.
Quali risultati ha ottenuto?
Prima di tutto si lavora secondo una logica di miglioramento continuo, potremmo dire un incessante “stop and re-start”, nel quale occorre costanza e saper superare l’inevitabile fase di dubbio che arriva dopo i primi anni. Mai tornare indietro, però.
Personalmente posso dire che nel 2013 abbiamo pienamente recuperato la batosta del 2009, che si era portata via il 65% del fatturato, e abbiamo ottenuto questo risultato non perché il mercato sia tornato ai vecchi volumi, ma perché siamo stati capaci di offrire più servizi grazie a una riorganizzazione totale basata sui principi Lean.
Tutto questo parte da un’analisi accurata di ciò che costituisce valore per il cliente e dalla conseguente eliminazione del superfluo (“muda”), tenendo presente che mentre un miglioramento apportato all’interno di un processo produttivo rende fino al 30-40% in più, all’interno di un processo organizzativo rende addirittura fino al 300-400%. Un esempio? Preparare una bolla di consegna senza avere inserito il prezzo nella fase di caricamento dell’ordine obbliga a rilavorare successivamente la pratica. Questa azione ha un costo che il cliente non è disposto a pagare e dunque va modificata.
Grazie alla sua esperienza è diventato uno dei migliori testimonial italiani della filosofia Lean, un vero e proprio ”evangelizzatore“. Che valore riveste la formazione imprenditoriale e manageriale?
Un grande valore. Io stesso ho cominciato guardando chi era più bravo di me. Ma come per qualsiasi cosa, occorre la disponibilità a lasciarsi contaminare.
Chi solleva dubbi adducendo come motivazioni la differenza di settore o di dimensioni, probabilmente non vuole mettersi in discussione. E questo è uno dei principali ostacoli all’introduzione di un sistema Lean. In questo processo, infatti, tutta l’azienda viene coinvolta – proprietà, management, produzione – e se la decisione è top-down, l’attuazione deve essere per forza bottom–up.
Da noi, una volta fatta la scelta, nel giro di pochi anni abbiamo creato il Caron Production System (2008) e il Caron Management System (2011). Ma non è stato un processo indolore.
A quale più grande difficoltà gli imprenditori si devono preparare?
La resistenza delle persone al cambiamento. Ho dovuto rinunciare anche a profili molto > qualificati, che però non erano disponibili a rivedere i propri metodi di lavoro. Io credo che il benessere, dopo un po’, diventi diseducativo. Se tutto funziona, infatti, perché cambiare?
La crisi, invece, porta a prendere decisioni diverse, spesso migliori.
Oggi, quindi, sulla base di quali criteri seleziona i suoi collaboratori?
Se prima richiedevo di saper usare macchinari specifici, oggi cerco di intuire se la persona sa lavorare in gruppo. Chi pratica sport di squadra o suona in un’orchestra potrebbe, ad esempio, avere più chance. La formazione per le mansioni specifiche avverrà poi in azienda.
Ci sono quindi ricadute positive anche sul piano delle risorse umane?
Certamente. In primo luogo si è molto attenti alla job rotation – per intenderci nessuno svolge la medesima mansione da mattina a sera – e la persona matura competenze trasversali. E poi si lavora in modo più indipendente e responsabile: se produco una bolla preparo anche la fattura, se progetto un pezzo acquisto anche il materiale.
Quale esempio racconta quando parla della sua esperienza personale?
Ad esempio, il fatto che grazie al suggerimento di un altro imprenditore che già applicava il Lean Thinking – Mario Nardi della Pietro Fiorentini citata all’inizio – ho evitato di costruire un capannone nuovo di cui pensavo di avere bisogno. E in quello che ho tuttora, ho anche recuperato spazio. Oppure, il fatto che la riorganizzazione della disposizione dei macchinari ha permesso al mio direttore di produzione di risparmiare 8,7 chilometri di camminate giornaliere, ottenendo un recupero di efficienza del 40%. La cosa bella, inoltre, è che a poco a poco questa filosofia si va diffondendo tra le imprese del nostro territorio. Io stesso da ottobre scorso sono tutor di una piccola azienda della provincia di Pordenone che produce schede elettroniche, la Atex del gruppo Venetronic, la quale sta avendo un riscontro positivo dai propri clienti.
Quali sono i suoi prossimi obiettivi?
Stiamo studiando come esportare vere e proprie celle di produzione in sede dal cliente, realizzando presso di lui la fase dell’assemblaggio. Per noi la customer satisfaction è il primo valore.
Di cosa è più orgoglioso?
Vendiamo i nostri tubi in Giappone, la patria del Lean Thinking. I giapponesi ammirano gli italiani, tantissimo. Sa qual è il problema? Che mentre di sé stessi dicono che “fanno macchine eccellenti con processi eccellenti ma con persone normali“, di noi italiani dicono che “facciamo macchine normali con processi normali ma con persone eccellenti”. Se fossimo capaci di cambiare, non avremmo rivali nel mondo.