Questa definizione venne posta per la prima volta all’attenzione pubblica nel 1987 nel rapporto “Our Common Future”, un documento stilato dal World Commission on Enviroment and Development (Wced) istituita dalle Nazioni Unite.
Negli anni il concetto è stato approfondito e rilanciato da diversi organizzazioni internazionali. Nel 2000 l’Europa ne ha fatto un obiettivo di lungo periodo con la “Strategia di Lisbona”, che auspicava il raggiungimento entro il 2010 di un modello capace di “realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.
Non è questa la sede per discutere quanto di quell’ambizioso programma sia stato portato a termine e quanto è stato riproposto a marzo con l’agenda di “Europa 2020”.
La domanda è un’altra. Cosa c’entra in tutto questo la Responsabilità sociale d’impresa? Potremmo rispondere con una metafora dicendo che se lo sviluppo sostenibile rappresenta la casa da costruire, la responsabilità sociale d’impresa ne costituisce un pilastro fondamentale.
Noi siamo imprenditori, l’impresa è il nostro progetto di vita. In virtù di quanto detto, “fare bene impresa” oggi significa andare oltre il realizzare bene un prodotto od offrire un buon servizio. Vuol dire essere consapevoli del ruolo sociale che l’impresa stessa riveste nel contesto in cui è inserita.
Tanti comportamenti dimostrano una simile maturità: c’è chi seleziona i fornitori tra quelli che hanno fatto una scelta “verde”, c’è chi migliora la sicurezza dei processi produttivi, c’è chi crea un nido aziendale o un servizio mensa e chi si impegna per la formazione continua dei propri collaboratori. Ne viene fuori un’impresa forte, compatta, dove imprenditori e collaboratori lavorano fianco a fianco per un progetto comune, un’impresa che fuori dal capannone gode di un’ottima reputazione.
Non sembri, quest’ultima, una cosa da poco. Chi ha cominciato a fare impresa prima del grande sviluppo dell’Ict, quando la stima si conquistava soprattutto grazie al passaparola dei colleghi, sa che godere della fiducia dei propri partner è essenziale.
Come ricorda Giacomo Becattini, economista esperto di politiche di sviluppo locale, quando parla di quell’impresa che nasce come “progetto di vita”, l’imprenditore “non investe solo i risparmi che riesce a racimolare nella famiglia o dagli amici, ma investe soprattutto la reputazione di competenza tecnica, di impegno sul lavoro e di correttezza nei rapporti con gli altri che si è costruito nella comunità e che costituisce assai spesso il nucleo più importante del suo capitale”. La conquista della fiducia, dunque, era e resta un impegno quotidiano perché richiede azioni tangibili e si costruisce nel tempo.
In tale ottica come Piccola Industria abbiamo un traguardo: ottenere la piena legittimazione sociale dell’impresa. Pertanto lavoriamo affinché gli imprenditori siano i primi a comprenderne l’importanza per comunicarla con efficacia, come in occasione della Giornata Nazionale della Piccola Impresa del 20 novembre, momento nel quale apriremo con questo intento le nostre imprese all’esterno. Il primo passo è compiere un’auto-diagnosi, evidenziando i comportamenti virtuosi che molte piccole aziende spesso mettono in pratica senza rendersene conto.
Per favorirla abbiamo adottato il vademecum “Indicatori di sostenibilità per le Pmi”, un “conosci te stesso” in versione aziendale che per essere efficace dovrà essere riconosciuto anche da soggetti terzi, quali ad esempio le banche. Nel calo generale dei fatturati la crisi economica rischia, infatti, di azzerare le differenze tra le imprese, ma chi ha innovato e ha creduto nei propri collaboratori è giusto che ottenga una valutazione differente.
Consapevoli della necessità di un nuovo dialogo tra banche e imprese Piccola Industria e Abi lavorano alla definizione di una matrice fabbisogni/informazioni che, per ogni tipo di impresa e in base al fabbisogno finanziario da essa richiesto, individui i dati da conoscere. Agli istituti di credito chiediamo quindi di non fermarsi ai numeri di bilancio ma di “entrare” in azienda e di capirne i progetti; alle imprese chiediamo di favorire questo dialogo impegnandosi nel dare le informazioni che saranno necessarie.
Premiare le imprese socialmente responsabili avrà, infine, un altro effetto. Marcando la differenza con chi non lo è, innalzerà implicitamente l’asticella della concorrenza. Alla luce della sempre più agguerrita competizione internazionale, per Piccola Industria è un traguardo strategico che valorizzerà molte delle caratteristiche innate del nostro sistema manifatturiero.