“Tutto è partito sulle colline pescaresi, dalla passione di mio bisnonno per il vino. Era il 1897 e da quel momento in poi la mia famiglia ha continuato a cercare di tirar fuori prodotti di qualità dall’uva, rinunciando cioè a fare quel passo verso le quantità che non è mai rientrato nel nostro modo di vedere le cose”. Un approccio, come fa capire Stefania Bosco (nella foto), presidente delle Storiche Cantine Bosco, che ha sempre guidato le scelte di una famiglia legata profondamente al territorio in cui opera, quel Nocciano (in provincia di Pescara) in cui il papà di Stefania, Giovanni, una cinquantina d’anni fa ha infine deciso di spostare definitivamente il quartier generale dell’azienda abruzzese.
La Storiche Cantine Bosco – 1,6 milioni di euro di fatturato nel 2020 a fronte di otto dipendenti – può contare su una struttura industriale molto importante che le permette di essere, per grandezza, la numero uno d’Abruzzo. “Aspetto che ci gratifica ma poi, per fare vini in grado di lasciare il segno, serve anche altro. Per questo motivo abbiamo deciso di restare fedeli alla tradizione nella cura dell’uva usando tecniche ancora redditizie, senza però trascurare gli aiuti che possono venire dalle nuove tecnologie. Dall’uso dei mosti raffreddati alle pigiature in assenza di ossigeno, come pure il controllo della temperatura, il suo mantenimento costante a 16 gradi e su tre livelli. Serve insomma la massima attenzione, l’amore profondo per tutto ciò che facciamo”, spiega Bosco.
Impegno che, per esempio, si traduce nel tentativo di far capire al pubblico che non tutti i Montepulciano d’Abruzzo sono uguali. Una sfida giornaliera per i Bosco. “Oggi siamo aiutati da social e altri canali web che ci consentono di mettere in campo una comunicazione più mirata su questo aspetto del nostro lavoro. Rispetto al passato il cliente, ma anche l’addetto ai lavori straniero, si informa prima sulla qualità del vino che va ad acquistare. Il Montepulciano, nell’immaginario collettivo, è spesso considerato come prodotto di fascia bassa, bollato in questo modo più per il prezzo contenuto che per il suo valore reale. E se si pensa che invece è il terzo, quarto vino italiano più esportato nel mondo questo tipo di valutazioni dovrebbero essere riviste”.
Borderline tra industria e medio produttore, la Storiche Cantine Bosco cerca costantemente di porsi sul mercato facendo capire di essere un’impresa artigianale che però, sottolinea andando per un attimo indietro nel tempo Stefania Bosco, non può più permettersi di pigiare l’uva nei tini con i piedi. “Da noi la tecnologia supporta il lavoro di chi si occupa di dare vita ad un prodotto di profilo enologico superiore alla media – conferma la presidente Bosco -. Il calore determinato dalle alte temperature, la luce e l’aria debbono essere assolutamente tenute lontane dai processi produttivi”.
Oltre cinquant’anni fa, Giovanni Bosco, seguendo la linea tracciata dal padre Nestore, riuscì a far arrivare il suo Montepulciano d’Abruzzo negli Stati Uniti. “Mio padre, nel 1968, è stato il primo a comprendere il potenziale del mercato americano. Una piazza tutt’ora di riferimento visto che, attraverso il lavoro di diversi importatori, siamo in grado di coprire il 90% degli stati degli Usa. Siamo presenti poi in Canada, mentre in Europa ci muoviamo un po’ a macchia di leopardo: bene in Svizzera e Belgio, più difficoltà invece in Germania e Gran Bretagna dove il nostro Montepulciano ha minore mercato rispetto alla concorrenza a causa del suo più alto prezzo di vendita”, sottolinea Stefania Bosco.
Ostacoli commerciali che non hanno però rallentato la voglia dei vertici della cantina abruzzese di continuare a sperimentare. In particolare, dando sempre maggiore forma ad una linea, al passo con i tempi, dedicata all’universo femminile, ma anche decidendo di fare parte di una società di aziende vinicole che ha come obiettivo principale la promozione del vino italiano all’estero. “Alla fine dello scorso anno abbiamo fatto un passo importante con l’entrata nel progetto Prosit, animato da un pool di cantine desiderose di dare ulteriore visibilità ad ogni nostra regione – chiarisce Bosco –. Al momento c’è un gruppo composto da manager, brand ambassador e un direttore amministrativo, provenienti dal mondo vinicolo, che si occupano di promuovere i nostri marchi soprattutto oltre confine. Scelta innovativa, secondo le stime in grado di farci raddoppiare la produzione nell’arco di cinque anni. Un processo in ogni caso da portare a compimento un passo alla volta, senza accelerazioni troppo azzardate”.