Nata nella darsena del porto di Genova poco meno di cento anni fa, Veleria San Giorgio – 5,8 milioni di euro di fatturato nel 2022 a fronte di 21 dipendenti – è riuscita a rivisitare con successo il proprio ruolo nel mondo della nautica italiano ed estero attraverso scelte in grado di mantenere popolare ed apprezzato il brand fino ai giorni nostri. Un viaggio per molti versi affascinante, vissuto fornendo prodotti sostanzialmente ad ogni tipo di imbarcazione, fino a specializzarsi nella progettazione, creazione e commercializzazione di quei giubbotti di salvataggio che da mezzo secolo costituiscono il core business della Pmi ligure.
“Partiti tanto tempo fa come veleria, siamo poi arrivati da tutt’altra parte – spiega con un sorriso Anton Francesco Albertoni (nella foto in alto), amministratore delegato di Veleria San Giorgio –. Di giubbotti ne produciamo ormai 200mila l’anno e siamo specialisti in un settore di nicchia in cui, in tutto il mondo, non operano più di una trentina di aziende, dieci delle quali in Europa. Ci siamo nel tempo ritagliati il nostro spazio garantendo livelli qualitativi d’eccellenza nelle due grandi branche commerciali da cui vengono gli ordini che evadiamo nel quartier generale di Casarza Ligure, in provincia di Genova. La prima è legata al settore lavoro, quello croceristico e dei rimorchiatori che operano nei porti, mentre le altre commesse vengono dal mondo del leisure sportivo, del diportismo per passione”.
La più grande differenza tra i due campi in cui si muove con profitto Veleria San Giorgio sta nel fatto che, per esempio, mentre sulle navi da crociera la presenza a bordo del giubbotto di salvataggio è obbligatoria, in parecchi paesi del mondo invece, per chi vuole semplicemente uscire in barca, questo dispositivo individuale di sicurezza è solo consigliato. “È proprio così e, se devo dirla tutta, sarebbe importante riuscire ad educare i proprietari di barca a non prendere rischi magari quando si esce da soli con previsioni non belle. Non dico di indossarlo se si va a fare il bagno a largo in una giornata di sole pieno, ma, quando abbiamo qualche dubbio sul meteo, mettersi addosso il giubbotto non deve essere visto come una sorta di disonore. Una cultura del mare che resta francamente ancora complicata da divulgare al diportista medio”.
Arrivato a toccare il 60% del fatturato complessivo, l’export per Veleria San Giorgio è il passepartout per farsi conoscere, se possibile, in maniera ancora più capillare dalla potenziale clientela che abitualmente frequenta i mari dei cinque continenti. “Ci proponiamo sostanzialmente a tutti quelli che hanno una barca e tengono alla sicurezza – sottolinea Albertoni –. Siamo fornitori esclusivi di Carnival Corporation, il più grande gruppo crocieristico mondiale qui in Italia rappresentato da Costa Crociere e forniamo i diportisti di tutte le zone internazionali in cui l’andare in barca è praticato abitualmente, in particolare Stati Uniti, Europa, con la Norvegia che continua a confermarsi mercato importante per i nostri prodotti”.
Contribuendo a scrivere prima con le vele e successivamente con i giubbotti di salvataggio la storia della nautica italiana – ma solo nel momento in cui nuove normative diedero ai vertici aziendali le certezze necessarie per avviare il cambio di produzione –, Veleria San Giorgio è stata capace di rimodulare in maniera ottimale il proprio impegno industriale. “Uno dei segreti è stato ed è quello di riuscire ad interpretare in anticipo i messaggi che manda il mercato quando sta per chiedere qualcosa di nuovo – chiarisce l’ad della Pmi ligure –. Anche perché nonostante il nostro prodotto sia conosciuto nel mondo per il design, deve comunque mantenere determinate caratteristiche tecniche e queste devono essere le più aggiornate possibili. Testiamo perciò materie prime provenienti anche da altri settori come i tessuti, che non sono mai stati studiati e prodotti specificatamente per il mondo della nautica. Trattiamo, per esempio, componenti antitaglio, materiali come le lane di roccia e di vetro per poter garantire che, pure in situazioni estreme, il giubbotto, per dirla con parole semplici, non si buchi. Il tutto per poter presentare ai clienti il prodotto al top di gamma che siamo soliti offrire”.
Oltre a concentrare l’attenzione, assieme ad alcuni partner, sul provare ad incentivare l’uso del giubbotto di salvataggio da parte degli appassionati del mare, Veleria San Giorgio si propone a breve di arrivare a portare a termine interessanti progetti tecnologici su cui sta lavorando da qualche tempo. “I principali binari di ricerca riguardano la resistenza all’ipotermia, una delle maggiori cause di decesso in acqua, e quello sugli innovativi sistemi di attivazione dei giubbotti di salvataggio gonfiabili. Ci prefiggiamo insomma di mettere sul mercato un prodotto che abbia tempi di attivazione minori e sia in grado così di aumentare ulteriormente il livello di sicurezza in caso di pericolo”, conferma Anton Francesco Albertoni.