
“L’Italia non ha grandi gruppi industriali ma storicamente ha migliaia di imprese che lavorano insieme, le filiere sono le nostre ‘multinazionali’ diffuse sul territorio. Se un anello crolla viene giù la filiera e per questo motivo per il Forum abbiamo scelto il titolo Crescere insieme, perché ciascuna impresa è fondamentale all’altra. La piccola è di sussidio alla grande e la grande trasmette saperi e competenze alla piccola. È un modello dove uno più uno non fa due, ma molto di più”.

PANORAMICA DI ALBA
Carlo Robiglio riafferma la centralità dei territori e delle loro specializzazioni produttive quale tratto distintivo dell’Italia e lo sceglie come tema portante del principale evento del 2021 di Piccola Industria. Un appuntamento che torna finalmente in presenza, dopo un anno e mezzo di limitazioni dovute alla pandemia, e che ad Alba, in provincia di Cuneo, chiama a raccolta le Pmi associate al Sistema.
L’analisi che il presidente Robiglio vuole offrire delle filiere è sicuramente una lettura dinamica. Parliamo di sistemi che già con la pandemia e le mutate condizioni di lavoro dei propri dipendenti e collaboratori hanno visto accelerare la transizione digitale; parliamo di sistemi che sempre più dovranno fare i conti con la transizione energetica, alla quale l’Europa ci chiama in funzione della lotta al cambiamento climatico e della salvaguardia del pianeta.
Ma questo orizzonte non deve intimidire le Pmi e soprattutto non deve frenare la spinta all’innovazione e al cambiamento. Nei quattro anni in cui ha guidato la Piccola Industria, del resto, Robiglio lo ha sempre ribadito: “Cambiare testa e pelle” è l’invito che ha rivolto sia ai colleghi imprenditori, sia all’esterno ribadendo in entrambi i casi il valore fondamentale della formazione. Per lui è la persona a rappresentare il vero driver di crescita. Ne deriva che la formazione, quale attività che amplia la conoscenza e le competenze, è lo strumento principe per garantire occupabilità all’individuo e sviluppo all’impresa.
Errato, dunque, alimentare nei giovani “false speranze di ‘posti fissi’ che non cambieranno mai – spiega Robiglio –. Il mercato del lavoro è liquido e la società è in mutamento sicché la formazione non si concentra più, come un tempo, solo nella fase iniziale della vita e non coincide con il titolo di studio”. Tema, questo, più volte ribadito nel dialogo con i sindacati in materia di politiche attive per il lavoro e affrontato nel corso della presidenza sotto molteplici aspetti. Guardando alle nuove generazioni, infatti, Piccola Industria ha sostenuto la positiva esperienza dell’alternanza scuola-lavoro e si è fatta portavoce attiva, in supporto di Confindustria, della promozione degli Its, i percorsi professionalizzanti post diploma pensati per un ingresso immediato nel mondo del lavoro.
Lungi dall’attribuire maggiore importanza alla formazione professionale a scapito di altre, Robiglio spiega che “oggi è necessario sfatare il luogo comune secondo il quale la formazione professionale è un qualcosa di residuale, destinato a chi non ha voglia di studiare. C’è un lavoro importante da fare con le famiglie”. Ad avvicinare i giovani al mondo dell’impresa hanno contribuito d’altra parte anche le edizioni del Pmi Day che si sono tenute in questi anni e che hanno affrontato temi di attualità quali il made in Italy, la lotta alla contraffazione, la resilienza e la sostenibilità. A livello interno la formazione rivolta agli imprenditori con cariche associative ha preso corpo, invece, in un ciclo di appuntamenti – ora in presenza ora online durante la pandemia – mirati ad approfondire anche argomenti non strettamente economici.
L’azione politica di Robiglio ha inevitabilmente risentito della pandemia, ma questo ha consentito allo stesso tempo di far risaltare l’importanza dei corpi intermedi, che nel quadriennio di ‘governo’ del presidente di Piccola Industria spesso sono stati mediaticamente posti sotto attacco. Alla disintermediazione si è risposto con i fatti.
“Confindustria – spiega Robiglio – è un attore sociale. Rappresenta una grande fetta di imprenditori che con il loro agire hanno delle ricadute sulla società e per la vita del Paese. Con la pandemia questo ruolo è diventato ancora più evidente. Basti pensare a tutta l’attività svolta per mettere in sicurezza le persone all’interno dei luoghi di lavoro, per capire, soprattutto all’inizio dell’emergenza, come applicare i Protocolli e cercare di tenere aperti gli stabilimenti. L’obiettivo non era restare aperti per fatturare, bensì per mantenere i posti di lavoro e tenere in piedi il Paese”.
Certamente le modalità di divulgazione dei contenuti del programma politico iniziale – cultura d’impresa, crescita e ruolo sociale dell’imprenditore – hanno subìto dei mutamenti. “Lascio una Piccola Industria cambiata – afferma Robiglio – anche per la maggiore attenzione che è stata posta su temi quali la business continuity, la resilienza e la sicurezza intesa a 360 gradi, includendo per esempio anche l’aspetto della cybersecurity”. L’approdo forzato e repentino sulle piattaforme di videoconferenza ha infatti accelerato la transizione digitale in atto, rendendo necessario prendere maggiore confidenza con una serie di criticità, ma anche di opportunità, che improvvisamente si aprivano al mondo delle imprese e non solo.
In questi quattro anni, inoltre, la Piccola Industria di Carlo Robiglio ha avuto al suo fianco diversi “compagni di viaggio”. Accanto a interlocutori istituzionali storici come il ministero per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale – con cui l’intesa è stata rinnovata poche settimane fa – e Sace Simest, Piccola Industria ha portato avanti la partnership con Intesa Sanpaolo, esplorando nel corso dei successivi rinnovi dell’accordo tanti campi – da Industria 4.0 alla formazione – e dotando le aziende di “una cassetta degli attrezzi sempre più complessa e specializzata”.
“Non tralascio mai di sottolineare la lungimiranza che ha dimostrato Intesa Sanpaolo nell’interfacciarsi a Confindustria quale ‘casa’ delle piccole e medie imprese – afferma Robiglio –. È stato il primo grande istituto bancario a comprendere la loro importanza, quale elemento vitale del territorio, in grado di dare lavoro e contribuire al consolidamento del tessuto sociale”. Fra le iniziative più apprezzate dalla Piccola Industria, ad esempio, il rating di filiera, che riconosce alle Pmi che operano in tale contesto di godere di un merito creditizio associato a quello della filiera medesima. Per Robiglio “una best practice che dovrebbe coinvolgere anche altri istituti bancari”.
E che il tema delle filiere – oggi al centro dell’ultimo Forum – abbia attraversato sotto traccia l’intero quadriennio della presidenza di Piccola Industria si evince anche dalla collaborazione con Audi, che tra 2019 e 2020 ha portato a un roadshow in sei tappe da Nord a Sud nel Paese. “La multinazionale tedesca è entrata in gioco come grande azienda che ha la capacità di trasmettere al sistema delle piccole quella cultura d’impresa della quale noi parliamo”, commenta Robiglio. Cultura d’impresa necessaria, ancora una volta, per “cambiare passo”.
(Articolo pubblicato sul numero di ottobre dell’Imprenditore)