La rinascita dell’Italia non può prescindere dalla risoluzione dei nodi strutturali che limitano la competitività di sistema e quella delle imprese, in particolare delle Pmi, che ne rappresentano la dimensione, allo stesso tempo, più critica e più dinamica, grazie ad un grande potenziale ancora largamente da sfruttare.
È questo il messaggio principale che emerge dal “Rapporto regionale PMI 2021” che Confindustria e Cerved, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, hanno presentato questa mattina nel corso del webinar “Le Pmi di Mezzogiorno e Centro-Nord: resilienza e prospettive di ripresa”.
I risultati dello studio forniscono una accurata fotografia del mondo delle Pmi, i punti di forza e quelli di debolezza, descrivendone i cambiamenti a partire dal 2007.
All’interno si trova anche un’analisi delle policy attuate per fronteggiare l’emergenza economica e sociale innescata dalla pandemia, nonché proposte puntuali per sostenerne la ripresa. Inoltre, una specifica monografia è dedicata agli impatti del Covid su occupazione e capitale.
Per quanto concerne le politiche europee, l’analisi verte sulle azioni straordinarie di contrasto alla crisi messe in piedi dall’Unione europea che, per la prima volta da decenni, ha posto le basi per una politica economica comune con al centro un’idea di sviluppo di lungo periodo.
In tal senso, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenta uno snodo fondamentale affinché il nostro Paese possa tornare su uno stabile sentiero di crescita. Il piano prevede di utilizzare le ingenti risorse a disposizione (circa 235 miliardi, tra risorse europee e nazionali), realizzando riforme e investimenti volti a colmare gli enormi divari, materiali e immateriali, che ancora penalizzano lo sviluppo dell’Italia.
“Sul piano della coesione – ha fatto notare Vito Grassi, vice presidente Confindustria e alla guida del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale – il Pnrr identifica tre priorità trasversali di coesione economica e sociale: territoriale (Mezzogiorno), di genere (donne) e generazionale (giovani), con un impatto positivo ma limitato sul riequilibrio Nord-Sud. Quest’ultimo profilo pone l’esigenza di una forte integrazione del Pnrr con la programmazione dei fondi strutturali europei e del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027. Proprio il 2021 è, infatti, l’anno di avvio del nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali europei: per l’Italia – sottolinea Grassi – si tratta di circa 83 miliardi di euro, che si sommano alle risorse ancora da spendere della programmazione 2014-2020”.
Per quanto riguarda le policy attuate a livello nazionale negli ultimi dieci mesi, sono stati adottati, in rapida successione, diversi provvedimenti su quattro macro-ambiti di intervento: imprese, lavoro, famiglie e sanità. Si è trattato di azioni importanti che, tuttavia, hanno provato a rispondere più alle esigenze congiunturali dell’emergenza e meno a quelle di ripresa e di crescita.
In generale, è emersa una strategia fortemente centrata sul sostegno indiretto della liquidità delle imprese e, in misura molto meno significativa, sul sostegno diretto, finendo con il generare un incremento dell’esposizione debitoria delle Pmi e una riduzione della loro capacità di investimento: patrimonializzazione ed equilibrio finanziario delle Pmi sono quindi le due direttrici su cui impostare le policy future.
La delicata situazione in cui si trovano le imprese è stata sottolineata anche dal presidente di Piccola Industria Carlo Robiglio: “Il Covid-19 ha determinato una crisi senza precedenti per le Pmi italiane, non solo in termini di entità, ma anche per la sua natura particolarmente asimmetrica. Nonostante questo, però, il sistema delle Pmi sembra finora aver sostanzialmente tenuto, in parte grazie al lungo processo di rafforzamento patrimoniale e finanziario osservato in tutta la penisola nel precedente decennio, in parte grazie al massiccio impiego di misure emergenziali adottate dal Governo. Tuttavia – ha aggiunto – non possiamo non sottolineare che le piccole e medie imprese attualmente si trovino in una situazione di forte esposizione debitoria e di limitata capacità di investimento”.
Tra le proposte specifiche che emergono dal rapporto: proroga automatica (salvo rinuncia dell’impresa) della moratoria di legge per le Pmi; conferma dell’intervento rafforzato del Fondo di garanzia per le Pmi e della “Garanzia Italia” di Sace; allungamento dei tempi di restituzione del rimborso dei debiti di emergenza del 2020 (sia i nuovi finanziamenti garantiti, sia le operazioni in essere) dai sei anni attualmente previsti fino a 15 anni; accrescimento dell’efficacia del Fondo di Garanzia delle Pmi.
Per favorire la crescita dimensionale delle imprese è fondamentale anche l’uso della leva fiscale, ad esempio mediante il credito di imposta sull’aumento di capitale deliberato e il rafforzamento degli schemi di garanzia a supporto delle emissioni obbligazionarie. Ulteriori interventi attengono la proroga del “credito d’imposta per la quotazione delle Pmi” e lo sviluppo della finanza alternativa, in particolare quella sostenibile, a beneficio delle Pmi.
Più in generale, andrebbero impostate azioni e strumenti che possano aiutare le imprese ad intraprendere un sentiero di innovazione e di crescita, ad esempio mettendo a sistema le numerose esperienze e strumenti, di natura fiscale e finanziaria, che a livello nazionale e regionale sostengano la crescita dimensionale, l’aggregazione e la collaborazione tra imprese.