Ne parliamo con Vera Jourova, commissario europeo per la giustizia, protezione dei consumatori e uguaglianza di genere.
Il suo portfolio è estremamente ampio e pertanto è attiva su molti fronti. Al momento, quali sono le sue priorità?
Una delle mie attuali priorità è quella del Mercato Unico Digitale. Ad esempio, l’armonizzazione dei contratti di vendita online e delle normative a tutela dei consumatori.
L’e-commerce è uno dei principali driver per la crescita, ma molti consumatori riscontrano ancora dei problemi al momento dell’acquisto online transfrontaliero.
Sono preoccupati per i loro diritti nel caso qualcosa non funzioni.
Dati alla mano, l’85% degli europei evita ancora gli acquisti online transfrontalieri.
E solamente il 7% delle Pmi in Europa partecipa correntemente a vendite di questo tipo. Uno dei motivi per cui accade ciò è la complessità delle regole, che sono poco chiare e differenti tra i vari Stati Membri.
Questo è il motivo per cui ho proposto una serie di normative contrattuali digitali moderne al fine di semplificare e promuovere l’accesso al contenuto digitale e alle vendite online nell’Unione europea: una riguarda la fornitura di contenuti digitali (ad esempio, lo streaming musicale) e un’altra si riferisce alla vendita online di beni (acquisto di abbigliamento online).
Queste proposte renderanno l’economia europea più competitiva, facendo crescere la fiducia dei consumatori.
Recentemente ha annunciato che la Commissione presenterà a breve una proposta di revisione del Regolamento sulla Cooperazione per la tutela dei consumatori. Di cosa si tratta?
Abbiamo bisogno che i consumatori europei si sentano sicuri di quello che acquistano e da chi lo acquistano.
I consumatori contribuiscono al 57% della nostra attività economica (Pil) e spesso si trovano di fronte a troppe o troppo poche informazioni, con il timore di non trovare delle soluzioni adatte ai problemi con i venditori, specialmente negli altri Stati Membri.
Dobbiamo assicurarci che i diritti dei consumatori dell’Ue siano applicati equamente all’interno del Mercato Unico.
Il Regolamento sulla Cooperazione per la Tutela dei Consumatori (Cpc), attualmente sotto revisione, consente alle autorità nazionali di lavorare insieme per contrastare le violazioni transfrontaliere, tramite uno scambio di informazioni e azioni coordinate contro i commercianti disonesti. L’obiettivo principale della revisione è assicurare che le autorità nazionali abbiano gli strumenti necessari per bloccare in maniera rapida ed efficiente le pratiche dannose per i consumatori su larga scala in tutta Europa. La proposta di revisione del Regolamento consoliderà la posizione delle autorità competenti fornendo loro ulteriori poteri sia a livello investigativo che di enforcement per garantire una effettiva attuazione della normativa all’interno del Mercato Unico, in particolare nel contesto digitale.
La data prevista per l’adozione della proposta da parte del Collegio è il 25 maggio 2016.
Come sa, l’Italia attribuisce una grande importanza alla proposta sulla indicazione obbligatoria del paese di origine, ancora bloccata a livello di Consiglio. Qual è la posizione della Commissione su questo punto?Sarà possibile superare tale stallo?
Le proposte fatte tre anni fa dalla Commissione sulla sicurezza dei prodotti destinati ai consumatori e sulla sicurezza dei mercati, si basano sul principio per cui la vendita dei prodotti in Europa deve essere sicura.
La Commissione ha puntato a promuovere una stretta cooperazione tra le autorità di controllo, il coinvolgimento delle associazioni dei consumatori e le federazioni delle imprese per riolvere i problemi. Le proposte richiedevano anche l’introduzione di regole più chiare circa l’identificazione e la tracciabilità del prodotto in modo da permettere risposte rapide ed efficaci per i problemi di sicurezza all’interno dell’Ue. Purtroppo il disaccordo in Consiglio su una singola disposizione – ovvero l’etichettatura obbligatoria del paese d’origine – sta bloccando ogni progresso.
Su richiesta di alcuni Stati Membri, sotto la Presidenza italiana e con la volontà di procedere con i negoziati, la Commissione ha richiesto uno studio indipendente per valutare ulteriormente costi e benefici dell’etichettatura obbligatoria del paese d’origine, nei confronti dei consumatori, delle imprese e delle autorità. Il risultato di questo studio rende noto che i costi e i benefici sono da considerarsi settore per settore, dal momento che, all’interno del contesto globale del commercio, non tutti i Paesi applicano le stesse regole.
Sulla base di ciò, la Commissione ha rivisto la sua posizione e ha sostenuto i tentativi del Consiglio di compiere progressi sul cosiddetto “Made in”, accogliendo favorevolmente la limitazione del campo di applicazione dell’etichettatura d’origine obbligatoria a quei settori rispetto ai quali l’industria stessa ha valutato che ci siano costi molto limitati e benefici significativi.
Se tale compromesso potesse riavviare i negoziati, si creerebbe una soluzione vincente per tutte le parti, in grado di assicurare più sicurezza e maggiore competitività per i settori interessati, senza creare costi ad altri settori.
Parliamo di privacy. Qual è l’opinione della Commissione sul parere che i garanti della privacy dei vari Stati membri (Gruppo di Lavoro art.29) hanno espresso in merito all’accordo Privacy Shield, che disciplina il trasferimento dei dati personali dei cittadini europei dall’Ue agli Stati Uniti?
Sono lieta che il Gruppo di Lavoro Art. 29 abbia riconosciuto i miglioramenti attuati, comparati al precedente accordo per il trasferimento dei dati tra USA e UE, Safe Harbour, annullato dalla Corte Europea di Giustizia. L’obiettivo primario del Privacy Shield UE-USA è quello di assicurare un flusso di dati tra le due coste dell’Atlantico che sia compatibile con il diritto europeo sulla protezione dei dati.
Attualmente stiamo lavorando – anche con gli Stati Uniti – per far sì che le raccomandazioni chiave da parte del Gruppo di Lavoro sull’Art. 29 si riflettano nel testo finale.
L’obiettivo della Commissione scopo è adottare una decisione finale a giugno. Questo assicurerà un elevato livello di protezione per gli individui e certezza legale per le imprese. Il Privacy Shield renderà il meccanismo di trasferimento dei dati meno gravoso, e di conseguenza meno costoso, per le piccole e medie imprese europee e americane.
Il nuovo Regolamento generale sulla Protezione dei Dati, avrà un rilevante impatto sulle attività delle imprese. Ritiene che si sia raggiunto un giusto equilibrio tra la necessità di proteggere la privacy dei cittadini europei e il bisogno delle aziende di trattare e trasmettere dati?
La Riforma sulla Protezione dei Dati, adottata a fine aprile, rappresenta una pietra miliare per la fiducia dei consumatori e il Mercato Unico Digitale. Avremo un insieme di regole che si applicheranno a tutti gli Stati Membri, andando a sostituire il mosaico delle 28 differenti regolamentazioni.
Le nuove regole offriranno flessibilità alle organizzazione proteggendo allo stesso tempo i diritti fondamentali degli individui.
“La protezione dei dati by design and by default” diventerà un principio essenziale, che ispirerà le organizzazioni ad innovare e sviluppare nuove idee, metodi e tecnologie per la sicurezza e protezione dei dati personali.
Grazie alle nuove norme, le imprese, i servizi pubblici e i cittadini potranno beneficiare del Mercato Unico Digitale e di migliori servizi.
Le regole saranno applicabili dal maggio 2018 e il nostro focus adesso è quello di lavorare con gli Stati Membri e le imprese per l’implementazione della nuova normativa.
La Commissione Juncker ha ridotto in modo drastico il numero di proposte legislative riguardo al sistema delle sanzioni. Quale sarà l’impatto di questo nuovo approccio per le imprese?
Una migliore regolamentazione è una priorità fondamentale della Commissione Juncker. Quando si parla di better regulation non si intende “più” o “meno” legislazione, ma di assicurare una migliore attuazione della legislazione Ue a livello nazionale e di ridurre gli oneri amministrativi ed economici della legislazione troppo dispersa. La finalità della Commissione è quella di aiutare soprattutto le piccole e medie imprese, che sono le più colpite dalle conseguenze negative di una legislazione troppo burocratica.
Attualmente ci sono alcune nuove iniziative in corso per aiutare a ridurre questi oneri amministrativi per le imprese in tutta l’Ue. Ad esempio, la Commissione sta raccogliendo informazioni dalle piccole e medie imprese europee sulle loro esperienze con quadri legislativi di riferimento e ha in programma di presentare i risultati di questa consultazione per capire dove è necessario agire.