Dopo qualche settimana di disorientamento, la risposta dell’Unione europea alla pandemia è stata senza precedenti: prima con un’azione puntuale e decisa a difesa del mercato interno, che ha permesso, seppure non senza eccezioni negative, di mantenere la libera circolazione delle merci, dando poi flessibilità agli Stati nell’uso dei fondi coesione ancora disponibili e allentando le regole sugli aiuti di Stato, senza dimenticare la sospensione del patto di Stabilità e crescita. Un ventaglio di misure inimmaginabili solo all’inizio di quest’anno.
Il più grande piano di misure è poi arrivato il 27 maggio, quando la Commissione europea ha presentato lo strumento cardine: “Next Generation EU”, integrato in un rinnovato bilancio pluriennale dell’Ue, con l’obiettivo di rafforzare le basi economiche dell’Unione, accelerando la doppia transizione ecologica e digitale e consolidando la competitività, la resilienza e il ruolo dell’Europa come attore globale. Con una dotazione di 750 miliardi di euro, “Next Generation EU” mira ad aumentare il bilancio 2021-2027 dell’Ue a 1,85 trilioni di euro.
Secondo la Commissione, dovrebbe essere finanziato attraverso nuove tasse europee (tra le ipotesi: digital tax, corporate tax, carbon tax, plastic tax), in modo da creare lo spazio contabile, il cosiddetto headroom, necessario per garantire l’emissione di titoli da piazzare sui mercati finanziari e distribuire complessivamente 500 miliardi in forma di sussidi e 250 in prestiti, senza gravare sul contributo nazionale degli Stati membri. La Commissione propone, inoltre, di rendere disponibili già nel 2020 finanziamenti per 11,5 miliardi di euro.
Non possiamo negare che queste proposte dimostrino la volontà dell’Ue di reagire con forza agli effetti sanitari, sociali ed economici della pandemia. In generale, è positivo che il Green Deal e la digitalizzazione restino la strada del futuro post-emergenza, a condizione però di poter disporre di risorse sufficienti per accompagnare l’industria negli investimenti necessari e purché non ci siano interpretazioni fuorvianti o restrittive del concetto di tecnologie e investimenti verdi.
Sul lato delle risorse, come noto, la strada è ancora incerta. Persistono resistenze di alcuni paesi sulla dotazione complessiva di “Next Generation EU” e sulla sua ripartizione tra prestiti e sovvenzioni, così come sull’idea di introdurre nuove tasse a livello europeo: qui il pericolo da evitare è che si verifichi il paradosso di oneri aggiuntivi (diretti o indiretti) per le imprese, che potrebbero trovarsi nella condizione di pagare di più oggi per avere (forse) un ritorno domani. Vediamo a seguire quali sono i pilastri della strategia “Next generation EU”.
Recovery and Resilience Facility: secondo la Commissione, più dell’80% delle risorse di “Next Generation EU” dovrebbero supportare le riforme e gli investimenti negli Stati membri per favorire la ripresa, migliorare la resilienza economica e sociale, accompagnare la transizione verde e digitale. La sua Recovery and Resilience Facility, incardinata nel processo del semestre europeo attraverso la presentazione, da parte degli Stati, di piani di ripresa e resilienza, ben specificati e calendarizzati in quattro anni, inseriti nei rispettivi piani di riforma nazionali, si configura come lo strumento principale dell’intero piano.
Lo strumento dovrebbe avere a disposizione più di 602 miliardi, di cui più di 334 in forma di sovvenzioni e fino a circa 268 in forma di prestiti; sarebbe a disposizione dei 27 paesi membri ma sarebbe canalizzato per supportare quelli maggiormente colpiti dalla crisi, attraverso uno specifico metodo di allocazione calibrato sulla popolazione e sul tasso medio di disoccupazione. Potrebbe tradursi in uno strumento per aiutare l’Italia a fornire maggiore liquidità all’economia reale, a supportare gli investimenti nella transizione verde e digitale e a realizzare alcune grandi riforme, indicate anche dalla Commissione e da Confindustria, come quella del sistema giudiziario e della Pubblica amministrazione. Ci preoccupano, però, le debolezze strutturali del nostro Paese sul fronte della progettualità, dell’utilizzo efficiente dei fondi e della burocrazia.
Just Transition Mechanism: la Commissione propone di rafforzarlo con un finanziamento aggiuntivo di 30 miliardi di euro per il Just Transition Fund, portandolo così a 40 miliardi con l’obiettivo di alleviare gli impatti socioeconomici della transizione verso la neutralità climatica nelle regioni più colpite, ad esempio sostenendo la riqualificazione dei lavoratori e favorendo la transizione verso l’energia pulita.
REACT EU: sempre all’interno di “Next Generation EU”, la Commissione propone 55 miliardi di finanziamenti aggiuntivi (a prezzi 2018) per la politica di coesione tra il 2020 e il 2022 a sostegno di programmi esistenti ma da distribuire attraverso nuove chiavi di allocazione, sancite con le misure Coronavirus Response Initiative 1 e 2, che tengono conto dell’impatto della crisi e che consentono una maggiore flessibilità nella spesa, con l’azzeramento del cofinanziamento nazionale e la possibilità di trasferimento delle risorse tra fondi, priorità e programmi operativi. Le azioni finanziabili si concentreranno principalmente sul sostegno al mercato del lavoro, il sostegno ai sistemi sanitari e sulla fornitura di capitale circolante per le Pmi.
Non sono ancora disponibili stime ufficiali sulla ripartizione, ma è certo che l’Italia sarà il maggiore beneficiario di questa iniziativa. È estremamente importante che anche a livello nazionale e regionale ci si adoperi per definire rapidamente la programmazione di queste risorse, che si aggiungerà al lavoro già in corso su quelle 2021-2027, per favorire una rapida ed efficiente spesa a favore del mercato del lavoro e della competitività dei territori e del sistema produttivo.
Solvency Support Instrument: nel quadro del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis), verrà istituito il cosiddetto “terzo sportello”, lo “sportello di sostegno alla solvibilità”, finalizzato alla mobilitazione di capitali privati per sostenere la solvibilità delle imprese ammissibili, soprattutto nei paesi maggiormente colpiti dagli effetti socio-economici della pandemia e/o in cui la disponibilità di un sostegno statale per la solvibilità è più limitata. La garanzia dell’Unione relativa al nuovo sportello sarebbe intorno ai 66 miliardi di euro e la sua introduzione porterebbe così la garanzia totale dell’Ue a oltre 92 miliardi.
Strategic Investment Facility: con una dotazione proposta di 15 miliardi la nuova facility dovrebbe fornire una garanzia dal bilancio Ue di 31,5 miliardi mobilitando investimenti fino a 150 miliardi per incentivare la leadership industriale europea nei settori strategici e nelle catene del valore, incluse quelle relative alla transizione verde e digitale.
Per il buon funzionamento di questi ultimi due strumenti, sarà cruciale che il sostegno finanziario sia accompagnato da condizioni che garantiscano un accesso diretto delle imprese, riducendo il ruolo degli intermediari e la moltiplicazione dei livelli di attuazione.
In conclusione, il negoziato sarà duro e non privo di ostacoli, ma credo che possiamo essere ottimisti sul fatto che nelle prossime settimane sarà raggiunto un accordo complessivo in grado di mobilitare in tempo le risorse per far ripartire l’economia europea. L’Europa da sola non può farcela, ma credo che anche su questo occorra essere ottimisti: insieme, ce la faremo.