

MASSIMO SABATINI
Fondirigenti, fondo interprofessionale per la formazione continua dei dirigenti promosso da Confindustria e Federmanager, nasce 25 anni fa con il compito di favorire l’investimento nel capitale umano dirigenziale delle imprese e di far crescere la cultura manageriale del nostro Paese. Nel corso di questo significativo arco temporale, ha favorito l’irrobustimento delle competenze manageriali in numerosi ambiti cruciali per la competitività delle imprese, fra i quali figura anche il sostegno alle dinamiche dell’export.
Con 14mila imprese aderenti e oltre 81mila dirigenti, peraltro, il fondo dispone di un campione sufficientemente rappresentativo dei comportamenti del tessuto produttivo, che consente di apprezzare l’effettivo peso dell’investimento in capitale umano in diversi ambiti strategici, tra i quali l’export.
Si tratta di uno sforzo cruciale, sia per il peso dei mercati esteri nell’equilibrio competitivo, sia perché Il presidio dei mercati esteri ha rappresentato un elemento di resilienza delle imprese – anche di piccola dimensione – durante le fasi di contrazione ciclica, come evidenziato da una recente audizione dell’Istat alla Camera. Uno sforzo cruciale anche alla luce degli elementi di vulnerabilità, che sono altrettanto noti: la partecipazione agli scambi internazionali delle imprese italiane, pur estesa in termini di attori, resta infatti ancora piuttosto limitata in termini di intensità, con imprese mediamente più piccole delle controparti francesi e tedesche.
Proprio nella classe di imprese di più piccole dimensioni si ritrovano significativi elementi di dinamicità rispetto alla competizione internazionale, ma anche ampi elementi di vulnerabilità, con forti legami tra performance competitive delle imprese e intensità dell’investimento in capitale umano. Questo dato è particolarmente importante per Fondirigenti, tenuto conto della base degli aderenti e del loro accesso alla opportunità formativa.
Nel solo 2022 il Fondo ha, infatti, finanziato 2.400 piani, con oltre 27 milioni di euro di finanziamenti approvati: numeri importanti, e in crescita, ma che presentano ampi margini di miglioramento, soprattutto per le Pmi, che rappresentano il 75% delle imprese aderenti, ma che trovano ancora difficoltà a sfruttare appieno le opportunità di finanziamento: appartiene a loro, infatti, solo il 36% dei piani approvati nel 2022.
Questa opportunità è ancor più da sfruttare se si considera il solo investimento nelle competenze per l’export. Se, infatti, il 10% dei piani approvati si riferisce al rafforzamento delle competenze linguistiche (quasi una precondizione utile a rendere più fluidi i rapporti con fornitori ed acquirenti esteri) solo il 2% dei piani, ogni anno, riguarda esplicitamente il rafforzamento di competenze specifiche per l’internazionalizzazione: e in gran parte, tali piani sono presentati da imprese di grandi dimensioni. Pochi piani, dunque, che tuttavia toccano aspetti decisivi della competizione:
- La pianificazione strategica, legata alla capacità di dare alla propria impresa obiettivi chiari e definiti di penetrazione e presenza sui mercati esteri;
- La conoscenza più approfondita di specifici mercati, in cui entrare con specifici prodotti;
- La cosiddetta Trade Compliance, connessa all’aggiornamento sui regimi commerciali e di Export Control nei vari sistemi economici, e alla fiscalità internazionale;
- Il risk management, soprattutto legato alla sicurezza della supply chain, e più in generale al rafforzamento della capacità di lettura e prevenzione rischi.
Guardando all’interno di tali piani, ci si rende conto che la dimensione internazionale, in realtà, è un fabbisogno che sta dietro a molte tematiche manageriali (supply chain, finanza, gestione risorse umane, etc.) e che la gran parte dei piani fa riferimento a condizioni profondamente mutate nel periodo più recente (innanzitutto a causa di pandemia e guerra).
Di qui deriva la priorità assegnata nel 2023 da Fondirigenti al tema internazionalizzazione e l’idea di dedicare a questo tema uno specifico progetto, “Nave in mare aperto”, con un duplice obiettivo: aggiornare le competenze storicamente associate al tema e individuare competenze nuove, rilevanti nel nuovo scenario. Il progetto, che è ancora in corso, ha preso il via con una survey rivolta ad oltre 250 manager di imprese di tutte le dimensioni sui gap di competenze sul tema, che ha fatto emergere, da un lato l’esigenza di rafforzare la capacità strategica e di analisi degli scenari da parte del management, dall’altro quella di “piegare” alla proiezione internazionale dell’azienda altre funzioni aziendali come il marketing, la funzione vendite e la gestione delle risorse umane.
Le prime evidenze della ricerca mostrano che, sebbene pochi investimenti formativi siano rivolti direttamente alla formazione, molte delle azioni di rafforzamento intraprese sono coerenti con la esigenza di una maggiore apertura internazionale, sia direttamente sia, soprattutto per i più piccoli, come internazionalizzazione “indiretta”, all’interno di filiere produttive e di reti che, più direttamente, si relazionano coi mercati esteri. Ciò significa che lo sforzo di irrobustimento delle imprese, in particolare di quelle più piccole, è in corso. Servono perciò specialisti dell’internazionalizzazione, dei mercati e delle regole, ma anche leader capaci di creare un contesto favorevole alla proiezione internazionale dell’azienda: la formazione manageriale può essere lo strumento capace di coniugare queste diverse esigenze strategiche.