

GIANLUIGI VISCARDI
Abbiamo chiesto a Gianluigi Viscardi, vice presidente Piccola Industria e promotore dell’iniziativa, quali saranno le sinergie tra Pmi e Cluster e tanto altro.
Lei è stato da poco nominato presidente del Cluster tecnologico nazionale Fabbrica Intelligente. Cosa intendiamo per “fabbrica intelligente”? È un’opportunità per le Pmi italiane?
Intanto sono davvero onorato di questa nomina, che mi consente di mettere in campo l’esperienza di anni di lavoro in prima linea, in azienda come nelle varie associazioni, per diffondere la cultura dell’innovazione. Tutto nasce con il Cluster tecnologico nazionale Fabbrica Intelligente (CFI) e con l’Associazione Fabbrica Intelligente a livello lombardo (AFIL). L’obiettivo è mettere intorno allo stesso tavolo enti di ricerca, università, centri di trasferimento tecnologico e il mondo delle imprese per creare una visione del futuro tecnologico del paese, in un vero spirito di Open Innovation.
Con il bando del Miur del 2012, abbiamo proposto un piano strategico che ha portato Fabbrica Intelligente tra gli 8 Cluster nazionali. Ne sono seguite attività di coordinamento e la stesura di un documento di Road Map divenuto riferimento imprescindibile per Miur e Mise in fase di stesura del loro Piano Nazionale della Ricerca per i prossimi anni.
La “fabbrica intelligente” del futuro sarà completamente interconnessa, ruoterà attorno ai Big Data, alla robotica, alla sensoristica avanzata e sistemi di visione, tutte innovazioni che stanno rivoluzionando i processi manifatturieri, rendendoli più flessibili, tracciabili, per lotti produttivi sempre più piccoli e personalizzati. Sarà inoltre una fabbrica “a misura d’uomo”: al centro specializzazioni e creatività, quindi capitale intellettuale. Verranno eliminati i lavori usuranti. Dobbiamo tuttavia pensare che le Pmi italiane soffrono di una debolezza storica: sono fortemente dinamiche e ingegnose ma non ricevono supporto, né economico né di sistema, per stimolare il proprio processo innovativo. Il Cluster, in tal senso, rappresenta quindi un’opportunità concreta.
Perché i Cluster possono aiutare le imprese a vincere la sfida dell’innovazione?
Il Cluster oggi costituisce per le imprese una delle principali leve per mettere in moto il “circolo virtuoso” dell’innovazione. Abbiamo bisogno che le piccole e medie imprese, con le loro competenze e creatività, partecipino attivamente ai Cluster, per portare a casa un valore aggiunto per le proprie attività.
L’evento di Piccola Industria si rivolgerà con particolare attenzione alle nuove generazioni. Ritiene importante coinvolgere gli studenti e perché in Expo?
Intanto credo che una realtà come quella dei Cluster vada promossa per raggiungere e coinvolgere più imprese possibili tra quelle che fanno dell’innovazione il loro spirito promotore. Per questo abbiamo pensato a Expo come ad un palcoscenico di rilievo, sia per un coinvolgimento delle pmi che per la risonanza internazionale dell’evento. Il mondo delle imprese deve “guardare avanti”, ma lo deve fare a 360°. Quindi tecnologia da un lato, ma anche future risorse dall’altro, quindi gli studenti di oggi. L’evento Expo è una vetrina attrattiva per le giovani generazioni. Si è pensato quindi di inserire proprio in questo contesto il tema del Cluster, perché è una forma di collaborazione che aggrega imprese dello stesso settore (come per i Cluster del food), e che si prefigge di migliorare la qualità di vita di persone e lavoratori, e che per sua natura va oltre i confini nazionali.
In Italia “innovazione” è ormai una parola d’ordine trasversale, che vede l’impresa in prima linea. Quale è la prima cosa, a suo avviso, su cui intervenire per poter davvero cogliere la sfida della “Industria 4.0”?
Mi sento di dare una risposta che, probabilmente, è un po’ controcorrente. Per cogliere la sfida è innanzitutto necessario impostare un metodo di lavoro, cioè far convergere tutte le risorse disponibili, le diverse associazioni settoriali e il mondo industriale verso il comune obiettivo di un nuovo modello di fabbrica, evitando dispersioni di energie, cercando di scrivere un unico spartito che permetta a tutti di suonare la stessa musica.
La compattezza strutturale intorno a questo progetto renderebbe più efficace tutte le iniziative che poi ne nascerebbero, a partire da una forte politica industriale che abbia a cuore questi temi e che sostenga quindi le attività dei Cluster. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione.
Eccellenza da imitare
Il Consiglio Centrale Piccola Industria dello scorso giugno a Expo è stato il primo dei quattro eventi programmati da Piccola Industria all’interno della kermesse milanese.
L’incontro è stato occasione per approfondire un tema caro a Piccola Industria e che ha portato al recepimento nell’Investment Compact della figura delle Pmi innovative, imprese che hanno i requisiti per poter competere e vincere nel mondo.
Al riguardo si è avuto il contributo di Federico Visconti, da poco nominato ordinario di strategia aziendale dell’Università Liuc di Castellanza, che ha presentato i risultati dell’Osservatorio sulla competitività delle Pmi della Sda Bocconi, da lui coordinato. Si tratta di un osservatorio che ha analizzato, tra il 2008 e il 2013, i bilanci delle aziende dai 5 ai 50 milioni di euro di fatturato, circa 45.000 imprese che rappresentano il 5,7% delle imprese italiane, occupano 2.317 milioni di addetti ma che riescono a produrre il 37,7% del Pil. Sono prevalentemente di piccola dimensione: il 53,7% ha un fatturato tra i 5 e i 10 milioni di euro e il 34,6% tra i 10 e i 25 milioni; solo l’11,7% supera i 25 milioni di euro. Nel corso dell’incontro è emerso che il 2013 è stato finalmente un anno di ripresa e in questa fase la dimensione aziendale non risulta rilevante. In un contesto di crescita irregolare sono state infatti proprio le imprese più piccole a reagire meglio alla crisi e a riprendersi anche più velocemente. Al crescere della dimensione aziendale vi è infatti una minor redditività degli investimenti, accompagnata comunque da un aumento della redditività delle vendite e della solidità patrimoniale.
Funzionale alla crescita è la struttura proprietaria: l’osservatorio evidenzia infatti come la condizione ottimale per crescere sia un’equilibrio tra frammentazione e concentrazione. In Italia. il 60% delle pmi rimane caratterizzato da una proprietà molto concentrata (un singolo azionista detiene un controllo diretto superiore al 50%) e, se queste aziende sono cresciute di più fino al 2011, hanno poi rallentato rispetto alle altre imprese.
Tra le imprese analizzate esiste un sottoinsieme definito come “Pmi di successo”, che si distingue per una solidità finanziaria superiore alla media. Nel dettaglio, hanno registrato un tasso di crescita dell’8,2% rispetto al 3,1% delle altre, sono caratterizzate da una redditività significtiva: il loro Roi medio è risultato del 15,7% rispetto al 7,2% delle altre.
Ma sono ancora poche e si tratta di aziende con meno di 25 milioni di fatturato, localizzate nel Nord Italia e con un età che va dai 10 ai 50 anni.
Rappresentano un potenziale di sviluppo per l’intero paese che deve essere imitato dalle altre imprese e diventare sempre più ampio.
A tal proposito, Visconti ha sottolineato che “risulta necessario accettare una logica selettiva. Occorre perciò iniziare a mettere in discussione alcuni modi di fare impresa e sopratutto prendere spunto dalle eccellenze.”
Per questo il dibattito che ha concluso l’evento si è focalizzato sulle possibili misure da introdurre per poter contare su un sistema produttivo composto da molte più imprese di successo, che diventino campioni su cui contare per trainare la ripresa italiana.
“La staticità attuale è il vero momento di difficoltà – ha commentato il presidente di Piccola Industria Alberto Baban – e sta a noi impegnarci in prima linea. Circa il 69% del Pil italiano è fatto da Pmi, e sono queste, siamo noi, a doverci attivare. Chi può far bene, deve crederci, divenire capo filiera e trainare la ripresa.”