Qual è lo spazio dedicato alle piccole e medie imprese all’interno del piano? E quale sarà il ruolo del Fei?
Il piano Juncker è attualmente strutturato intorno a 3 pilastri.
Il primo -“Advisory Hub” – è dedicato alla fornitura di consigli tecnici in materia di strutturazione di progetti d’infrastruttura al fine di renderli più rapidamente “bancabili” e quindi finanziabili dalla Banca europea per gli investimenti (Bei). In questo modo il loro finanziamento può essere accelerato. L’Advisory Hub è una struttura già in parte in essere all’interno di Bei, ma verrà ulteriormente rafforzata.
Il secondo pilastro – “Infrastructure and Innovation” – è dedicato proprio al finanziamento di questi progetti, come pure alle iniziative d’investimento promosse dalle società più innovanti (“Infrastructure and Innovation”). Anche questa parte del piano Juncker sarà messa in opera da parte dei servizi di Bei.
Infine, vi è il pilastro dedicato alle Pmi che sarà gestito dal Fei.
Le risorse dedicate alle piccole e medie imprese all’interno del piano sono di 5 miliardi di euro, divise in due famiglie di prodotti: 2,5 miliardi saranno erogati sotto forma di partecipazioni in nuovi fondi di venture capital e private equity ai quali Fei parteciperà come investitore minoritario accanto ad altri investitori, siano essi pubblici e/o privati.
Queste risorse sono messe a disposizione dalla Bei, con una co-partecipazione da parte dello stesso Fei. I restanti 2,5 miliardi di euro saranno immessi nell’economia europea sotto forma di accordi di garanzia a favore di portafogli bancari creati attraverso l’erogazione di nuovi prestiti alle Pmi europee. All’interno di questo programma di garanzie vi saranno due prodotti specifici entrambi facenti capo a iniziative dell’Ue: il programma di garanzia denominato ”InnovFin” e quello chiamato “Cosme”, rispettivamente rivolti alle Pmi innovanti e a quelle che, senza una garanzia, avrebbero difficoltà ad accedere ai normali fidi bancario otterrebbero finanziamenti a condizioni meno favorevoli. Questi 5 miliardi complessivi, strutturati come appena descritto, dovrebbero generare, nell’arco di 2-3 anni, investimenti e garanzie, addizionali rispetto a quelle che sarebbero comunque state erogate da parte del Fei, per circa 12 miliardi di euro. A tal proposito, ci attendiamo che queste risorse addizionali attrarranno finanziamenti complementari da parte di altri operatori per un ammontare complessivo stimato in 75 miliardi di euro.
In che modo il Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis) potrà aiutare il Fei ad operare a favore delle piccole e medie imprese?
Il Fei è la struttura giuridica e organizzativa che porrà in essere i vari accordi tra la Bei, la Commissione europea ed il Fei.
Poiché vi dovrà essere l’avallo del Consiglio e del Parlamento europeo, e ciò potrà prendere qualche tempo, il gruppo Bei (cioè Bei e Fei) si impegnerà a pre-finanziare («frontloading») l’intero pacchetto in modo tale che non vi siano ritardi e che l’economia europea possa beneficiare del piano Juncker al più presto possibile.
Questo vale anche per la parte del piano dedicato alle Pmi. Ci tengo a ripetere che il piano Juncker rappresenta uno sforzo ulteriore rispetto a quanto il gruppo Bei avrebbe fatto in circostanze normali.
Quali saranno gli altri strumenti specifici del Fei attraverso cui verrà implementato il piano di investimenti?
Sono due, come già ricordato sopra, gli strumenti a disposizione del Fei. Così come Bei eroga finanziamenti alle banche, che a loro volta concedono fidi alle Pmi a valere su queste risorse, il modello operativo del Fei è anch’esso fondato sulla delega delle scelte d’investimento e di prestito ad operatori di mercato, rispettivamente a fondi di venture capital (per le partecipazioni in fondi d investimento) e alle istituzioni finanziarie (per le garanzie). Il Fei non ha quindi, così come Bei, contatti diretti con le piccole e medie imprese.
Cosa dovranno fare le Pmi italiane per accedere a questi strumenti?
Per i motivi appena citati, le Pmi non si devono rivolgere al Fei, ma o alle banche che hanno contratto con il Fei i due suddetti programmi di garanzie (InnovFin e Cosme) o essere scelte come investimenti da parte di fondi di venture capital a loro volta finanziati dal Fei.
Per ragioni storiche, il venture capital non è in Italia ancora uno strumento finanziario di grande diffusione nonostante esso sia, in altri paesi, il canale privilegiato per reperire risorse stabili e a lungo termine sia per far partire una nuova azienda sia per sostenerne la crescita. Sono piuttosto ancora le banche a fornire la gran parte delle risorse finanziare di cui abbisognano le Pmi. Ci aspettiamo dunque che, in Italia, siano i prodotti di garanzia quelli a trovare il più ampio sviluppo nell’ambito del piano Juncker, anche se, ovviamente, tra le missioni del Fei vi è quella di aiutare il rafforzamento dei mezzi propri delle piccole e medie imprese, in particolare quelle di nuova creazione.
Siamo già in contatto con un buon numero di istituzioni finanziarie italiane per finalizzare accordi InnovFin e Cosme, e sarà nostra cura darne opportuna pubblicità non appena questi accordi saranno operativi; cosa, quest’ultima, che ci attendiamo avvenga a breve.
Come ricordato, lo scopo principale di questi accordi è che, attraverso varie forme tecniche di garanzie su crediti, il Fei prenda una parte del rischio di credito inerente ai finanziamenti a Pmi in cambio di maggiori flussi di finanziamento alle stesse e di migliori condizioni in termini di durata o di costi.
Quali sono e in che modo verranno implementati i progetti approvati nel Cda del Fei dello scorso 20 aprile?
Nel corso del recente incontro il Fei ha già iniziato ad approvare operazioni che rientrano nell’ambito del piano Juncker anche se non tutto il ciclo legislativo relativo alla creazione del Fei è già stato completato.
Si tratta sia di operazioni nell’ambito del programma InnovFin, sia di prese di partecipazione in fondi venture capital o private equity europei.
Ci può illustrare quali sono le altre attività che state portando avanti in Italia?
Il Fei è presente nel nostro paese nelle operazioni di cartolarizzazione di portafogli bancari comprendenti crediti alle Pmi allo scopo di liberare risorse per i nuovi finanziamenti all’economia. Lo facciamo sia su fondi propri, come garante a favore d’investitori terzi, sia facilitando l’intervento di Bei come acquirente finale di questi titoli.
Abbiamo anche un programma di microfinanza che gestiamo su fondi Bei e della Commissione e, a tal proposito, in Italia abbiamo erogato prestiti a banche e a organismi specializzati nella microfinanza.
Abbiamo inoltre una cooperazione decennale con alcuni fondi di garanzia per le Pmi, quali i confidi.
Nel campo del venture capital siamo presenti in vari fondi che abbiamo finanziato soprattutto nell’ambito di un accordo di cooperazione con il Fondo Italiano d’Investimento. Questo accordo copre, oltre al venture capital, anche altri tre comparti che pensiamo siano d’interesse per le Pmi, per le startup e per le imprese di medie dimensioni: quello dei ”business angel”, dei fondi di debito (un prodotto di recente creazione ma che, a seguito dell’introduzione dei cosiddetti mini bond, suscita un certo interesse) e del private equity.