
Ha un sapore agrodolce il momento storico che sta vivendo Pasta Alica – poco meno di due milioni di euro di fatturato nel 2022 a fronte di 8 dipendenti –, premiata per la qualità portata sul mercato da numeri assolutamente sopra media, ma, allo stesso tempo, con la sensazione di non poter far crescere ulteriormente l’azienda nel posto in cui ha preso vita un progetto poi risultato vincente. Soddisfazione, ma anche incertezza sulle scelte da fare nel futuro prossimo, che si alternano nel giornaliero della Pmi con base a Tito Scalo, in provincia di Potenza, realtà pastaia artigianale con nel dna una costantemente rinnovata attenzione alla materia prima con cui vengono prodotti dai classici spaghetti della linea tradizionale alla pasta integrale e al farro che completano un’offerta d’eccellenza.
“Avviato Pasta Alica nel 2015, ma con alle spalle oltre vent’anni d’esperienza nel settore, abbiamo sempre puntato ad avere a disposizione la materia prima migliore – spiega Antonio Crisci (nella foto in alto), amministratore unico dell’azienda lucana –. Fatte tante ricerche per cercare il grano che volevamo noi, non derogando mai al principio della massima sostenibilità, siamo riusciti a produrre una pasta che, visti il gradimento ottenuto in Italia e in molte altre parti del mondo, credo proprio possa essere definita eccellente. La nostra ‘ricetta’ prevede la miscelazione di due tipi di grano, metodo che ci ha permesso di raggiungere il 18% di proteine, valore notevole se si pensa che le migliori paste industriali di casa nostra arrivano in genere al 14%”.
Un modus operandi che passa anche per un minore sfruttamento della terra e sul rapporto diretto, leale con gli agricoltori impegnati nel curare il prezioso grano coltivato di Basilicata e Puglia. “Per inseguire un livello di qualità adeguato e poterci reputare soddisfatti di quello che facciamo, le rese per ettaro restano volutamente basse. Abbiamo accordi precisi con chi lavora nei campi e ai quali riconosciamo qualcosa in più rispetto alla media nazionale, avendo così a disposizione una materia prima di livello assoluto. Ed è tutto grano italiano. Come facciamo a non dover attingere pure a quello estero? Perché è solo una questione di prezzo: se si vuole quello italiano lo si riesce ad avere senza grossi problemi”.

IL PACKAGING CREATO PER LA PASTA BIOLOGICA
Un percorso commerciale che, negli ultimi quattro anni, ha regalato notevoli soddisfazioni a Pasta Alica, capace di raddoppiare il fatturato in questo lasso di tempo. “La giornata lavorativa si divide tra produzione per private label, soprattutto grandi aziende italiane del settore, e di pasta a nostro marchio, che al momento costituisce il 30% del totale – chiarisce Crisci -. L’obiettivo è quello di salire al 50% per aumentare anche la presenza negli Stati Uniti, in Canada e in quasi tutt’Europa, in particolare in Francia, Inghilterra, Olanda, Svizzera, Germania, Grecia. E fino a qualche tempo fa, prima della guerra, riuscivamo ad arrivare pure in Russia.
Dal prossimo primo marzo, inoltre, saremo distribuiti anche dalla grande catena El Corte Ingles in Spagna, dopo l’accordo che abbiamo firmato pochi giorni fa. Una spinta ulteriore viene poi dalla grafica accattivante scelta per il packaging, che, per quello creato per la pasta biologica, ci è valso pure l’invito alla fase finale del premio mondiale di design Compasso d’Oro. Pacchi per contenere la pasta dai colori, bianco e blu, che ricordano quelli usati per le ceramiche delle cucine di un tempo”.
Per quanto riguarda invece il packaging adoperato per mettere in vendita i tipi di pasta “tradizionali”, questo ha una caratteristica a cui i vertici di Pasta Alica tengono molto. “Per noi sostenibilità non è solo uno slogan. Ci crediamo davvero, tanto che stiamo andando nella direzione di un prodotto 100% di carta, progetto non ancora portato a compimento solo per un problema di costi. Abbiamo, insomma, preferito ritardare il tutto, ma comunque i contenitori attuali sono già compostabili assieme alla carta”.
Nel solco di questo indubbio processo di crescita si inserisce, però, un aspetto in grado di scompaginare i piani dell’azienda lucana. A tutt’oggi, infatti, Crisci non ha ancora la certezza di poter restare a Tito Scalo per continuare a sviluppare le proprie idee. “Che Pasta Alica abbia ormai bisogno di triplicare le quantità produttive è un dato di fatto. Siamo infatti limitati da una chiara saturazione del ciclo produttivo. Il problema è che, soprattutto per motivi burocratici, sto facendo una fatica immensa a mettere a terra questo progetto, nonostante un aumento della produzione porterebbe di conseguenza ad un incremento dei posti di lavoro. Spero francamente di riuscire a trovare nuovi spazi per assecondare le necessità logistiche dell’impresa, ma in caso contrario potrei essere, mio malgrado, costretto a delocalizzare in Campania”, conclude Antonio Crisci.

PRODUZIONE DELLA PASTA