La competitività delle imprese deve tornare al centro dell’agenda politica della prossima legislatura a Bruxelles. A chiederlo a gran voce è l’industria europea, che ha raccolto le azioni più urgenti in un messaggio rivolto a tutti i partiti politici. Mai come in questo momento c’è stata così grande convergenza tra l’imprenditoria europea sulla necessità di far tornare il tema della competitività dell’industria al centro dell’agenda politica di Bruxelles. Solo un’industria forte e competitiva può garantire la tenuta sociale e l’autonomia strategica aperta del nostro continente.
Tra sei mesi, circa 400 milioni di cittadini europei, tra i quali figurano anche 46 milioni di italiani, saranno chiamati a rinnovare la composizione del Parlamento europeo, il quale poi in autunno esprimerà la prossima Commissione europea.
Gli ultimi cinque anni hanno visto l’Unione impegnata a adottare alcune leggi ambientali e di regolamentazione del settore tecnologico molto incisive, affrontando al contempo l’emergenza pandemica legata al Covid-19 e l’instabilità geopolitica causata dalla guerra in Ucraina.
Affinché i grandi progetti europei, a cominciare dal Green Deal, siano un successo, l’Ue deve garantire che le sue imprese rimangano competitive a livello globale, un punto prioritario e imprescindibile condiviso da tutta l’industria europea nel suo insieme.
Alcuni dati dimostrano quanto lavoro debba essere fatto su questo fronte. Negli ultimi anni il Pil Ue ha perso continuamente terreno rispetto a quello degli Stati Uniti. Nel 2008 l’economia del Vecchio Continente era ancora superiore a quella degli Stati Uniti del 4,5%, mentre i dati 2022 riportano il contrario, con l’economia dell’Ue più piccola del 5,3% rispetto a quella statunitense.
I numeri degli investimenti diretti esteri (Ide) raccontano una storia simile. Tra il 2019 e il 2021 gli Ide nell’Ue sono diminuiti di due terzi, mentre dall’altra parte dell’Atlantico si è verificato il contrario. Il calo dell’attrattiva dell’Europa per gli investimenti, come dimostrano queste cifre, deve essere affrontato con urgenza.
Un altro dato su cui riflettere è che l’Ue rappresenta solo il 6% della popolazione mondiale e l’85% della crescita economica dei prossimi anni sarà generata al di fuori dell’Ue. Per questo è indispensabile riprendere lo slancio per finalizzare accordi commerciali che offrano accesso a nuovi mercati e aprano opportunità di investimento per le imprese europee. A tal fine, i nuovi accordi dovrebbero includere proposte di valore che riflettano le esigenze dei potenziali partner e che combinino accordi commerciali e di investimento, partenariati per le materie prime essenziali, sviluppo di capacità e incentivi allo sviluppo.
Un secondo obiettivo chiave per il prossimo ciclo istituzionale deve essere la riduzione dell’onere normativo che attualmente grava pesantemente sulle imprese europee, in particolare sulle Pmi. Tale onere è aumentato significativamente dal 2017 al 2022, con il legislatore europeo che ha prodotto un totale di 850 nuovi obblighi normativi rivolti alle imprese, pari a oltre 5mila pagine di legislazione, secondo i dati elaborati dal Medef, l’associazione industriale francese.
Dal 2024 al 2029 sarà cruciale invertire questa tendenza e ridurre gli ostacoli normativi agli investimenti, alla produzione e alla commercializzazione dell’innovazione in Europa. Ciò deve essere accompagnato dalla sospensione di revisioni non necessarie delle norme Ue esistenti e dalla piena applicazione dei controlli di competitività su tutte le nuove norme, ossia dei controlli che accertano che una nuova legge non abbia ripercussioni negative impreviste sull’attività economica delle imprese.
Infine, è imperativo che il Green Deal sia affiancato da una forte strategia industriale europea, che risolva i problemi strutturali come l’alto costo dell’energia in Europa e le complesse e lunghe procedure di autorizzazione che spesso bloccano gli investimenti nei settori strategici.
Il Net Zero Industry Act ha rappresentato un passo in avanti nella giusta direzione, ma vanno facilitati gli investimenti in una gamma più ampia di settori, perché la decarbonizzazione della nostra economia richiederà investimenti trasformativi da parte di tutti i settori e delle loro catene del valore.
In tal senso, facilitare l’accesso delle imprese ai finanziamenti rappresenta un altro fattore essenziale per migliorare le condizioni per gli investimenti. Gli aiuti di Stato possono essere giustificati per sostenere le imprese nella loro transizione ambientale e tecnologica, la costruzione delle nuove infrastrutture e lo stimolo all’innovazione tecnologica. Tuttavia, queste misure devono essere ben mirate, limitate nel tempo e attentamente monitorate per evitare distorsioni della concorrenza, e soprattutto non possono sostituirsi alla necessità di mobilitare risorse finanziare in maniera più organica e strutturata per le imprese che decidono di investire.
Queste sono solo alcune tra le azioni più urgenti che serviranno a dare nuovo impulso all’economia europea. BusinessEurope, l’associazione dell’industria europea di cui Confindustria è membro fondatore, ha raccolto queste e altre raccomandazioni in un messaggio rivolto a tutti i partiti politici in vista delle elezioni.
Tali azioni saranno cruciali per mantenere la leadership mondiale dell’Unione Europea, una posizione che nasce e che si è mantenuta nel tempo grazie alla capacità di noi europei di coniugare sviluppo economico, sociale e ora anche ambientale in maniera tale da garantire un vantaggio competitivo alle nostre imprese.