
Partita 150 anni fa dall’opera di religiosi che curavano tigna e lebbra nelle campagne romane, la ricca storia di IDI Farmaceutici – 14 milioni di euro di fatturato nel 2021 e 70 dipendenti – ha generato un gruppo attualmente in grado di fornire servizi in tutte le aree della dermatologia. Dal quartier generale di Pomezia, in provincia di Roma, si sviluppa giornalmente la sinergia tra il settore farmaceutico e quello ospedaliero che ha permesso alla storica IDI-IRCCS di diventare a tutti gli effetti polo di statura internazionale, continuando – mentre non smette di innovare e mantenere così al passo con i tempi la propria offerta – a mettere in pratica le linee guida dettate dall’Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma, eccellenza nella cura delle malattie della pelle cui l’azienda pometina è da sempre fortemente legata.
“IDI Farmaceutici deriva in modo diretto dalla ricerca che IDI-IRCCS ha sviluppato a partire dall’inizio del secolo. Nei primi anni ’60 furono poi costruiti qui a Pomezia stabilimenti per la ricerca e la produzione farmaceutica in alcuni campi, tra cui quello delle creme solari. Questi preparati sono di fatto più terapeutici che commerciali, oltre che sofisticati, potendo contare, a differenza dei tradizionali, su principi attivi come la nicotinamide che ostacolano le lesioni da esposizione al sole. Prodotti che, per questo motivo hanno bisogno spesso del consiglio del dermatologo”, spiega Luciano Ragni (nella foto in alto), vice presidente esecutivo di IDI Farmaceutici.

INTERNI DELLA SEDE AZIENDALE
Un unicum mondiale visto che, all’interno del gruppo, sono presenti ospedali ed un Istituto di ricerca a carattere scientifico e di cura in cui vengono sviluppate anche sperimentazioni e applicazioni terapeutiche. “Quando, insomma, IDI Farmaceutici lancia sul mercato un farmaco o un dermocosmetico, questo passa da una valutazione scientifica particolarmente attenta. In passato abbiamo privilegiato più il settore della ricerca che quello commerciale, anche se adesso stiamo iniziando ad interagire maggiormente con importanti compagnie internazionali, avviando partnership come quella che ha preso il via lo scorso maggio nel campo delle terapie per forme acneiche gravi e specifiche dermatiti”.
Tra gli obiettivi che IDI Farmaceutici ha in cima alla propria lista c’è sicuramente il voler puntare sull’export. “Siamo già presenti in alcuni paesi, ma le nostre esportazioni, al momento, superano di poco il 10% – sottolinea Ragni –. Arriviamo nell’area dei Balcani, in particolare in Albania e Kossovo, ma anche in Kazakistan, Azerbaigian e Georgia in virtù di un accordo stipulato lo scorso anno con una compagnia di distribuzione. Inoltre, possiamo contare storicamente su un partner IDI in Corea del Sud”.
Come molte altre realtà industriali italiane, anche IDI Farmaceutici è stata pesantemente toccata dalla crescita dei prezzi di energia e materie prime. “Sì, l’incidenza di queste voci nel bilancio aziendale è assolutamente aumentata per una Pmi come la nostra. Abbiamo due impianti, uno farmaceutico e l’altro dermocosmetico, che sono estremamente energivori. I costi sono sostanzialmente raddoppiati, considerando che già in precedenza le bollette erano di importi rilevanti – commenta il vice presidente esecutivo di IDI Farmaceutici –. Per quanto riguarda le materie prime l’impennata dei prezzi si è notata non solo per i principi attivi, ma anche per materiali di confezionamento come carta e cartonaggio. Anche la logistica, in altre parole acquisti e consegne, ha subito dei congestionamenti a causa della mancanza o di ritardi di determinati materiali”.
Gli effetti provocati dal Covid-19, che ha dato un forte colpo alla competitività delle imprese e più in generale al mercato, li hanno riportato ai numeri pre-pandemia. “Quello che chiediamo – sottolinea l’imprenditore – è una maggiore attenzione dello Stato ai processi di sviluppo di un settore tecnologicamente avanzato. Se la pandemia, nella sua drammaticità, ci ha insegnato qualcosa, questo è di sicuro legato al concetto che la salute è ricchezza e lavoro, e senza la quale tutte le visioni sono destinate a cadere. Servono, insomma, politiche diverse per supportare investimenti come, ad esempio, quelli che svilupperemo in IDI Farmaceutici per circa dieci milioni di euro nei prossimi due anni, per nuovi impianti in grado di farci creare prodotti sempre migliori e più competitivi”, chiarisce Ragni, che poi rende merito al ruolo avuto dall’industria farmaceutica durante la fase più acuta della pandemia. “Direi che oltre 11 miliardi di vaccini prodotti in 14 mesi non sono proprio uno scherzo da un punto di vista industriale. Uno sforzo che ci ha permesso di vaccinarci tre volte, purtroppo non avvertito a sufficienza come segnale straordinariamente importante”.