Italia e Bahrain, un legame ancora poco conosciuto. Eppure questi due paesi vantano relazioni commerciali, e non solo, di lunga data. Relazioni che potrebbero trovare una nuova accelerazione grazie al programma di investimenti messo in piedi dal governo locale, che puntano a trasformare il regno in un hub per l’intera area del Medio Oriente. Per saperne di più facciamo un passo indietro con Domenico Bellato, ambasciatore d’Italia presso il Bahrain.
Possiamo ricostruire i rapporti degli ultimi anni?
I rapporti bilaterali sono stati stabiliti all’indomani dell’indipendenza del Bahrain nei primi anni Settanta e da allora si sono sviluppati in tutti i settori, grazie anche all’apertura, nel 2002, dell’Ambasciata d’Italia a Manama. Il nostro Paese ha partecipato alla modernizzazione e diversificazione dell’economia bahreinita sin dagli anni Ottanta. Ancora oggi, ad esempio, viene ricordato con ammirazione il contributo della tecnologia italiana per la nascita dell’industria petrolchimica del paese.
Il Bahrain ha invitato le imprese italiane a investire nel paese. Quali sono le opportunità? C’è spazio anche per le Pmi?
Come messo in luce dalla “country presentation” di ottobre in Confindustria, il Bahrain attraversa una fase ricca di opportunità: ci sono progetti in cantiere o in corso per circa 27 miliardi di dollari nel campo delle infrastrutture stradali e ferroviarie, dell’energia, dell’edilizia, del turismo, della raffinazione del petrolio e della produzione di alluminio. Alcuni progetti sono in corso di aggiudicazione, con aziende italiane ben posizionate, e altri saranno messi a gara prossimamente. È il caso, ad esempio, della nuova centrale elettrica da 1,2 GW e dell’impianto solare da 100 MW.
Va tenuto presente che la grande maggioranza dei progetti (a parte quel 25% circa di opere finanziate dall’Arabia Saudita e dal Kuwait) si fondano, per quanto riguarda i finanziamenti, su schemi di partenariato pubblico privato di una certa complessità, ormai all’ordine del giorno in tutta la regione.
I grandi progetti infrastrutturali richiedono senz’altro dimensioni d’impresa adeguate, ma le Pmi in Italia potranno beneficiare del relativo indotto in termini di forniture di materiali e tecnologie e far valere il loro eventuale know how di nicchia, oltre a poter operare nel campo dei servizi e della consulenza.
Le autorità bahreinite puntano anche sull’attrazione di investimenti esteri, soprattutto nel settore manifatturiero.
I punti di forza in effetti non mancano: dalla logistica al livello contenuto dei costi operativi, alla grande apertura del mercato e va ricordato che le imprese possono essere al 100% straniere.
Interessanti anche le potenzialità legate agli investimenti del Bahrain in Italia: il fondo sovrano Mumtalakat ha effettuato la prima operazione nel 2016 e ne sta valutando altre.
Come si presenta il mercato del Bahrain? Quali sono i prodotti italiani, o il know how, che possono far breccia?
Il mercato del Bahrain, benché di dimensioni limitate, ha un respiro regionale, visto che il paese ha siglato accordi di libero scambio con gli altri paesi del Consigilio di Cooperazione del Golfo (GCC), con Singapore e, soprattutto, con gli Stati Uniti.
I prodotti del made in Italy con maggiori potenzialità di crescita sono quelli tradizionali, dai macchinari e le attrezzature per l’industria ai materiali per le costruzioni, ai prodotti del lusso e del design (moda e arredamento) al food&beverage. I volumi dell’interscambio sono ancora contenuti, ma il trend è in crescita.
I bahreiniti sono grandi conoscitori della qualità dei prodotti italiani e apprezzano il nostro Paese in tutte le sue sfaccettature. Anche sul versante del turismo, i flussi dal Bahrain sono in aumento e le destinazioni italiane restano tra le più gettonate. Altri settori interessanti sono quello ambientale, data l’esigenza di intervenire sulla raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, e quello della finanza, fintech e finanza islamica incluse, visto che il Bahrain è un riconosciuto hub regionale in questo campo.
Quali sono i requisiti per una duratura azione di internazionalizzazione delle nostre imprese?
Operare in Bahrain, non diversamente da quanto accade negli altri paesi della regione, richiede un’approfondita conoscenza del mercato, nonché un’attenta valutazione dei partner locali. Importante poi la capacità di relazionarsi con i vari soggetti pubblici del sistema Italia – ambasciata, Ice, Sace, questi ultimi basati rispettivamente a Doha e Dubai – e con i referenti bahreiniti, come l’Economic Develpoment Board e la Camera di Commercio in primis.
A livello logistico auspichiamo che il collegamento aereo diretto con l’Italia possa essere ripristinato nel 2018.
Come si vive in Bahrain? E come sta cambiando la società dal punto di vista culturale?
La vita in Bahrain è piacevole e la società è tendenzialmente aperta e tollerante. Gli europei, e soprattutto gli italiani, sono visti con simpatia. Sul piano culturale c’è molta curiosità e non mancano le iniziative, grazie alla Presidente dell’Autorità per la Cultura e le Antichità, la Sceicca Mai bint Mohammed Al Khalifa, che agisce a tutto campo per valorizzare il patrimonio culturale del paese.
Anche in questo caso, le opportunità di collaborazione con l’Italia sono significative e l’Ambasciata opera per agevolare i contatti tra i due paesi, sulla base di una comune vocazione culturale basata su una storia millennaria.