Buone nuove in arrivo per la moda italiana e per le aziende del fashion. L’ultimo report di Prometeia sulle prospettive per il triennio 2019-2021, presentato nei giorni scorsi a Milano nell’ambito della nuova edizione del Sistema Moda dell’Area Studi di Mediobanca, lascia ben sperare.
Secondo i dati dell’istituto di ricerca proiettati al 2021, il giro d’affari della moda italiana continuerà ad espandersi fino a raggiungere gli 80 miliardi di euro, segnando un +8% in due anni: due volte il ritmo di sviluppo atteso. Non solo ci sarà più crescita, anche i margini saranno in aumento: nel 2021 l’ebit margin sarà superiore di quasi 6 punti alla media dei settori benchmark. A determinarla concorreranno senz’altro la visibilità e la reputazione online. I 559 brand delle 173 aziende considerate dallo studio vengono cercati su internet circa 300 milioni di volte al mese, con 57 brand che superano il milione di ricerche ciascuno. Numeri che si riflettono sulla crescita della domanda, che si stima aumenterà di 1,7 miliardi in due anni.
I paesi in cui il fashion italiano è più cercato online sono Germania e Stati Uniti, seguiti da Cina e Russia. Enorme, ma ancora parzialmente inespresso, il potenziale dei marchi italiani in paesi come Australia, Brasile, India, Polonia, Canada e Messico, dove il volume di export è inferiore rispetto alla popolarità dei brand. In generale, nonostante i più giovani, specialmente negli Stati Uniti, mostrino meno interesse per la moda italiana rispetto ai genitori e ai nonni, i più famosi marchi italiani guidano le classifiche delle ricerche online del settore.
Per quanto riguarda le keyword associate ai brand italiani nella ricerca online, tra le più utilizzate troviamo qualità, autenticità e affidabilità. Meno scontata ma molto gettonata l’associazione con sostenibilità, online shopping, cruelty e conflict-free: sintomo dei nuovi trend di consumo globali, intercettati opportunamente dai marchi italiani.
Tornando con lo sguardo al 2018, l’analisi di Mediobanca mostra che sono cresciuti sia il fatturato che l’occupazione. Nell’anno si è registrato un giro d’affari totale di 71,7 miliardi, con un +22,5% sul 2014 e un +3,4% sul 2017. Dopo la notevole impennata del 2015 (+9,4%), la crescita, pur rallentata negli anni successivi, non è mai stata inferiore al +3,4% annuo. Insieme al fatturato aggregato è cresciuto anche il peso del comparto sul Pil nazionale (1,2% contro l’1,1% del 2014) rispetto al quale la moda nell’ultimo quinquennio ha viaggiato a una velocità quasi doppia.
Bene anche gli utili, che nel 2018 ammontavano a 3,7 miliardi, +25,2% sul 2014. Tra i comparti spicca l’abbigliamento, che da solo copre il 42,6% dei ricavi aggregati, seguito dalla pelletteria, 23,1%, e dall’occhialeria, 15,6%. Nella crescita media annua delle vendite nel 2014-2018 si è distinta la gioielleria (+10,9%) seguita dal comparto pelli, cuoio e calzature (+6,2%), dal tessile (+5,7%), dalla distribuzione (+4,9%), dall’abbigliamento (+4,5%) e dall’occhialeria (+3,7%).
La presenza di gruppi stranieri si conferma importante: 70 delle 173 aziende hanno una proprietà straniera e controllano il 34,7% del fatturato aggregato (il 14,2% è francese, fra cui LVMH e Kering, entrambe con il 5,4%). Notevole l’incremento rispetto al 2014 (quando i gruppi stranieri controllavano il 23,9% del fatturato), dovuto in gran parte alla velocità quasi quattro volte superiore a cui queste società sono cresciute rispetto a quelle a controllo italiano.
Però queste ultime mostrano una redditività migliore (ebit margin al 9,3%) rispetto a quelle controllate da gruppi stranieri (6,2%). In particolar modo, sono le aziende quotate con la quota di maggioranza in capo a una famiglia che registrano l’ebit migliore (13,4%) e che al contempo si mostrano più propense all’export (l’86,1% del loro fatturato proviene dall’estero). Complessivamente, le Aziende Moda Italia hanno registrato nel 2018 un ebit margin dell’8,2%, con l’occhialeria e la pelletteria sugli scudi (rispettivamente 12% e 10,2%).
Contemporaneamente è cresciuta anche l’occupazione, con 45.300 nuovi addetti (+14,1% sul 2014 e +1,7% sul 2017), per una forza lavoro totale di 366mila unità. Bene soprattutto la gioielleria (+32,7% sul 2014), la pelletteria (+24,6%) e la distribuzione (+22,6%).
Il settore moda italiano si conferma, infine, molto solido – come dimostra la bassa incidenza del debito finanziario sul capitale netto, il 34% nel 2018 -, e dotato di una forte liquidità, con il rapporto tra disponibilità e debiti finanziari pari al 79,4%.