
Giulio Bertola è stato eletto il 20 gennaio presidente di Confindustria Romania. Da tanti anni opera nel Paese: può presentarsi a chi ancora non la conosce? In quale settore opera, cosa l’ha portata in Romania, perché l’ha scelta per insediarsi?
Novembre 1997, è questa la data che ha segnato l’inizio della mia storia imprenditoriale in Romania. Sono arrivato in questo Paese per accompagnare un importante brand italiano del tessile, quindi per caso, per relazioni personali. Sono rimasto subito molto colpito da un territorio che presentava ancora le “ferite” della recente rivoluzione, ma allo stesso tempo trasmetteva la sensazione di un’enorme potenzialità. Ho seguito l’istinto: sono state le forti e continue difficoltà di allora ad esercitare su di me una grande attrazione. Ho aperto un piccolo ufficio nella capitale, Bucarest, e iniziato a “capire” il Paese e le persone.
La grande competenza nell’Information Tecnology mi ha spinto ad avviare il primo nucleo produttivo di sviluppatori e tecnici informatici, a cui si sono aggiunti gli ingegneri che reclutavo dall’industria aeronautica e dopo un’adeguata formazione convertivo in automotive. Così siamo diventati il primo e unico nucleo di ingegneria automotive della Romania di allora, 1999-2003, siamo arrivati a 150 persone e avevamo tra i nostri clienti le più grandi realtà del settore in Italia. Poi con l’arrivo di Sergio Marchionne in Fiat e gli sviluppi successivi ho scelto di capitalizzare questo ramo di azienda e cederlo ad un grande cliente.
Quindi mi sono concentrato su tecnologie specifiche e trasversali ai mercati di alta gamma, una scelta che mi ha permesso di diventare un’eccellenza in lavorazioni tecniche digitali. Oggi la mia azienda, ADV Communication ha 30 dipendenti specializzati, lavora con molti top brand mondiali del lusso, Made in Italy, e fornisce tutta la grafica digitale pre-stampa.
La costante presenza sul territorio e la fitta rete di relazioni mi hanno permesso di affiancare l’internazionalizzazione di importanti multinazionali italiane in Romania nell’energia, nei trasporti, nell’industria e, negli ultimi due anni, anche nella sanità, dove seguo un progetto di sviluppo del Sistema Mutualistico italiano.
Oltre 40mila imprese italiane si sono negli anni insediate in Romania, l’Italia è il principale Paese investitore: cosa le ha spinte?
Sin dagli anni ’70 gli imprenditori italiani hanno iniziato a delocalizzare le unità di produzione in Romania per meglio resistere alla concorrenza dei Paesi emergenti. Per rafforzare la loro competitività nell’industria hanno investito nelle zone dove la manodopera, le materie prime ed i prodotti intermedi erano a buon mercato, abbassando così i costi di produzione. Gli altri driver sono stati l’ingresso nei mercati dell’Est, la bassa tassazione sugli investimenti stranieri e la posizione di snodo commerciale del Paese.
Perché una piccola media impresa dovrebbe scegliere la Romania? Quali sono i vantaggi?
A differenza di quel che accadeva 25 anni fa, le piccole e medie imprese concentrano ora il loro insediamento nel terziario e nei servizi. Investire in Romania offre molteplici vantaggi: la collocazione strategica nell’Unione Europea, di cui è una porta d’ingresso, e la posizione tra i Balcani Occidentali e la Federazione Russa; l’essere uno dei principali mercati dell’Europa centro-orientale; la forza lavoro qualificata, con buona conoscenza delle lingue e padronanza delle tecnologie/attrezzature informatiche e costi di manodopera, pur in aumento, ancora relativamente contenuti; le risorse agricole, minerarie, idriche e il notevole potenziale energetico per la presenza di gas, shale gas e petrolio.
Sul fronte economico cito i fondi strutturali europei per la coesione che attraggono gli investimenti, la possibilità di ricorrere agli ‘aiuti di stato’, la tassazione favorevole, al 16% dell’utile e, per le micro-imprese (al di sotto il milione di euro) un’imposta sul fatturato che varia dall’1% al 3%. Altri vantaggi sono le privatizzazioni, la presenza di banche Italiane, il programmato ammodernamento della rete infrastrutturale e dei trasporti per adeguarla agli standard UE; le infrastrutture industriali sviluppate e la presenza di vie di navigazione fluviali e marittime.
Quali, se ci sono, gli ostacoli e le difficoltà che si possono incontrare?
La Romania incoraggia gli investimenti esteri e offre molti vantaggi, tuttavia le difficoltà di accesso ai finanziamenti (quasi sempre fondi europei) e la burocrazia statale, spesso lenta ed inefficiente, non facilitano l’inserimento nel mercato. Nove aziende su dieci ritengono che i principali problemi derivino dall’instabilità legislativa. Nonostante le misure mirate adottate dai diversi governi per migliorare l’ambiente imprenditoriale – dal rafforzamento dell’amministrazione fiscale all’aumento della trasparenza, dagli incentivi alla concorrenza, alla creazione delle strutture giuridiche per la risoluzione delle controversie – restano alcune criticità: il declino demografico e i ritardi nello sviluppo sociale, inclusa la difficile integrazione delle minoranze ungheresi e rom, una rete di trasporti obsoleta, lo stop alle privatizzazioni fra il 2015 e il 2016, la corruzione diffusa e il deterioramento dei conti pubblici.
Quali le possibili collaborazioni per le Pmi con i grandi player già insediati?
Per le Pmi che vogliono avviare il processo di internazionalizzazione esistono buone prospettive di connessione con questi grandi player. Confindustria Romania favorisce l’inserimento nel mercato e il partenariato tra le imprese, offrendo una dimensione di integrazione orizzontale e verticale, di contaminazione e crescita delle filiere produttive.
Confindustria Romania da anni supporta i professionisti e favorisce il dialogo tra Pmi e grande impresa, attraverso una serie di servizi qualificati. Un esempio è la recente creazione di un “Desk Easy Contact”, riservato agli associati, che prevede una procedura di acquisizione di informazioni relative alle aziende che desiderano proporsi e alle modalità di contatto e incontri, preventivamente concordate, con le grandi aziende che aderiranno.
Quella romena è una delle economie dell’Est che cresce più velocemente, quali le previsioni per il 2020?
Per il 2020, le proiezioni di crescita interne prevedono un aumento del Pil del 4,1% mentre la Commissione Ue stima un 3,7%, con un’inflazione attorno al 4%. Nel 2019 il tasso di disoccupazione è risultato pari al 3.8% e l’occupazione è aumentata. Il salario medio lordo nominale è pari a 5090 RON (circa 1.070 euro), quello medio netto nominale è salito del 14.6% per 3116 RON totali (circa 654 euro). Il valore più alto si registra nel settore programmazione, consulenza e attività collegate (inclusi i servizi informatici) per un totale di 7.118 RON (circa 1.500 euro). I salari più bassi, invece, sono quelli della manifattura, pari a 1.801 RON (circa 380 euro).
Quali i settori con le migliori opportunità?
Grazie alle opportunità dischiuse dai fondi europei, dai programmi di privatizzazione, dal buon tessuto industriale, moltissimi sono i settori strategici che nei prossimi anni potrebbero favorire un ulteriore consolidamento della presenza imprenditoriale italiana. Vediamoli uno per uno.
Il settore agro- industriale costituisce un asset strategico per il Paese e per gli investitori attenti a fattori diversificati, quali: la buona qualità del terreno, il costo particolarmente contenuto, la possibilità di accedere ai fondi Ue e le opportunità della PAC 2014-2020. Il governo punta alla ristrutturazione delle Pmi agricole, all’ammodernamento del sistema di irrigazione e allo sviluppo dei servizi quali l’agro-processing, la “catena del freddo” e il packaging. L’Italia è al primo posto nella classifica dei Paesi investitori in terreni agricoli romeni, con quasi il 30% della superficie agricola detenuta da stranieri, seguita da Germania e Paesi Arabi.
Nel 2015, il Governo ha adottato un Master Plan Generale dei Trasporti che prevede la costruzione e l’ammodernamento delle infrastrutture terrestri, ferroviarie, navali e aeree entro il 2030. Negli ultimi anni l’industria ha mostrato maggiore dinamicità, con risultati rilevanti nell’automotive, nella lavorazione dei metalli, nella produzione di motori elettrici e negli impianti petroliferi ed energetici. Gli investimenti italiani hanno fornito un contributo eccezionale alla crescita del Paese, all’inizio grazie all’impegno delle Pmi che hanno svolto un ruolo pionieristico. Infine, numerose aziende italiane hanno investito nell’energia, nel campo delle rinnovabili, per oltre 6 miliardi di euro.
Le catene logistiche mondiali si accorciano e si registrano casi di reshoring: è un fenomeno che interessa anche la Romania? Se sì, in quali settori e perché?
Alcune imprese italiane, deluse dalla globalizzazione, hanno abbandonato le loro sedi oltreconfine. Secondo il report Reshoring in Europe 2015-2018 di Eurofound, l’Italia è seconda nella classifica del contro-esodo. Il reshoring appare in crescita (anche se non ci sono sostegni di nessun genere al rientro) ed interessa il tessile, l’abbigliamento, l’arredamento, l’elettronica, l’automotive e i trasporti. Le ragioni sono molteplici: la riorganizzazione globale delle imprese, l’aumento dei costi di produzione all’estero, un’attenzione maggiore verso i bisogni del cliente, i tempi lunghi delle consegne, le norme sulla sicurezza UE che impongono l’indicazione dell’origine di tutte le merci, la rinnovata spinta per la qualità e la ritrovata forza del Made in Italy.
Nel suo discorso di insediamento ha parlato delle priorità per Confindustria Romania, vuole spiegare quali sono?
In questi 36 mesi di mandato attiverò tutte le azioni contenute nel mio Programma, a partire dal contrasto alla mancanza di manodopera. È un tema drammatico, non solo qui ma in gran parte dell’Est Europa. Nazioni Unite e Banca Mondiale, hanno effettuato uno studio sullo spopolamento, esaminando il periodo tra il 1989 e il 2050, da cui emerge che proprio la Romania rischia un triste primato, ovvero il secondo posto per spopolamento, con una previsione sul calo della popolazione di oltre il -30%, pari a circa 6,5 milioni di abitanti in meno: abbiamo chiesto al Governo di non sottovalutare questo fenomeno che pare inarrestabile. Sulla mancanza di manodopera è indispensabile aprire in tempi brevi un tavolo di confronto, oltre che con il Governo, con i Patronati, le altre Associazioni romene e con i principali sindacati.
Un altro tema di rilievo, complementare alla carenza di manodopera, è l’interazione costante con le Università romene, perché giocano un ruolo molto importante, contribuendo a fornire le professionalità più richieste. La prima area di azione sarà la Regione della Moldova, la meno industrializzata del Paese: la capitale, Iasi, è la seconda città della Romania, ha 380.000 residenti e oltre 200.000 studenti, si presta quindi a diventare un “incubatore di menti” e noi intendiamo coinvolgere le due principali Università.
Pensiamo poi all’Economia circolare, 3mila miliardi di dollari nel mondo il valore stimato, 88 miliardi solo in Italia. Il nostro Paese detiene il primato assoluto, è il più virtuoso della Comunità Europea, con una percentuale di riciclo del 50% in moltissimi settori: ferro, carta, rifiuti, energia elettrica, riciclo delle materie prime, come la plastica. Siamo stati i primi a partire, ancora negli anni ’90, con carta, cartone e acciaio. Quale migliore partner per la Romania, se non l’Italia? Per questo ho lanciato l’idea di un forte ed innovativo partenariato industriale Italia-Romania sull’economia circolare, imprese italiane, imprese rumene e Istituzioni rumene. Possiamo mettere il nostro know how a servizio del Paese che ci ospita per portarlo in una nuova dimensione di economia circolare e quindi sostenibile, la nuova frontiera per ogni uomo ancor prima che per ogni imprenditore.
Infine, ritengo importante il coinvolgimento di Confindustria Romania nella cultura. Possiamo pensare in grande, abbiamo il know how per farlo. Lavoreremo su Timisoara 2021 Capitale europea della cultura: per la Romania è la seconda volta dopo Sibiu 2007. All’epoca il Sistema Italia partecipò con un programma tutto italiano.
Quali risultati si propone di raggiungere a fine mandato?
Prima di tutto rafforzare il dialogo tra le Pmi e le grandi industrie associate, poi aprire un numero maggiore di Delegazioni Territoriali, dalle attuali 3 ad almeno 12: poiché il Paese è poco collegato dobbiamo portare Confindustria sul territorio in modo più capillare. Come ho già spiegato individuare una parziale soluzione alla mancanza di manodopera attraverso una progettualità innovativa. La sanità è un’altra questione cruciale per chi vive qui, come manager, imprenditore o cittadino: per garantire un accesso agevolato a cure mediche di qualità e contribuire a sostenere la sanità pubblica mi propongo di introdurre la sanità integrativa attraverso la best practice italiana del Terzo settore, no profit, secondo i principi delineati dalla cultura mutualistica.
Vorrei anche rafforzare il nostro peso al Tavolo del dialogo sociale, attraverso nuove alleanze: considero elemento d’indirizzo associativo il prediligere alleanze in Romania, tenendo conto della visione europea di Confindustria. A questo proposito ricordo le strette alleanze con il BDI tedesco e il MEDEF Francese, ambedue parte di Business Europe.
Da ultimo vorrei lasciare a chi mi succederà una Confindustria Romania con un’identità più autorevole, in cui gli associati abbiano un maggiore senso di appartenenza avendo ricevuto più sostegno e, nello stesso tempo, siano anche più sensibili all’indispensabile ruolo che svolge nel Paese.