Un’immagine, una semplice fotografia sintetizza in maniera più che esaustiva il senso del biennale di Venezia: il presidente Baban, il past presidente Boccia, la presidente della PI di Venezia Lunardelli e tutta la squadra di presidenza nazionale unitamente ad altri partecipanti al convegno, uniti sul palco a cantare l’inno nazionale. In questa immagine è racchiusa la cifra e il messaggio che la Piccola Industria di Confindustria ha voluto dare a se stessa e al Paese, un messaggio che va oltre l’impresa e che in un momento come questo racchiude in sé: valori, contenuti e obiettivi per un rilancio competitivo del nostro sistema industriale e dell’intera nazione.
A fronte di timidi segnali, più congiunturali che strutturali, abbiamo ribadito a Venezia ancora una volta inequivocabilmente, che la ripresa si può agganciare, a patto di avere il coraggio di intraprendere la strada delle riforme, ma soprattutto si può e si deve cogliere attraverso un cambio di passo di tutta la classe imprenditoriale che, consapevole delle proprie capacità e risorse e dei propri valori, deve compiere un decisivo salto culturale per proiettarsi verso la competizione globale, investendo sul coraggio dell’innovazione, sulla formazione continua delle risorse umane, sulla ricerca.
Per poter fare ciò dobbiamo saper innanzitutto guardare oltre le nostre imprese e oltre noi stessi, dobbiamo crescere e acquisire le ottimali dimensioni competitive; dobbiamo cioè aprirci ai mercati per acquisire nuovi capitali e investirli nello sviluppo. Mai come oggi dobbiamo quindi non aver paura di crescere seppur grazie a competenze e capitali esterni; ciò si potrà verificare solo attraverso un cambio di mentalità, per quanto doloroso, guarendo una volta per tutte da quella che più volte è stata non a caso definita «la sindrome del 51%».
Solo in questo modo, cioè contaminandoci attraverso aggregazioni intelligenti e sostenibili, rendendoci disponibili ad aprire il capitale delle nostre aziende a nuovi investitori, acquisendo necessarie e imprescindibili managerialità e competenze, sarà possibile raggiungere le dimensioni necessarie per competere sui mercati globali. Mercati che mai come in questo momento sono così vicini, come ci sta dimostrando la recente apertura di Expo Milano, grazie alla costante attrattiva del made in Italy e in relazione allo sviluppo delle reti che stanno rivoluzionando dinamiche di marketing, commerciali e distributive.
Dobbiamo dunque andare oltre noi stessi e le convinzioni stratificate nel tempo, spesso veri tabù, sempre più consci che l’impresa, seppur “nostra”, in quanto fondata da noi o dai nostri predecessori, non è un bene che necessariamente si deve tramandare come un immobile di padre in figlio, ma è una realtà viva e in continuo sviluppo ed è un asset che coinvolge la vita, il benessere, le aspettative non solo nostre e di tutti coloro che a vario titolo ci lavorano, ma di intere comunità. Proprio in una visione di responsabilità sociale, di sostenibilità e di attenzione alla comunità, aspetti che ancor più ci vengono ricordati dai valori che Expo stessa ha fatto propri, dobbiamo quindi sentirci coinvolti in una visione che ci aiuti a portare lo sguardo oltre le imprese, sempre tenendoci ancorati a quelle profonde radici di valori dei quali come imprenditori dobbiamo farci portatori e paladini.
Sempre di più quindi, come imprenditori delle piccole imprese, dovremo ritrovarci intorno ad un insieme di valori e di contenuti, che ci possano dotare di una comune anima e un comune sentire, per crescere insieme ed essere sempre più preparati e competitivi in vista delle difficili sfide di domani. Expo ha aperto con grandi attese e con un impegno, almeno sulla carta, di grande portata: andare oltre noi stessi impegnandoci a lavorare per un mondo più equo e sostenibile. In tale direzione molto potranno fare gli imprenditori e in particolare i grandi imprenditori delle Piccole Imprese, con un rinnovato e più vivo senso di responsabilità verso le proprie comunità di riferimento e verso le comunità più grandi, incominciando dal nostro Paese.