Dopo una caldissima estate, connotata da una campagna elettorale altrettanto calda, siamo giunti ad un autunno tra i più difficili che questo Paese abbia mai vissuto.
Il numero è andato in stampa prima della formazione del nuovo governo. Le urne hanno decretato i vincitori e la legge elettorale ha identificato una maggioranza importante, che dovrebbe consentire un governo forte e deciso nell’azione. Da sempre Confindustria non giudica secondo preferenze politiche, ma valuta con rigore i provvedimenti. Senza sconti per nessuno.
Il presidente Bonomi da tempo sottolinea che c’è un’emergenza nazionale che riguarda la sopravvivenza delle imprese. Due anni di Covid-19 – il primo passato a cercare un vaccino e a contenere un numero di casi in Italia tra i più alti al mondo, il secondo trascorso alla ricerca di un efficiente sistema di distribuzione alla popolazione – hanno lasciato un debito pubblico più elevato, oltre che mancati redditi per famiglie e imprese, calo dei consumi e crescita significativa dei costi di sostegno al reddito.
Le nostre imprese hanno registrato un aumento elevatissimo del costo di materie prime, trasporti e logistica: i container venduti all’asta sono ben presenti nella nostra memoria. Il nodo materie prime ha anche evidenziato come il commercio mondiale ma soprattutto europeo, e in particolare di un paese trasformatore come l’Italia, dipenda ancora molto dalla Cina.
Successivamente la guerra fra Russia e Ucraina ha amplificato l’aumento dei costi energetici, già innescato dalla ripresa post-Covid. Per le nostre imprese, non solo quelle energivore, l’aumento ha raggiunto livelli insostenibili. Molte aziende hanno già messo in Cig i dipendenti e chiuso gli stabilimenti: non per mancanza di ordini ma per l’impossibilità di pagare le bollette.
Il quadro è drammatico: la proposta di Draghi sul tetto al prezzo del gas è ancora in attesa di essere approvata ed è osteggiata da alcuni paesi. Nel frattempo, le ricette messe in campo da Francia e Germania sono per noi impraticabili e creano un gap competitivo notevole: da un lato, infatti, non potremo impegnare le stesse risorse che Berlino ha deciso di stanziare a favore del suo sistema produttivo, dall’altro non potremo applicare le condizioni di miglior favore che Parigi ha riservato alle sue imprese grazie alla produzione di energia elettrica dalle sue centrali nucleari.
Il governo Draghi ha tolto vincoli autorizzativi agli impianti fotovoltaici al di sotto dei 200 kw, ma i Comuni con la loro autonomia spesso ne impediscono la realizzazione. Al contempo i rigassificatori non possono essere ostaggio di una piccola fetta di popolazione rispetto all’interesse generale. A nostro avviso, però, il tempo del “particulare” guicciardiniano è finito. Senza imprese non ci sono né ricchezza né posti di lavoro da distribuire. Ne va del futuro del Paese.
(Articolo pubblicato sul numero di ottobre 2022 dell’Imprenditore)