
Il Consiglio europeo di ottobre si è concluso venerdì scorso dopo ore di negoziato caratterizzate da un inedito scontro tra Francia e Germania sulle misure da prendere a livello europeo per mitigare l’effetto degli aumenti del prezzo dell’energia. Berlino e Parigi sono ancora in disaccordo sulla risposta europea alla crisi energetica, con Macron favorevole alle misure per limitare i prezzi del gas e Scholtz che invita alla cautela. I due leader, di comune accordo, hanno rinviato a gennaio un importante vertice bilaterale.
Francia e Italia, insieme ad un numero consistente di paesi, si sono spese per chiedere misure d’autorità sul mercato per limitare il forte aumento del prezzo del gas, come l’introduzione di un price cap, un riforma del mercato elettrico, con la separazione fra mercato del gas e mercato dell’elettricita (cosiddetto disaccoppiamento, decoupling), e la creazione di un fondo ad hoc, sul modello SURE varato dalla Commissione in pandemia per far fronte alla disoccupazione, finanziato con l’emissione di debito comune da parte della Commissione: prestiti ma con il vantaggio di un’emissione con tripla A.
Sul fronte opposto, Germania e Paesi Bassi, sostenuti dagli scandinavi e, sul price cap, dall’Ungheria, hanno espresso contrarietà per eventuali interventi sul mercato e provato quindi a neutralizzare queste richieste con la motivazione che tali misure rischiano di far aumentare la domanda o, peggio, di far calare l’offerta. Sullo sfondo, tra questi due fronti, la questione di chi dovrebbe pagare l’eventuale differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo amministrato e, in mezzo, la Commissione che ha cercato fino all’ultimo una via di compromesso in grado di non scontentare Berlino.
Il negoziato, protrattosi fino alle due di notte, ha portato ad un accordo che rappresenta un grande classico delle Conclusioni: il mandato alla Commissione per presentare proposte, tenendo conto del loro eventuale impatto, in particolare sui contratti esistenti e su quelli a lungo termine, e della diversità dei mix energetici e delle specificità nazionali.
Tra le proposte da esplorare, oltre a un meccanismo di correzione urgente dei prezzi del gas sul mercato, il cosiddetto “corridoio dinamico temporaneo dei prezzi sulle transazioni di gas naturale”, vi è anche una piattaforma di acquisti comuni (volontaria ma obbligatoria per una quota del 15% del volume totale degli stoccaggi in Europa), un nuovo benchmark complementare al TTF olandese entro il 2023 e il blocco del prezzo dell’idrocarburo quando viene usato per produrre elettricità, come attualmente avviene in Spagna e in Portogallo. Questa opzione piace a Parigi e a Roma, ma è malvista da Berlino e da altre capitali del Nord Europa.
Nelle Conclusioni si trova poi un riferimento alla riforma del mercato elettrico, anche se non è esplicitato il cosiddetto disaccoppiamento del mercato dell’elettricità da quello del gas per la netta contrarietà della Germania e dei Paesi Bassi. Infine, nonostante le ripetute richieste, nelle Conclusioni non si trova nessun riferimento al fondo comune ad hoc per finanziare misure di mitigazione ai costi energetici, ma il Consiglio europeo si impegna a coordinare strettamente le risposte politiche tra gli Stati membri per raggiungere gli obiettivi in modo unitario: una formula sufficientemente vaga che permetterà ai paesi favorevoli alla soluzione del debito comune di continuare a premere in questa direzione.
Tutti ottengono un po’ e il processo è solo all’inizio, tanto è vero che mentre la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha parlato di “un’ottima e solida tabella di marcia”, il presidente del Consiglio Charles Michel si è limitato a definirla “una lista di misure su cui si lavorerà ancora” e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, sostenuto dalla presidenza di turno ceca, ha evocato invece una ulteriore riunione del Consiglio europeo a novembre, dopo il Consiglio Energia, per provare a risolvere la questione e chiudere il pacchetto. Intanto, già domani, 25 ottobre, i ministri dell’Energia saranno chiamati a impostare i lavori sulla base delle Conclusioni adottate.
Per quanto riguarda il capitolo delle relazioni esterne e, in particolare, le discussioni sull’Ucraina, il vertice ha ospitato in videocollegamento il presidente Zelenskyj, particolarmente preoccupato per le minacce russe alle sue infrastrutture energetiche. Riaffermando il pieno sostegno alle azioni del presidente ucraino e sempre nell’ottica di isolare e fermare Putin, il Consiglio europeo, da un lato, ha minacciato ulteriori sanzioni contro la Bielorussia per la sua collaborazione con l’esercito russo e, dall’altro, condannato il sostegno militare alla guerra di aggressione russa fornito dalle autorità iraniane, confermando le sanzioni contro Teheran adottate giovedì 20 ottobre. Infine, imputando a Mosca la responsabilità della crisi alimentare globale, ha chiarito che le sanzioni contro la Russia non vietano in alcun modo l’esportazione di prodotti agricoli e alimentari.
(Per la foto in alto, copyright European Union)