Tra le alpi Giulie e le Carniche, Moggio Udinese (Ud) ospita la Art Cart, azienda giovane oltre che particolarmente dinamica e sostenibile, specializzata a partire dal 2003 nella produzione di carte politenate. La Pmi friulana – 6 milioni di euro di fatturato nel 2020 a fronte di 23 dipendenti – è in grado di fornire alla propria clientela un’ampia gamma di prodotti cartacei non solo per l’imballaggio, ma pure per l’industriale e l’alimentare.
E proprio in quest’ultimo settore, la Art Cart si è meritatamente conquistata il proscenio internazionale essendo riuscita a mettere in commercio la carta per alimenti più sottile al mondo. “Una carta 100% riciclabile, ecosostenibile ed anche compostabile. Inoltre, la costruzione di biopolimeri direttamente nei nostri stabilimenti, sommata alla riduzione dello spessore della carta a 12 micron – spiega Carlo Tavella, presidente del consiglio di amministrazione – ci consente di diminuire di molto i costi di trasporto, facendo decrescere di conseguenza le emissioni di anidride carbonica nell’ambiente”.
A fine 2008, dopo investimenti non indifferenti oltretutto in un frangente storico certamente poco favorevole, l’azienda di Moggio Udinese ha poi fatto un notevole passo in avanti. “Il 99% della nostra attività a quel tempo era nel packaging alimentare e la scelta di prendere un rischio, per noi calcolato, non è stata comunque semplice da far digerire agli istituti di credito a cui abbiamo bussato. Per fortuna è andato tutto bene e questo sforzo in seguito ci ha permesso non solo di conquistare quelle fette di mercato che sapevamo potessero diventare nostre, ma anche di raddoppiare il numero di persone impiegate alla Art Cart – conferma Tavella –. L’impianto tecnologicamente avanzato sul quale abbiamo investito è capace di lavorare a caldo su tutte le ventiquattro ore della giornata. E si ferma soltanto due volte l’anno: ad agosto e Natale”.
Un impegno giornaliero che ha consentito all’azienda friulana di non patire eccessivamente gli effetti generati dal Covid-19. Nell’anno passato, infatti, il fatturato di Art Cart ha registrato una contrazione accettabile, un 8% lontano dalle perdite estremamente più marcate toccate a molte altre imprese italiane. “Abbiamo dovuto abbandonare mercati in cui i grossi gruppi la fanno da padrone non lasciandoci alcuna possibilità di competere – chiarisce Tavella –. Noi ci dedichiamo a specialità, concentrando gli investimenti, in particolare nel corso dei due anni passati, sullo sviluppo di prodotti alternativi alla plastica. E nel futuro prossimo proveremo così a sostituire almeno una quota parte dei materiali in plastica utilizzati normalmente con i biopolimeri che stiamo testando”.
Un processo di trasformazione green in cui Art Cart crede molto, ma che non può essere fisiologicamente semplice da portare a compimento in tempi brevi. “Questo perché è tutta la filiera che deve riequilibrarsi nell’uso di altri prodotti. Piaccia o no, insomma, l’ambiente deve necessariamente avere la priorità”. E su questo argomento i vertici della Pmi con base a Moggio Udinese hanno idee molto precise. “Beh, non è un segreto che la cura del pianeta in cui viviamo diventerà uno dei nostri principali obiettivi nei prossimi anni – sottolinea Tavella –. Abbiamo infatti investito tempo e denari per proporre al mercato un accoppiato che sommi il biodegradabile al riciclabile, il tutto senza utilizzare alcun tipo di plastica. Oltretutto Art Cart è un’azienda in cui l’età media è tra i 30 e i 35, ed in più siamo in montagna e in mezzo ai boschi. Perciò qui da noi questi temi sono ancora più sentiti”.
Intanto Art Cart continua a curare anche l’internazionalizzazione dei propri prodotti, principalmente in due maniere. “Direttamente nei paesi dell’Est, Slovenia, Polonia, ma anche in Francia, Belgio e Olanda, mentre, in modo indiretto collaboriamo con alcune imprese italiane di trading che esportano nei paesi extraeuropei. Al momento, purtroppo un settore in crisi, considerato per esempio che il costo di spedizione di un container verso il Sud America è passato in sei mesi da 1.600 a 7.000 euro. E così parecchie commesse sono andate perdute”.