
Come era prevedibile, per le aziende di Piccola Industria di Confindustria Siracusa il mese di aprile ha visto aumentare le difficoltà che si erano già evidenziate a marzo: l’epidemia di coronavirus e l’emergenza sanitaria che ha indotto hanno reso ancora più complicata la loro vita. A pesare negativamente sono stati il calo della produttività in tutti i settori – e in particolare nel turismo, nell’edilizia e in parte nella metalmeccanica, mentre il terziario innovativo ha resistito meglio – e il massiccio ricorso all’uso della cassa integrazione.
Tra i pochi elementi positivi, da ascrivere alla capacità di reazione degli imprenditori siracusani, l’utilizzo dello smart working per i dipendenti che hanno potuto rimanere al lavoro, scelta che ha permesso a molte aziende di testare questa innovativa modalità di lavoro e di sperimentarne l’efficacia, in alcuni casi anche registrando un aumento della produttività, e l’abilità delle aziende di adeguarsi ai protocolli di sicurezza a prescindere dalle dimensioni.
Sono questi i principali risultati della seconda indagine conoscitiva di Piccola Industria, in collaborazione con i presidenti di sezione, condotta tra le Pmi associate a Confindustria Siracusa delle diverse categorie merceologiche per valutare l’impatto dell’epidemia, indagine effettuata tra il 28 aprile e il 4 maggio.

SEBASTIANO BONGIOVANNI
“Dai dati dell’indagine, ma soprattutto dai suggerimenti che abbiamo chiesto alle aziende, emerge in maniera chiara che gli interventi economici previsti dal Governo non soddisfano le esigenze e le aspettative degli imprenditori – questo il commento del presidente di Piccola Industria Confindustria Siracusa, Sebastiano Bongiovanni – che chiedono una disponibilità di liquidità immediata realizzabile solo con il differimento del pagamento di oneri previdenziali e tasse e successivamente da rimborsare in modalità e tempi compatibili con la ripresa economica, e non certamente in pochi mesi”.
Dopo aver sottolineato la grande sensibilità mostrata da molte aziende nell’aver anticipato la cassa integrazione ai dipendenti, Bongiovanni chiede un sostegno con un contributo a fondo perduto perché “la perdita di produttività, e quindi di fatturato, possono essere ammortizzati solo parzialmente, soprattutto per le piccole imprese, con l’ausilio della cassa, in quanto costi fissi e una parte dei variabili restano in bilancio”. Sempre a fondo perduto viene richiesto un contributo per abbattere gli oneri previdenziali e salvaguardare così i livelli occupazionali e sostenere la domanda interna.
Non convincono neppure le misure per il credito con le garanzie statali: le imprese non vogliono indebitarsi per affrontare una crisi che non dipende da loro mentre con le banche si riscontrano lungaggini burocratiche e tassi d’interesse poco convenienti. “Per rendere appetibile questa modalità d’accesso al credito – conclude il presidente – sarebbe auspicabile l’azzeramento del costo degli interessi o la copertura del finanziamento con una quota a fondo perduto”.
Entrando più nel dettaglio dell’indagine, l’epidemia ha inciso negativamente per l’88,5% delle imprese, il 34,6% ha dovuto chiudere l’attività, il 92,3% ha avuto un calo di produzione – al 50% tra il 70 e il 100% delle aziende e fino al 20% per il 20,8% delle aziende – mentre il 90,2% prevede una riduzione anche per maggio e giugno. Ancora, il 53,8% degli intervistati ha segnalato problemi di approvvigionamento dei materiali.
Venendo allo smart working, il 73,1% delle aziende l’ha utilizzato: il 10,5% per il 90-100% del personale, il 18,4% per il 70-80%, il 13,2% per il 50-60%, il 21,1% per il 30-40% e oltre un terzo, il 36,8% fino al 20% del personale. Alla cassa integrazione ha fatto ricorso il 76% delle imprese, di cui quasi l’80% per oltre la metà della forza lavoro; il 69,2% la utilizzerà anche a maggio.
Per quel che riguarda la liquidità il 51,9% risponde di aver avuto problemi e il 30,8% di avere scontato difficoltà di accesso al credito; meno di un terzo, il 32%, ha richiesto alle banche di usufruire delle misure finanziarie a sostegno previste nel decreto Cura Italia e nel decreto liquidità.
Per ultimo arriva il giudizio delle Pmi di Siracusa che hanno partecipato all’indagine sui provvedimenti varati fino al 4 maggio dal governo (escluso quindi il Decreto Rilancio). Un terzo, il 33,3%, li giudica utili, un quarto per niente utili e il 41,2% poco utili.
Tra le misure proposte dagli intervistati si segnala con forza la necessità di sbloccare gli investimenti pubblici e privati, anche in deroga alle regole vigenti, così da consentire la ripartenza veloce dei cantieri.
A fine maggio l’indagine verrà riproposta per mantenere aggiornato il quadro della situazione a Siracusa.