
Da dicembre la nuova squadra di presidenza guidata da Giovanni Baroni è al lavoro e molto ce ne aspetta vista la congiuntura che stiamo vivendo. Ma prima di iniziare un ringraziamento di cuore va a Carlo Robiglio e alla sua squadra, che hanno lavorato in un contesto senza precedenti, nel mare in burrasca di una pandemia mondiale. Da parte mia un grazie non formale va a Stefano Zapponini, che mi ha preceduto alla direzione dell’Imprenditore: sempre attento nel sottolineare i temi di interesse per le Pmi e le relative evoluzioni.
E di evoluzioni ne abbiamo viste tante anche in questi mesi. Se fossimo in un film, il titolo potrebbe essere “Dalla pandemia alla crisi energetica”. Ma non è un film e la memoria è intatta. Due anni fa si cominciava a parlare di Covid-19, sembrava un evento circoscritto e geograficamente lontano, ma in poco tempo tutti noi ne abbiamo pagato conseguenze salatissime e alcuni anche molto dolorose, se si pensa alle oltre 130mila vittime nel nostro Paese.
Per le imprese italiane il blocco completo per le attività non essenziali, la mancanza di mascherine, il succedersi di norme sempre complesse da interpretare, il tutto mentre la ricerca mondiale del settore farmaceutico compiva sforzi straordinari per arrivare al vaccino in poco più di un anno. E quando i numeri della campagna vaccinale sono diventati importanti, le aziende italiane non sono state a guardare ma sono ripartite, a volte e in alcuni settori con numeri migliori del pre-Covid.
E dopo? L’impennata dei costi delle materie prime, che nel nostro Paese essenzialmente manufatturiero ha messo in ginocchio molti settori. E adesso? Una crisi energetica che colpisce l’Europa e soprattutto l’Italia, che paga decenni di mancata programmazione energetica, ideologie sterili e referendum inutili perché le scelte sull’energia hanno bisogno di una visione ampia e di una progettazione che non può essere fatta dal cittadino ma dalla politica, che deve avere una visione prospettica fuori da facili ritorni elettorali.
L’impatto è stato violento sui conti delle nostre aziende, non solo quelle energivore. Ad esempio, il settore agroalimentare è bloccato in contratti che la grande distribuzione non è disposta a rivedere e non riesce a riversare i maggiori costi sui prodotti finali.
Nel dibattito pubblico il tema del sostegno alle famiglie, pur importante, sembra avere totalmente assorbito l’attenzione rispetto al sostegno alle imprese, che esportano in tutto il mondo sopportando da anni un costo dell’energia già tra i più alti al mondo prima di questa crisi. E allora ho ripensato ad una frase che, parafrasando quanto disse Angelo Costa nel dopoguerra, divenne uno slogan nella mia terra, l’Emilia Romagna, dopo il terremoto del 2012: prima il lavoro, poi le scuole e poi le case. Perché sostenere l’economia significa sostenere posti di lavoro, stipendi e benessere condiviso per tutti.
(Articolo pubblicato sul numero di febbraio dell’Imprenditore)