
“Agiamo insieme per una cultura positiva della salute e sicurezza”. Questo il tema proposto dall’Organizzazione internazionale del lavoro per la “Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro 2022”. “Lavorare insieme” quindi in azienda e fuori dall’azienda, costruire e rafforzare la prevenzione con un impegno e obiettivo comune di datori di lavoro e lavoratori, aziende e istituzioni.
Il lavoro condotto a livello europeo, nel Comitato consultivo salute e sicurezza della Commissione europea, organo tripartito, va proprio in questa direzione. Nel merito, il principale intento delle imprese è un sempre maggiore innalzamento del livello di sicurezza, che passa attraverso diverse azioni: la dotazione di un sistema normativo semplice ed efficace, una accurata analisi dei dati, un approccio condiviso, ed una forte azione culturale “positiva” che porti a considerare la sicurezza un valore e non solo adempimenti.

PIERANGELO ALBINI
L’azione di Confindustria ha avuto proprio questi obiettivi nei lavori di definizione dei numerosi pareri elaborati dal Comitato consultivo, negli ultimi anni. I pareri sono stati presi a riferimento dalla Commissione per la modifica delle direttive – tra le altre – in materia di agenti chimici, cancerogeni/mutageni, dispositivi di protezione individuali, agenti biologici, macchine e nella elaborazione di guidelines di supporto all’attuazione delle direttive, come quelle sulla segnaletica sul lavoro.
Confindustria è quindi fortemente impegnata in questa azione di aggiornamento del quadro normativo, che ha portato dal 2017 alla pubblicazione di oltre 8 direttive, al fine di renderlo sempre più semplice, coerente con lo sviluppo tecnologico in atto, ed efficace per le imprese. Numerosi, inoltre, i lavori in corso, ad esempio, per l’aggiornamento delle direttive in materia di luoghi di lavoro, macchine, amianto e videoterminali.
I rilevanti temi che si stanno affrontando sono legati ai tanti cambiamenti che impattano direttamente sulle modalità di lavoro, a partire dalla definizione stessa di luogo di lavoro, che richiedono ancora importanti approfondimenti su aspetti applicativi, da un lato per non ampliare impropriamente gli obblighi del datore di lavoro in confini che non può governare e, dall’altro, per tutelare la salute e sicurezza del lavoratore.
Fondamentale che si miri soprattutto ad un adeguamento tecnico e che vengano effettuate, dove previsto, le relative valutazioni di impatto, tenendo conto delle evidenze scientifiche e della fattibilità delle proposte. Vanno analizzati i cambiamenti in atto nella società, individuando i rischi emergenti e valorizzando opportunità e potenzialità positive in termini di miglioramento delle condizioni di lavoro (es. digitalizzazione, intelligenza artificiale).
“Negli ultimi trent’anni sono stati compiuti progressi significativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro: tra il 1994 e il 2018 gli infortuni mortali sul lavoro nell’UE sono diminuiti di circa il 70%”, si legge nel quadro strategico 2021-2027 pubblicato dalla Commissione europea e un ruolo sostanziale lo ha avuto proprio il sistema di salute e sicurezza sul lavoro dell’Ue.
“Due fattori contribuiscono a spiegare i risultati dell’approccio dell’UE in materia – si legge ancora nel quadro strategico – (…) in primo luogo, il sistema normativo avanzato sviluppato dall’UE e dagli Stati membri al fine di stabilire le misure preventive e protettive per far fronte ai rischi professionali. In secondo luogo, il fatto che esso si basi su un approccio tripartito secondo il quale i lavoratori, i datori di lavoro e i governi sono strettamente coinvolti nello sviluppo e nell’attuazione di tali misure in materia di salute e sicurezza a livello nazionale e dell’UE”.
L’iter di definizione delle direttive, con un approccio tripartito ed un percorso condiviso e approfondito di studio, analisi e confronto delle esperienze nazionali, garantisce la loro efficacia. È indispensabile, quindi, tenerne conto, in fase di trasposizione a livello nazionale per non creare condizioni di svantaggio competitivo per le imprese nel confronto con gli altri partner europei.
Elemento indispensabile, infine, è costituito dall’analisi dei dati infortunistici. “La ricerca e la raccolta di dati, a livello sia dell’UE che nazionale, costituiscono un prerequisito per la prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro” – si legge ancora nel quadro strategico – e l’importanza di tali dati è sottolineata anche nella recente relazione intermedia della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia: “Per affrontare un tema così delicato e di forte impatto sociale ed economico è necessario disporre di dati e di modelli ‘consistenti’ anche per ottenere stime ‘robuste’. (…) Questo vale sia per la valutazione del problema a livello di Paese, sia per disporre di dati e stime confrontabili tra Paesi”.
Già precedentemente la Commissione europea aveva affermato che “se si vogliono sviluppare politiche che siano basate su dati comprovati, è importante raccogliere dati statistici affidabili, tempestivi e comparabili sugli infortuni e le malattie legati al lavoro, le esposizioni professionali e la cattiva salute connessa al lavoro, e analizzare costi e benefici in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.
Molte sono infatti le informazioni che emergono dall’analisi dei dati, che deve essere sempre più approfondita e specifica, per poter capire meglio comprendere cause, tipologia di azienda e settori coinvolti.
Concludo con una parola: cambiamento. È indispensabile ampliare il campo di azione rivolgendosi a tutte le componenti della società e andando ben oltre il luogo di lavoro; rivedere insieme gli obiettivi, le priorità e i metodi di lavoro per adattare le strategie all’evoluzione dei modelli di lavoro e ai rischi nuovi ed emergenti.
Sede privilegiata del cambiamento è la scuola, dove sarà necessario insegnare a fare prevenzione insistendo ad ogni livello educativo, creando così una cultura davvero duratura e positiva.