“La Toscana rischia di pagare un prezzo molto alto alla crisi ucraina. Se guardiamo solo all’energia, da una stima del nostro Centro Studi, i costi per la nostra manifattura potrebbero arrivare a circa 3,5 miliardi di euro in più annui rispetto al 2019. E se il trend di crescita dei costi resterà quello attuale, il conto potrà essere anche più salato. C’è molta preoccupazione per la tenuta dell’industria toscana, a prescindere da settori e dimensioni d’impresa”. La previsione tracciata da Stefano Gabbrielli, presidente di Piccola Industria Confindustria Toscana, non si discosta molto da quelle già registrate in altre regioni nel corso della roadmap di ascolto dei territori. Il tour lanciato dal presidente di Piccola Industria Giovanni Baroni fa tappa il 29 aprile a Pisa e punta a cogliere gli umori e le preoccupazioni degli imprenditori toscani, stimolandoli al contempo a fare proposte in vista delle Assise di Piccola Industria del 17 giugno.
La situazione è complessa e vede praticamente congelati i primi segnali di ripresa che il tessuto imprenditoriale stava riscontrando dopo due anni di pandemia. “Le imprese avevano ricominciato a crescere in termini di export – si legge in una nota dell’associazione – recuperando sia rispetto al 2020 (+16%), che rispetto al 2019 (+10%). Anche la demografia imprenditoriale era tornata ad essere un po’ più vivace, con un tasso di natalità quasi ai livelli del 2019 e un tasso di mortalità sensibilmente abbassato”.
Il problema del rincaro delle commodity, tuttavia, si era imposto già nel 2021 ed è proseguito anche per i primi mesi del 2022. La crisi fra Russia e Ucraina non ha fatto altro che aggravare la situazione, con effetti che si propagano anche al di là dei paesi impegnati nel conflitto. Spiega, infatti, il presidente Gabbrielli che “indipendentemente dai legami diretti con i mercati coinvolti nella guerra, sei imprese toscane su dieci intervistate in una recente survey promossa da Confindustria stanno riscontrando difficoltà logistiche anche su rotte commerciali diverse da quelle di Russia e Ucraina. Sono per lo più difficoltà legate al costo del trasporto e all’allungamento dei tempi di consegna. Il 15% di loro dichiara anche di aver dovuto ridurre la produzione a causa dei rincari e il difficile reperimento delle materie prime, ma quasi la metà delle imprese toscane intervistate è convinta che, se le cose non cambieranno entro i prossimi sei mesi, sarà necessario provvedere ad una rimodulazione della capacità produttiva”.
Come già riscontrato per esempio nel caso delle aziende campane, anche in Toscana le imprese stanno cercando nuovi mercati di approvvigionamento per le materie prime. Il ritocco dei listini, inoltre, ormai non è più un tabù e quasi una su tre sta richiedendo maggiore credito alle banche, mentre solo il 20% per il momento sta rimodulando i turni di lavoro.
Occorre intervenire dunque “con un approccio sia strutturale che congiunturale”, commenta il presidente delle Pmi toscane, anche perché il patrimonio produttivo da salvaguardare è sicuramente uno dei più importanti per il Paese. Dalla Toscana, infatti, proviene il 7% della ricchezza nazionale, fattore che colloca la regione al sesto posto nella graduatoria nazionale. “L’export ammonta a circa 48 miliardi di euro – si legge in una nota – ovvero quasi il 10% del totale italiano. Il comparto manifatturiero copre la quasi totalità delle vendite all’estero (97%) e al suo interno ci sono specializzazioni trainanti per l’intero sistema economico, come il sistema moda, il cartario, la gioielleria e la meccanica”.
Si tratta di un ecosistema di imprese composito ma affiatato, capace di rispondere a una domanda frammentata e variabile, come per esempio quella legata ai beni per la casa o per la persona. Una caratteristica che ha reso questo territorio particolarmente attraente agli occhi delle multinazionali o delle grandi imprese, che qui trovano le specializzazioni delle quali hanno bisogno, in particolare per il settore moda.
Rilevanti anche l’agroindustria, che si lega al turismo – la Toscana attrae ogni anno il 10% delle presenze in Italia –, l’industria nautica, nonché tutta la filiera dell’estrazione e della lavorazione delle pietre con un 35% di export sul totale nazionale. Importanti sono pure il settore delle scienze della vita, così come quello meccanico, dove negli ultimi anni, fanno sapere dall’associazione, “sono aumentate le imprese a medio-alta tecnologia”. D’altro canto, già nel 2017 Confindustria Toscana, Ance Toscana e le cinque associazioni territoriali regionali si sono attivate creando il Digital Innovation Hub Toscana, aderente alla rete nazionale dei Dih di Confindustria e finalizzato ad accompagnare i processi di digitalizzazione nelle imprese in accordo con il piano nazionale Industria 4.0. Una regione vivace e vitale, dunque, che aspetta solo di riprendere quota.