Riallacciandomi a un precedente articolo sull’azienda guidata che illustra come ogni collaboratore debba spingere la propria attività piuttosto che farsi trainare, oggi approfondiamo con maggiore attenzione come questa conduzione possa avvenire in un armonico collegamento.
L’azienda che opera in questo contesto sviluppa le metodologie dell’eccellenza, legge il bilancio attraverso la matrice, si muove sull’asse dell’equazione S=Cv (il successo è proporzionale alla velocità del cambiamento), tutte azioni che agiscono legate ad un processo di programmazione.
Improvvisazione o programmazione?
La programmazione è, con l’esecuzione e il controllo, uno degli elementi fondamentali della gestione aziendale. Il termine pianificazione, oggi maggiormente usato, è improprio perché mutuato dalla lingua anglosassone to plan (programmare) che ha creato questo neologismo. Fatta questa precisazione, andiamo a vedere cosa si intende per programmazione, utilizzando il termine “fare programmi”.
Programmare non significa solo pensare al futuro; se così fosse le aziende sarebbero tutte in questa condizione perché è inevitabile lavorando, rivolgere l’attenzione all’avvenire. Diversi, però, sono i modi con cui si può pensare al futuro: tra i castelli in aria e la rigorosa programmazione delle grandi multinazionali esiste sicuramente una via di mezzo. Tra empirismo e scientificità occorre sforzarsi di trovare una forma di adattamento organizzativo e culturale che non si scontri con la mentalità delle piccole e medie aziende italiane, ancora oggi impregnate di estrosità e improvvisazione.
Ancora oggi troppo poche sono le imprese italiane convinte della necessità e dell’utilità della programmazione nell’ambito della gestione aziendale. Questo anche perché è vincente la nostra capacità di adattamento agli improvvisi problemi causati dai cambiamenti imposti dalla pandemia che ha sotto controllo il nostro Paese.
Non si vuole entrare qui in un campo percorso da esperti che in questi mesi hanno amministrato gli scenari che tutti conosciamo; è doveroso, però, ricordare quanto scrissi quasi un anno fa, all’esplosione del Covid, definendo le fasi di quanto stavano accadendo: “Viviamo tre momenti storici concomitanti tra loro che si muovono tutti secondo una curva logistica: emergenza sanitaria, economica e sociale. Fondamentali come importanza, differenti come tempo di risoluzione. Alla prima emergenza (che chiameremo essenziale) ci stanno pensando i nostri sanitari, alla seconda (chiamata fondamentale) ci dobbiamo pensare noi aziendalisti se non vogliamo che la terza emergenza (conseguenziale) ci coinvolga”. Non penso che siano necessarie altre parole in proposito.
Una semplice definizione
Ritornando all’impresa e all’imprenditore di una Pmi, l’esperienza insegna che poca importanza viene data alla programmazione, con l’attenzione tutta rivolta all’esecuzione. Paradossalmente se la situazione è positiva si dichiara che non serve controllarla; se la situazione si presenta negativa, molte volte non la si vuole riconoscere. L’azienda è come una persona che crea gioie e dolori: le notizie positive vengono accettate con normalità, quelle negative si cerca di rifiutarle e di non diffonderle. Logiche differenti sono invece applicate nei paesi anglosassoni, dove realisticamente e molte volte brutalmente ti dicono la verità.
Si è finora parlato di programmazione ma senza darne una precisa definizione. Eccone una molto essenziale: “programmare significa stabilire degli obiettivi e come raggiungerli”. Ne consegue che mentre ieri era un processo automatico, intuitivo ed implicito, oggi diventa uno strumento di gestione, razionale ed esplicito, cioè a conoscenza di tutti.
Altre caratteristiche della programmazione sono l’aspetto quantitativo, come il piano economico o finanziario, e quello qualitativo, ad esempio la sensibilità dei collaboratori verso l’innovazione, la diffusione della cultura informatica e così via. Altro asse portante risulta essere la divisione tra interventi strategici e letture operative, attribuendo le rispettive responsabilità.
Come operare in modo semplice ma completo
Il processo di sviluppo della programmazione aziendale è illustrato nella figura riportata sotto, che spiega con facilità i passaggi da compiere. La metodologia è internazionale, come comuni a tutto il mondo sono i soggetti che andiamo ad esaminare.
Affinché possa avviarsi un processo di pianificazione è indispensabile studiare attentamente il percorso dell’azienda e il contesto entro il quale opera: ambiente esterno e analisi aziendale. Questi rappresentano momenti fondamentali e diversi: mentre nella struttura dell’impresa (commerciale, produzione, amministrazione ecc.) è possibile prendere decisioni e provvedimenti, nello scenario esterno (mercato, cliente, fornitore ecc.) non è possibile intervenire, né tantomeno apportare modifiche. L’elenco completo dei capitoli lo si può trovare in un mio precedente articolo apparso sull’Imprenditore o nel “Manuale del Manager e del Consigliere di Amministrazione”, pubblicato dall’editore FrancoAngeli.
In veloce sequenza: “Il confronto dell’azienda con il suo mercato permette la lettura dei propri punti di forza e di debolezza. Il rafforzamento dei punti di forza e il superamento dei punti di debolezza facilitano l’individuazione di realistici obiettivi che verranno integrati con le conseguenti strategie. La selezione e l’individuazione delle strategie può rimettere in esame gli obiettivi che dovranno essere ancora modificati, sino a trovare la quadratura del cerchio. Il risultato finale permette l’inizio della fase esecutiva e il successivo riscontro chiamato controllo di gestione”.
A questo ragionamento mi sento di aggiungere ancora due spunti. Il primo riguarda il budget, che rappresenta la sintesi del processo di programmazione, e il secondo il controllo di gestione. Nella mia lunghissima esperienza vedo oggi la necessità di procedere con un controllo a cadenza mensile, che inizialmente può interessare le sole analisi economiche (costi e ricavi) e monetarie (entrate e uscite), tralasciando l’intervento patrimoniale e finanziario di più complessa attuazione.
Alcune conclusioni
Perché qualche conclusione? Perché in un mondo liquido, fluttuante, senza una visione sicura, le conclusioni non trovano degli appigli sicuri. Gli scenari esterni sono in continua evoluzione e costringono le imprese a operare sia in modelli di flessibilità, sia con un’organizzazione volta all’innovazione. La logica secondo la quale “ieri si faceva così” è sicuramente superata, ma questo non significa che si debba operare nell’incoerenza o che qualcuno venga a risolvere i nostri problemi.
Ci sono naturalmente vie mediane che dipendono, anche in questo caso, dall’ambiente esterno (che non governiamo) e da quello interno (di nostra responsabilità). In questo secondo caso lo spirito imprenditoriale dovrà essere supportato con la conoscenza manageriale. Da parte nostra piena disponibilità a supportare l’imprenditore verso una formazione allargata. Un impegno necessario per aiutare lo sviluppo del nostro Paese.
(L’autore è componente del Comitato Scientifico Consultivo di Piccola Industria)