Il significato di essere associati a Confindustria è una domanda che tutti gli imprenditori dovrebbero porsi. È la capacità di rappresentare gli interessi di categoria? È il bisogno di affrontare i problemi insieme ad altri colleghi che vivono le stesse criticità? È la capacità di ascolto e di relazione? È la visione anticipata delle tante dinamiche, economiche e non solo? Oppure è un insieme di tutte queste cose?
Sicuramente non può essere la pura somma di interessi diversi. Il nostro presidente ce lo ricorda spesso e con questa motivazione ben presente dovremmo provare a ragionare sulle prospettive future.
Gli Stati Uniti hanno lanciato un piano di investimento da 433 miliardi di dollari in dieci anni sui temi dell’energia, della sostenibilità e della sanità. E se il paese economicamente e tecnologicamente più avanzato al mondo si preoccupa di investire sul proprio futuro in modo così massiccio è perché considera fondamentale avere una visione prospettica sugli investimenti.
In Italia i dati economici e di crescita per il 2023 sono migliori delle previsioni per quanto riguarda fatturati, ordini e tenuta dei mercati, ma gli investimenti sono in preoccupante calo. Questi ultimi nascono dalla fiducia nel futuro, dalla convinzione che questi rendano le nostre aziende migliori e più competitive.
Le condizioni esterne non aiutano: l’aumento del costo del danaro da un lato, il costo dell’energia dall’altro, la carenza di materie prime e i costi non ancora normalizzati di queste ultime indeboliscono la fiducia.
Se è vero che non possiamo essere la somma di interessi diversi ma classe dirigente del Paese, progettiamo proposte che tengano conto dell’interesse generale. In ambito Ocse siamo al terzo posto per peso fiscale e contributivo su lavoratori e imprese e, come dicevamo prima, gli investimenti per il 2023 si stimano in riduzione rispetto alle previsioni, tra il 40% e il 60% nelle ipotesi di scenario migliore e peggiore.
D’altra parte, però, negli ultimi quindici anni, dalla crisi finanziaria del 2008, abbiamo affrontato e risolto il tema della patrimonializzazione delle nostre aziende, abbiamo ottenuto migliori condizioni di accesso al credito e modernizzato i processi produttivi grazie a Impresa 4.0.
Ora la sostenibilità è diventata la più importante sfida da affrontare. Per tenere insieme un quadro così complesso occorre essere coraggiosi e lungimiranti.
Il sistema degli incentivi erogati a vario titolo per prebende e contentini vari sulle categorie vale oggi 15 miliardi di euro: dobbiamo metterli tutti e fin da ora sul cuneo fiscale. La stimolazione agli investimenti va fatta sul capitolo sostenibilità. Occorre proporre al governo una misura sulla scorta degli incentivi 4.0 e procedere in quella direzione. Alla politica ancora una volta va il compito di ascoltare e scegliere per il futuro del Paese.
(Articolo pubblicato sul numero di aprile dell’Imprenditore)