
Tanti anni passati sul mercato con proposte progressivamente sempre meno di nicchia e più apprezzate su larga scala hanno fatto la storia aziendale di Iterchimica – 35 milioni di euro di fatturato nel 2024 a fronte di 60 dipendenti –, realtà industriale con quartier generale a Suisio, in provincia di Bergamo, specializzata nella messa a punto di prodotti e tecnologie innovative per pavimentazioni stradali con l’obiettivo di migliorarne le qualità garantendo sicurezza, durabilità e sostenibilità.
Leader internazionale in questo specifico settore, la Pmi lombarda ha mosso i primi passi nel 1967 quando Gabriele Giannattasio, capostipite della famiglia che ne è tutt’ora alla guida ebbe l’idea di lanciarsi in un campo sino a quel punto inesplorato e che secondo lui poteva offrire ottime prospettive commerciali a medio-lungo termine. Una visione che poi ha fatto le fortune del progetto Iterchimica.
“Il nostro impegno è indirizzato verso la creazione di additivi per asfalti che consentano a questi ultimi di dare sempre migliori performance – chiarisce Mariella Giannattasio (nella foto in alto), coamminitratrice delegata e direttrice finanziaria di Iterchimica –. Che siano drenanti, fonoassorbenti o non ghiaccino quando le temperature scendono sotto certi standard, gli asfalti prodotti nei nostri stabilimenti consentono di adeguare gli interventi alle condizioni trovate in specifiche parti del mondo. L’ultimo che abbiamo brevettato è il Gipave, contenente grafene e una tipologia di plastica da recupero specificamente selezionata, generalmente destinata a metodi di smaltimento meno sostenibili, che viene aggiunto direttamente durante la produzione dell’asfalto. Ne deriva una pavimentazione stradale di nuovissima generazione capace di durare molto di più rispetto alla norma e che, inoltre, è completamente riciclabile”.

STESA CON GIPAVE A4 TORINO-MILANO – OTTOBRE 2022
Iterchimica, poi, continua ad essere un’azienda in grado di muoversi a piacimento in qualificati ambienti internazionali pur non essendo (almeno per ora) un soggetto di grossa stazza industriale. “Siamo considerati la più grande tra le piccole o la più piccola tra le grandi, oltre che innovatori all’interno del segmento di mercato in cui spaziamo. Si può dire che in passato eravamo probabilmente troppo avanti: facevamo infatti prodotti, come quelli generati da fibre di cellulosa che potevano vantare caratteristiche tecnologiche comprese da molti solo anni dopo. In altre parole, il mercato, in quel frangente storico, dimostrò di non essere pronto per assorbire gli input che gli inviavamo”.
Perfettamente al passo con i tempi anche nel campo della sostenibilità ambientale legata alla produzione di asfalti, l’azienda di base a Suisio prosegue a mettere sul piatto della bilancia un’attenzione per i particolari, che è elemento fondante del suo quotidiano. “Sì, perché quando si parla di rifiuti da riciclare, non tutti fanno al caso nostro – spiega Giannattasio –. Per quanto riguarda per esempio le plastiche, per le quali si usa il termine tecnorecuperi, queste non possono andare bene in maniera indiscriminata e così riutilizzate in toto. Nel gestire certi processi serve fare una selezione estremamente accurata. In secondo luogo, ogni strada ha necessità specifiche: le autostrade richiedono asfalti con certe peculiarità tecniche, che non possono essere le stesse di strade provinciali o comunali. Dipende soprattutto dalla quantità di traffico pesante che devono sopportare e anche dal meteo. In Africa alcuni tratti della via della Seta si erano rovinati e si vedevano ormai distintamente le orme degli pneumatici. Quindi siamo intervenuti con additivi che servono per far resistere la strada al passaggio di grossi mezzi e a gestire l’escursione termica. E immagini cosa significhi riuscire a far durare l’asfalto 15-20 anni invece che 7-10 anche in termini di anidride carbonica”. Oltretutto nel dicembre 2024 sono entrati in vigore i CAM (Criteri Ambientali Minimi), volti a diffondere tecnologie ambientali e prodotti ambientalmente preferibili in un’ottica di sempre maggiore sostenibilità. “Ci sono voluti una decina d’anni di studi ma ora sono finalmente diventati obbligatori – sottolinea l’imprenditrice –. Ormai non si può più tornare indietro e noi italiani stavolta siamo i precursori di queste tecniche che a breve verranno adottate in tutto il pianeta”.

IL LABORATORIO CHIMICO DI RICERCA E SVILUPPO
Nel frattempo, Iterchimica ha modificato il proprio approccio all’ export, sviluppando nel corso dell’anno passato un maggiore focus sui mercati oltreconfine. “Fino al 2023 il fatturato veniva generato per il 60% in Italia, mentre adesso, dopo la svolta che ha cambiato i termini del nostro impegno, è l’estero a raggiungere quella percentuale – sottolinea la coamministratrice delegata della Pmi della bergamasca –. Al momento esportiamo in oltre 90 paesi, facendo pure quell’assistenza pre e post vendita che ci aiuta a differenziarci dalla concorrenza. I nostri tecnici girano la penisola e il mondo per spiegare in che modo possano essere utilizzati i prodotti Iterchimica per ottenere performance adeguate”.
Per l’immediato futuro, infine, l’attenzione di Iterchimca sarà indirizzata su un progetto tanto intrigante quanto top secret. “In generale il nostro cuore aziendale è fortemente connesso al campo della ricerca e sviluppo, pronti a recepire le idee e le esigenze che arrivano dai diversi mercati mondiali. Ci stiamo iniziando a concentrare sulla sostituzione fossile, argomento molto interessante e futuribile, ma su questo tema per ora non posso dire di più”, conclude Mariella Giannattasio.