“Abbiamo grandi possibilità di crescita. Non ci mancano né le capacità commerciali, né il supporto finanziario. Vuole sapere cosa ci limita? Non troviamo gli operai specializzati: saldatori e tubisti”. Dalla sede principale di Siracusa Giovanni Musso, amministratore delegato di Irem spa, fotografa lo stato dell’arte di quella che da molti esperti viene definita una “multinazionale tascabile”, attiva nell’impiantistica industriale e fra i pochi nomi che l’imprenditoria italiana può spendere nel settore.
Fondata nel 1979 da un gruppo di professionisti, la Irem opera come appaltatore principale per la realizzazione “chiavi in mano” di impianti industriali di ogni natura. Progettazione, costruzione e montaggio oggi vengono portati a termine da un unico soggetto che in quarant’anni ha messo a punto una struttura societaria con compiti chiari e definiti: Techimp e Tesman per gli impianti elettrici, Solesi specializzata nelle opere civili, Sonim e Irtis per le attività di manutenzione, coibentazione e collaudo e, infine, Icos Serbatoi, cui è affidata la realizzazione di cisterne e contenitori in metallo per stoccaggio e produzione.
“In Italia siamo tre, in Europa una decina, nel mondo poco meno di 180 – afferma Musso. – Per l’ultima commessa che abbiamo vinto in Ungheria siamo alla ricerca di 600 persone delle 1.500 che complessivamente serviranno nei due anni di lavoro”. Gran parte saranno reclutati all’estero, ma Musso, che è anche presidente della sezione metalmeccanici di Confindustria Siracusa, questa volta ha voluto scommettere sul territorio.
Grazie al contributo di Fondimpresa e all’accordo con i sindacati di categoria, a metà luglio è partito un corso, ideato per l’appunto insieme a Confindustria Siracusa, per formare 7 saldatori e 14 tubisti industriali. Fra sei mesi il 70% di loro verrà assunto a tempo indeterminato, ma l’Ad non esclude di assorbirli tutti qualora vi siano le condizioni. “Non tutti sposano la vita di cantiere, fatta di trasferte e sveglie all’alba – commenta Musso – ma un saldatore specializzato può arrivare a guadagnare quasi tremila euro al mese in Italia e oltre quattromila quando va in trasferta”. Pochi e ricercati, ecco perché l’Ad mantiene sempre uno “zoccolo duro” di 150 operai locali specializzati e con grande esperienza che sposta sui cantieri più difficili o per avviare i lavori.
Il Gruppo Irem lavora principalmente all’estero: Medio Oriente, Nord Africa e Nord Europa. Una scelta lungimirante fatta a suo tempo dalla proprietà (gli imprenditori Sebastiano Messina, oggi Cavaliere del Lavoro, e Mario Saraceno, ndr), che ai tempi del boom della new economy preferì restare ancorata, come racconta Musso, alla “old economy”, e soprattutto scelse di non vincolarsi al destino del polo industriale di Siracusa. I numeri hanno dato loro ragione e oggi il gruppo ha un fatturato consolidato di circa 330 milioni di euro per circa 3.500 dipendenti in tutto il mondo, che possono crescere anche di un migliaio in base alle commesse.
Quanti progetti vengono portati avanti ogni anno? “In media 15 o 16, dipende dalla grandezza. C’è tutto un lavoro a monte che parte dalla creazione dello staff – ingegneri e management, italiani e stranieri – che andrà a gestire il progetto”, spiega Musso. Rispetto agli inizi, naturalmente, la posizione di Irem è ben diversa. Oggi a tutti gli effetti sono un partner delle società di ingegneria e hanno un filo diretto con il committente. “Passare da subappaltatori a partner è stato un punto di svolta, che ha consentito di incrementare i margini e reinvestire”.
D’altra parte, non è il solo aspetto che conta in un mercato fortemente competitivo come questo. Oltre a essere inseriti nelle cosiddette “vendor list”, ovvero l’elenco dei fornitori qualificati con i quali i grossi player sono autorizzati a lavorare e le cui procedure di accesso non sono semplici, un alleato fondamentale sono le banche.
“Senza l’appoggio degli istituti di credito il successo di Irem sarebbe stato impossibile – sottolinea –. Basti pensare che in Ungheria, per l’appalto della Thyssenkrupp, abbiamo dovuto fornire una fideiussione bancaria di circa 36 milioni di euro, pari al 20% dell’importo complessivo della commessa”.
Ma c’è un altro dettaglio che ha favorito la crescita dell’azienda. Nel 2009 il gruppo finì sulle pagine dei maggiori quotidiani internazionali per via delle proteste dei lavoratori inglesi alla raffineria Lindsey Oil di Grimsby, nel Lincolnshire, i quali accusavano la Irem di sottrarre il lavoro agli operai del posto. La società petrolifera Total appoggiò la scelta dell’impresa italiana di affidarsi soltanto ai propri tecnici per via dell’elevata specializzazione richiesta. Ne derivò una grandissima pubblicità per l’azienda siciliana, che cominciò a ricevere numerose proposte dall’estero. “Consideri che fino ad allora avevamo attrezzature per circa 15 milioni di euro – ricorda Musso. – Solo quell’anno investimmo 20 milioni per far fronte a tutte le richieste”.
Episodi come quello inglese sono ricapitati ma in tono minore. “Quella volta la contestazione fu più marcata perché coincise con l’inizio della crisi economica – spiega. – In generale, però, poi capiscono che arriviamo perché abbiamo una specializzazione che sul territorio non è presente”.
Nell’esperienza di Musso, il Nord Europa è un mercato che dà soddisfazioni. I prezzi sono congrui e la qualità del lavoro è apprezzata. Altrove, in Medio Oriente, c’è maggiore concorrenza – soprattutto da parte indiana – e minore attenzione alla qualità e alla sicurezza. Tra i principali competitor, inoltre, oggi vi sono i coreani in Nord Africa e più in generale la Turchia, che ad esempio si è aggiudicata il primo lotto della medesima commessa che la Irem sta portando avanti in Ungheria.
Prospettive? “A mio avviso nel settore petrolifero abbiamo lavoro per circa una decina di anni ancora – commenta Musso. – Attualmente l’epidemia da Covid-19 ha provocato la sospensione di alcuni cantieri, ma nel frattempo abbiamo vinto un lavoro in Olanda e altri sono in corso in Belgio. È un po’ in crisi il settore della raffinazione, ma quello della produzione dei materiali plastici prosegue”.
L’impiantistica industriale risente solo in parte della pandemia e in ogni caso registrerà eventuali decrementi sui fatturati a metà anno. Da parte di Musso c’è la serenità di poter affrontare questa fase incerta guidando un’azienda “con i fondamentali a posto”. “In prospettiva – conclude – stiamo pensando anche all’emissione di un’obbligazione e, in generale, a cercare altre vie che possano assicurare continuità aziendale”.