Italien, Venedig, Hotel Molino Stucky Hilton am Abend, Gastronomnie, Aussenansicht, aussen, Europa, 10.3.2009; QF; (Bildtechnik: sRGB, 60.16 MByte vorhanden)
“Aspetto con impazienza di vedere i lavori delle nuove leve di aspiranti registi: i giovani vogliono dare il loro contributo, vogliono comunicare la loro visione del mondo, dare nuova voce alla gente, alle nazioni, alla loro anima. In una parola, vogliono raccontare la propria storia”.
Così Spike Lee interveniva alcuni mesi fa a Bruxelles a un convegno sulle intersezioni fra heritage e storytelling (Convegno ICS Europe, ndr). Una frase, la sua, che parla di giovani e di futuro. E noi? Prendendo spunto dalle parole del regista afroamericano, siamo anche noi – come cittadini innanzi tutto – impegnati a coltivare nuove generazioni di uomini e donne di impresa? Siamo curiosi di conoscere cosa i giovani vogliono dire, fare, creare per il nostro paese? E, a prescindere dal fatto che scelgano quello che per noi rappresenta il mestiere più bello del mondo, li incoraggiamo a investire e a costruire il proprio progetto di vita in questo paese? Probabilmente no e troppe statistiche convalidano questa risposta.
Ma a Venezia, dove il 27 e il 28 marzo Piccola Industria organizza il Convegno Biennale “Il Rinascimento è l’impresa – Per una nuova economia della trasformazione”, lo spirito sarà quello della riscossa, la volontà quella di discutere una nuova idea del fare impresa. Che dei giovani, e di un spirito giovane, ha bisogno. Un’idea nella quale la parola “trasformazione” non è uno slogan, ma un impegno vero da declinare nelle quattro direzioni sulle quali abbiamo scelto di concentrare la nostra riflessione: internazionalizzazione, innovazione, finanza, talenti.
Cominciamo dalla prima: le imprese che esportano vanno meglio, anche sul mercato interno. Non mancano dati a sostegno di questa affermazione, ma intanto schiacciamo l’acceleratore e approfittiamo di tre fattori concomitanti: euro debole, prezzo del petrolio in discesa e tassi di interesse fra i più bassi della storia. Perché sprecare una simile occasione?
Innovare è d’obbligo, senza se e senza ma.
La parola ”trasformazione“ dovrà riguardare, poi, anche la terza leva di sviluppo: la finanza. Proveniamo da anni in cui il rapporto banca-impresa ha risentito di un’erogazione del credito a maglie strette e dove le imprese si sono improvvisamente scoperte impreparate a gestire ogni altro tipo di relazione che non fosse con il proprio istituto di credito di fiducia. Nessun rapporto con un private equity, scarsa dimestichezza con strumenti finanziari più evoluti come i minibond, l’ipotesi di una quotazione in Borsa abbastanza evanescente. Questo approccio va cambiato e le imprese – ci rivolgiamo soprattutto alle pmi – devono comprendere che anche in questo campo il mondo è andato avanti, anzi il mondo corre.
L’ultima leva sono i talenti. Anche qui la “trasformazione” deve essere forte, l’investimento del paese uno scatto d’orgoglio. Sono le imprese che hanno fortemente creduto nelle risorse umane, soprattutto nei giovani e nella formazione, quelle che hanno “performato” meglio. Se lasciamo fuggire i talenti, perdiamo le migliori occasioni per trasformare le nostre imprese in imprese di talento.
Questo scenario deve mutare, lo dobbiamo cambiare con i fatti e non a parole. Dall’Italia oggi spesso si va via, ma in Italia si deve poter tornare.
Ultimo dato: in assenza di grandi scossoni, il Centro Studi Confindustria prevede per quest’anno una crescita del Pil a +0,5%. Non accontentiamoci delle briciole dello sviluppo, puntiamo in alto. Crediamo in noi stessi, crediamo in un nuovo Rinascimento industriale.