
Nel precedente contributo abbiamo visto che il Piano industriale è il documento nel quale, a partire dalla presentazione delle strategie competitive operanti a livello aziendale e dell’eventuale bisogno o opportunità di rinnovamento, vengono illustrate le intenzioni strategiche dell’imprenditore e del management, le azioni che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiettivi strategici, l’evoluzione dei key value driver e dei risultati attesi, accompagnati dalle relative ipotesi.
Dopo la fase di visioning e ideazione si passa all’analisi conoscitiva, al coordinamento delle competenze, alla fase propedeutica, all’analisi della catena del valore e allo sviluppo del Business Model, alle analisi di supporto.
Nell’ambito della redazione dell’analisi a supporto del piano industriale, per rendere più agevole il compito dei partecipanti, si può predisporre uno schema di analisi integrato con una serie di domande esemplificative utili per l’elaborazione del piano industriale (check-list). Per passare alla fase realizzativa dell’idea è necessario, infatti, approfondire, dettagliare e circostanziare le diverse tematiche attraverso una fase propedeutica allo sviluppo del Business Model e della realizzazione del Business Plan della società.
Il Piano industriale si compone di alcuni elementi logici. È di fondamentale importanza ricordare che esso si fonda su elementi sia qualitativi sia quantitativi, che non possono essere separati senza pregiudicarne la fondatezza: l’assenza di un’adeguata illustrazione delle strategie e dell’Action Plan restituisce risultati economico-finanziari limitati a semplici estrapolazioni degli andamenti passati, la cui credibilità non è verificabile, se non ex-post. Analogamente, in mancanza di previsioni quantitative, il piano non può essere opportunamente apprezzato in sede preventiva né, successivamente, può esserne verificata l’implementazione.
LA STRATEGIA REALIZZATA
Il Piano industriale deve fornire innanzitutto una descrizione dell’impostazione strategica operante, della fase del ciclo di vita in cui l’azienda si trova (startup del business; sviluppo e ampliamento in settori adiacenti; consolidamento e diversificazione in nuove aree di business) e dell’eventuale bisogno o opportunità di un rinnovamento della strategia derivante dalle minacce/opportunità dell’ambiente competitivo e/o dal confronto con i punti di forza e di debolezza dell’azienda e dei concorrenti (benchmarking). Le intenzioni strategiche identificano come l’azienda intende creare valore; rappresentano la sintesi del ruolo atteso dall’azienda nel settore di riferimento e della sua value proposition.
IL BUSINESS MODEL
Esplicita le intenzioni strategiche ed è uno strumento di sintesi che consente un quadro d’insieme dell’intero progetto, anche finalizzato alla sua presentazione a investitori o finanziatori. In un’azienda in attività è importante aggiornare/riscrivere il Business Model nel quale vengono descritte le idee, lo scopo, le aspettative, i costi, le attività, la comunicazione dell’intera azienda. Il Business Model descrive l’attività e le interazioni tra di esse; segue poi il Business Plan che fa una previsione di passività e attività, quindi costi e ricavi dell’esercizio, su prospettive di tre o cinque anni.
Pertanto, il Business Model è un documento che si muove, si evolve, si trasforma; in cui viene rappresentata l’idea dell’azienda, quali sono i suoi punti di forza: è l’insieme delle soluzioni organizzative e strategiche attraverso le quali l’impresa acquisisce/mantiene vantaggio competitivo. In particolare, il modello di business:
- fornisce le linee guida con cui l’impresa converte l’innovazione in acquisizione di valore (profitto) senza prescindere da una adeguata strategia in grado di apportare un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza;
- definisce un’organizzazione che consenta di condividere la conoscenza all’interno dell’azienda e di valorizzare le proprie risorse favorendo le condizioni ideali per incentivare l’innovazione;
- individua i rapporti di interazione e cooperazione con fornitori e clienti (mercato) valorizzando le proprie scelte (di modello e/o di business);
- stabilisce le metodologie e gli strumenti per analizzare in modo critico e continuativo i risultati ottenuti dal proprio modello di business confrontandoli con quelli dei propri concorrenti.
Per sviluppare il Business Model dell’azienda nel proprio settore di riferimento si utilizza il Business Model Canvas, che è uno strumento standard internazionale per l’innovazione dei modelli di business. Il Business Model Canvas descrive la logica con la quale un’organizzazione crea e distribuisce valore. Rappresenta graficamente, in sintesi, tutte le componenti importanti di un modello di business, senza che ciò vada a scapito della chiarezza e dell’efficacia, anzi aiutando le persone coinvolte nella definizione del modello a fare ordine nelle proprie idee, a capire meglio come innovare, a capire il funzionamento dell’azienda e cosa effettivamente crea valore per i clienti. Inoltre, si presta ad essere utilizzato per lavorare in squadra, agevolando la discussione, la creatività e il contributo di ognuno.
Il Business Model Canvas è, graficamente, uno schema suddiviso in nove blocchi: proposte di valore, segmenti di clientela, canali, relazioni con i clienti, risorse chiave, attività chiave, partner chiave, struttura dei costi, flussi di ricavi.
- PROPOSTA DI VALORE
Si tratta del “valore” che l’azienda porta sul mercato, cioè i vantaggi (rispetto anche ad altre proposte analoghe sul mercato) garantiti ai suoi clienti. Il valore va estrinsecato e descritto in modo analitico, dettagliando tutti i vantaggi, si può trattare di una maggiore competitività sul prezzo, la facilità d’uso, l’esclusività di un’offerta, la capacità di risolvere efficacemente un problema, la novità, la capacità di trasferire valori intangibili, la capacità di agire sul nostro benessere o di trasmettere emozioni, l’accesso a determinati servizi e così via.
- SEGMENTI DI CLIENTELA
Si utilizza per “visualizzare” il nostro cliente reale/ipotetico, farne un identikit. Sono i gruppi di persone o le organizzazioni che possono essere interessati alla nostra proposta commerciale. È un blocco interessante perché interagisce direttamente con la value proposition, che potrà essere declinata differentemente proprio in ragione del segmento di clientela a cui si rivolge. I segmenti di clientela sono, in ultima analisi, il nostro mercato di riferimento.
- CANALI
I canali sono il sistema di distribuzione, cioè in che modo il nostro prodotto o servizio potrà essere acquistato dal cliente, come si raggiungono inizialmente i “prospect” del prodotto/servizio. Online, offline? Si può trattare di giornali e riviste, sito web, applicazioni, video online, ricerca su internet, segnaletica, social network, agenzie, dealer, negozi fisici, vendita diretta, un’altra società distributrice già introdotta su quel mercato verticale e così via.
- RELAZIONE CON I CLIENTI
Come intendiamo mantenere un contatto con i clienti, come vogliamo assisterli, dialogare con loro, ricevere feedback. Un buon servizio clienti fa la differenza, mostra l’affidabilità del progetto e quanta attenzione il management dedica alla cura dei suoi utenti. Si tratta in sostanza di coltivare un’eccezionale customer experience post vendita. Ovviamente la relazione dovrà essere atta a supportare efficacemente la value proposition e prendere in considerazione, eventualmente diversificandoli, i singoli segmenti di clientela.
- RISORSE CHIAVE
Sono tutte quelle risorse di cui abbiamo/avremo bisogno per trasformare l’idea di sviluppo del business in realtà. Per risorse chiave si intendono gli asset della società rispetto alla sua value proposition e possono essere beni fisici (punti vendita, impianti, tecnologie, macchinari); beni intangible non fisici ma di grande valore come il know how, i brevetti, i marchi, il copyright, i progetti sviluppati, il network, il database clienti; le risorse umane, cioè i profili professionali strategici per la società; le risorse finanziarie, ovvero i capitali di cui la società dispone per partire, per andare avanti o da destinare a un progetto.
- ATTIVITÀ CHIAVE
È il blocco in cui verranno inserite le attività strategiche e operative per portare avanti il proprio modello di business, raggiungere i clienti e fatturare. Ciò che bisogna evitare in questo blocco è la sovrabbondanza: tutte le attività del ciclo aziendale sono importanti, ma qui vanno individuate solo quelle fondamentali per sostenere lo specifico modello di business che abbiamo adottato.
- PARTNER CHIAVE
Sono le altre aziende con cui è utile stringere accordi per far funzionare meglio il business aziendale. Bisogna infatti ricordare che ogni impresa è una componente di un più ampio sistema economico, all’interno del quale deve andare a integrarsi, fare rete, collaborare, trovare sinergie, sviluppare economie di scala, trovare canali di vendita, difendersi dalla concorrenza, per poter operare al meglio e crescere. Si può trattare di fornitori, rivenditori, professionisti, concorrenti. In questo blocco si potrebbero anche inserire aziende più grandi con le quali collaborare in un’ottica di open innovation. Si può ragionare su quali attività la nostra società può non fare (o meglio, fare attraverso dei partner) per concentrarsi sulle attività core.
- STRUTTURA DEI COSTI
L’ultima di questo blocco è la sezione che ha come protagonisti i costi dell’investimento (cost structure). Sono quelli che l’azienda deve sostenere per realizzare il suo modello di business. È necessario fare una differenza tra modelli di business guidati dai costi (generalmente si tratta dei casi in cui uno degli elementi della value proposition è un costo basso del prodotto/servizio) e modelli di business guidati dal valore, dove una struttura dei costi leggera è sempre auspicabile per avere margini migliori, ma risparmiare a tutti i costi non è strategico. Ci sono i costi fissi rappresentati da stipendi, tecnologie, e i costi variabili, che variano a seconda dei volumi di prodotti/servizi, ad esempio materie di consumo utilizzate; o che variano in relazione alle scelte strategiche, come il marketing. Nel blocco bisogna anche rappresentare quelle che possono essere le economie di scala e le economie di scopo. Diciamo che la struttura costi deve riflettere quanto abbiamo stabilito nei blocchi risorse, partner e attività chiave: se, ad esempio, per la nostra società una risorsa chiave sono le persone, non possiamo non investire sulla loro formazione.
- FLUSSI DI RICAVI
L’ultimo dei nove blocchi riguarda i “flussi di ricavi”. Ovviamente è la missione di ogni società, generare ricavi che la rendano economicamente sostenibile e capace di crescita. È qui, dunque, che si misura, in ultima analisi, il successo dell’azienda, il vero e proprio modello di business. Nel blocco quindi dobbiamo indicare in che modo vogliamo vendere e guadagnare da quello che facciamo, in che modo vogliamo farci pagare, a che prezzo.
Contributo 6/16. Prossima uscita: 9 dicembre)
Articoli precedenti:
Capire la crisi, cambiare il paradigma: appunti per ripartire (pubblicato il 16 settembre 2022)
L’impresa ha un’anima: il cambiamento nei modelli organizzativi (pubblicato il 30 settembre 2022)
Il “next new normal”: collaborare per crescere e ripensare il modello di business (pubblicato il 14 ottobre 2022)
Come allineare strategia e azione: lo strumento della Balanced Scorecard (pubblicato il 28 ottobre 2022)
Il piano industriale: cos’è, a cosa serve, chi lo elabora (pubblicato l’11 novembre)
Nota sull’autore

ANDREA DALLA CHIARA
Andrea dalla Chiara è partner dello Studio dalla Chiara 1884, che conduce come rappresentante della quarta generazione, ed esercita e coordina l’attività di consulenza societaria, tributaria, legale e di controllo di gestione.
Si è laureato nel 1989 in economia e commercio all’Università di Torino ed è iscritto dal 1990 all’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Ha seguito numerosi corsi di approfondimento e master di specializzazione nelle seguenti materie: diritto tributario, societario, finanza e controllo, contenzioso tributario. Fa parte del gruppo di studio dell’Ordine dei dottori commercialisti di Torino per i Piani industriali. È consulente del Tribunale e della Procura della Repubblica di Torino, nonché revisore contabile.