“Tutto quello che sto per dirvi è falso” può essere considerato come il primo spettacolo di teatro civile anticontraffazione. Perché il teatro può essere più efficace rispetto alla semplice informazione su questo tema?

TIZIANA DI MASI
Il teatro è uno strumento utilissimo per riuscire a dare “un cuore ai numeri”. Quando si affronta un tema come la contraffazione, che è difficile da comunicare perché fatto di dati, numeri e statistiche sempre più preoccupanti ma dietro ai quali non si percepisce immediatamente l’effetto sulle nostre vite, bisogna mettere in atto un processo di comunicazione che unisca informazione ed emozione. Il teatro riesce a fare questo e lascia il segno. Dal 2013 ad oggi abbiamo realizzato oltre duecento date di “Tutto quello che sto per dirvi è falso” in tutta Italia, abbiamo mirato al cuore del problema per far capire che dietro i numeri della contraffazione ci sono delle vite, ci sono posti di lavoro che vengono persi, c’è un aumento dell’insicurezza dei prodotti che indossiamo, che mangiamo, che stanno compromettendo la nostra salute. Siamo riusciti a comunicare quanto la contraffazione abbia davvero inciso nella nostra vita, attraverso il coinvolgimento diretto delle persone. Lo spettacolo prevede sempre un’interazione con il pubblico: gli spettatori hanno assaggiato l’olio per capirne le caratteristiche e distinguerlo da quello di pessima qualità, hanno indossato delle scarpe contraffatte per sentirne l’odore. Un coinvolgimento sensoriale e quindi anche emotivo per stimolare la curiosità e per dire a chiare lettere che dobbiamo aprire gli occhi, perché è solo da noi e dalle nostre scelte che dipende l’avanzata o meno della contraffazione.
E quando alcuni rispondono con un “che male c’è” all’acquisto di un prodotto non autentico?
È proprio questo il male. Quando non si comprende quanto faccia male a tutti noi l’acquisto di una borsa contraffatta, di un cappellino o di un paio di occhiali. Perché i contraffattori fanno concorrenza sleale e sottraggono posti di lavoro: per l’esattezza sono 150mila i posti di lavoro a tempo pieno all’anno. Siamo noi che invece possiamo scegliere e con un piccolo gesto non lasciar loro posto nell’economia. Bisogna trasmettere quanta responsabilità ci sia dietro una scelta di acquisto.
Il falso è più un rischio sociale oppure economico? Senza contare il rischio, ancora peggiore, del legame con la criminalità organizzata.
Il mio spettacolo termina con un motto: l’economia è come la società, è fatta di vittime e di carnefici, le prime si aiutano, i secondi si combattono. Economia e società vanno esattamente a braccetto. Ogni nostra scelta, tutto ciò che noi scegliamo di comprare, orienta la nostra economia e il nostro futuro. Noi ne siamo gli autori responsabili; penso che l’acquisto consapevole sia una forma di partecipazione politica perché scegliendo un prodotto legale, trasparente e autentico, scegliamo di premiare l’economia della legalità invece che quella dell’illegalità e del malaffare. In quanto autori dell’economia siamo i veri protagonisti della società; solo se premiamo la giusta economia la nostra società sarà più giusta. L’acquisto contraffatto è un grande affare solo e unicamente per la criminalità organizzata, il cui business è cresciuto in questi ultimi anni proprio grazie al dorato mercato dei prodotti contraffatti; un mercato che all’apparenza non desta preoccupazione né clamori e ha continuato a prosperare in maniera esponenziale proprio grazie alla sua accettabilità sociale. Sono 50 i clan in Italia che si stanno arricchendo con il business del falso soprattutto in alcuni settori come agroalimentare e moda.
Alimentare, moda, farmaci ma anche il gioco illegale. Quali le azioni future da mettere in campo per la sensibilizzazione?
Tutte le volte che non si opta per la legalità del gioco tutto il guadagno va ad arricchire le casse della criminalità. La missione di un attore di teatro civile, che sceglie tematiche scomode e spinose, consiste nel comunicare e fare cultura. È ben chiaro che non saranno mai le multe o le regole ma le convinzioni che nascono dal cuore delle persone a cambiare le cose. Il cambiamento della società si crea investendo nella cultura della legalità attraverso l’educazione dei giovani ma anche degli adulti, proprio perché quando si riesce a comunicare non più dati ma vite, vuol dire che stiamo arrivando al cuore delle persone e a incidere sulla loro percezione della realtà. La nostra missione non è mai dare risposte ma innescare il meccanismo del dubbio, indurre il pubblico a farsi delle domande.
Nuovi progetti?
Dopo sei anni di spettacoli sul falso è arrivato il momento di assumere appieno una missione sociale autentica e mettere in atto una grande sfida: quella di far arrivare questo tema ad un pubblico ampio, anche a quelle persone che non ne hanno mai sentito parlare. Ecco perché abbiamo intenzione di farne un format televisivo o radiofonico per raggiungere più gente possibile. Non possiamo considerare la cultura per pochi eletti proprio perché la contraffazione non è solo una questione economica ma sociale e culturale. Ed è quanto mai urgente agire sulla cultura per cambiare le cose e disegnare un futuro libero dall’illegalità. Abbiamo bisogno di coltivare il “vero” fuori e dentro di noi.