GREEN CLAIMS, IN AUTUNNO I TRILOGHI A PARTIRE DALLA POSIZIONE NEGOZIALE DEL CONSIGLIO
Il 17 giugno il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la sua posizione negoziale e in merito alla direttiva sulle asserzioni ambientali (definite in inglese Green claims). In totale, 23 Stati membri hanno appoggiato il testo di compromesso.
Con questa iniziativa, l’Ue intende introdurre norme rigorose per garantire che le informazioni sui prodotti e servizi siano chiare, verificabili e basate su prove solide. L’obiettivo è contrastare il cosiddetto greenwashing (liberamente traducibile in italiano con “ecologismo di facciata” o “ambientalismo di facciata”) e assicurare scelte più sostenibili per i consumatori europei. Secondo uno studio del 2020, infatti, più della metà delle affermazioni ambientali presenti sul mercato sono vaghe, fuorvianti o prive di fondamento scientifico.
La direttiva stabilisce requisiti minimi per la giustificazione, la comunicazione e la verifica delle affermazioni ambientali esplicite, sia scritte che orali. L’ambito di applicazione della direttiva include le affermazioni ambientali esplicite e i regimi di etichettatura aziendali, esistenti e futuri, sia pubblici che privati, volontariamente applicati per comunicare gli impatti ambientali dei prodotti. A tal proposito, il Consiglio, nel suo approccio generale, distingue tra dichiarazioni ambientali esplicite ed etichette ambientali, al fine di specificare chiaramente gli obblighi applicabili a ciascuna, oltre che i requisiti applicabili a entrambe.
Le aziende dovranno adottare criteri chiari e aggiornati scientificamente per supportare le loro affermazioni, che dovranno essere facilmente comprensibili e specifiche riguardo alle caratteristiche ambientali come durabilità, riciclabilità e impatti sulla biodiversità.
L’approccio generale del Consiglio mantiene, inoltre, il principio della verifica preventiva delle affermazioni ambientali e delle etichette, richiedendo che queste siano verificate da esperti indipendenti prima di essere pubblicate. Tuttavia, introduce anche un processo semplificato per esentare determinate affermazioni dalla verifica di terze parti, pur garantendo che le aziende dimostrino la conformità alle norme attraverso un documento tecnico approvato. Ad esempio, il Consiglio europeo riconosce l’importanza dei regimi di etichettatura pubblica nazionali o regionali esistenti, offrendo la possibilità di esonerarli dalla verifica di terze parti a condizione che rispettino gli standard europei.
Per supportare le Pmi, comprese le microimprese, durante l’implementazione di queste nuove norme, sono stati previsti strumenti di supporto come linee guida pratiche, misure per ridurre l’onere amministrativo e potenziali sostegni finanziari e formativi.
Infine, il Consiglio ha introdotto nuovi requisiti per le affermazioni relative al clima basate sui crediti di carbonio, con obblighi specifici riguardo alla trasparenza e alla validità di tali crediti.
L’approccio generale del Consiglio costituirà la base per i negoziati con il Parlamento europeo sulla forma finale della direttiva, che ha approvato, lo scorso 12 marzo, la propria posizione negoziale per le future discussioni inter-istituzionali, i cosiddetti triloghi. In particolare, l’Eurocamera ha modificato la proposta della Commissione introducendo un sistema di verifica e pre-approvazione delle dichiarazioni ambientali; il divieto per le dichiarazioni ambientali basate esclusivamente sui sistemi di compensazione delle emissioni e una deroga di un anno per l’applicazione delle nuove regole alle Pmi.
I negoziati inizieranno in autunno con la ripresa dei lavori da parte del neoletto Europarlamento.
LA DIRETTIVA GREEN CLAIMS
Nel marzo 2023 la Commissione europea ha proposto una Direttiva sulle dichiarazioni ambientali, la cosiddetta Direttiva Green Claims.
L’obiettivo delle norme in discussione è istituire criteri comuni contro il greenwashing e le dichiarazioni ambientali ingannevoli su diversi prodotti commerciali definendo, per esempio, il tipo in informazioni che le imprese devono fornire per giustificare le loro dichiarazioni di marketing ambientale. La proposta della Commissione prevede, per chi non rispettasse questi requisiti, sanzioni che includono l’esclusione dagli appalti, la confisca dei ricavi e una multa pari al 4% del fatturato annuo.
LA POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA
Confindustria ha riconosciuto sin da subito l’importanza di un sistema normativo europeo che salvaguardi consumatori e aziende dall’uso improprio di asserzioni ambientali. Tuttavia, nel dialogo con i diversi attori istituzionali, sarà cruciale che tali norme si fondino su un approccio equilibrato, proporzionato e coerente con la realtà economica, al fine di assicurare la sostenibilità, promuovere la trasparenza, incentivare comportamenti sostenibili tra i consumatori e, allo stesso tempo, preservare la competitività dell’industria europea.
(Questa parte è stata curata da Laura Carbone ed Eleonora Marino –
Delegazione Confindustria presso l’Ue)
TRASPORTO COMBINATO, I NODI DA SCIOGLIERE PER LA NUOVA LEGGE
Durante il Consiglio Trasporti, telecomunicazioni ed energia del 18 giugno, i ministri dei 27 Stati membri hanno preso nota del rapporto sullo stato di avanzamento della presidenza belga in merito alla revisione della Direttiva sul trasporto combinato.
La necessità di promuovere un rapporto di questo tipo piuttosto che un orientamento generale è stata dettata dal lento evolversi delle negoziazioni in sede di Consiglio in merito al dossier, sul quale nonostante i numerosi tentativi della presidenza, gli Stati membri non sono riusciti a trovare un accordo a livello tecnico.
La relazione fa un excursus dei punti principali e maggiormente divisivi della revisione della Direttiva. In particolare:
La definizione di trasporto combinato. La definizione così come proposta dalla Commissione risultava troppo complicata e non trasparente. Nel proporre una nuova definizione, la presidenza belga ha trovato un consenso diviso tra gli Stati membri, tra coloro che preferivano una definizione che preservasse l’elemento della riduzione delle esternalità all’interno della definizione, unendolo ad un elemento sulla distanza, e altri che invece preferivano una definizione basata esclusivamente sulla distanza, prescrivendo che almeno il 50% della tratta dell’operazione di trasporto dovesse essere compiuta non su strada. Il report conclude che sarà necessario continuare le discussioni su questo punto.
Piattaforma sulle informazioni elettroniche sul trasporto merci (eFTI). La proposta prevede che gli organizzatori del trasporto combinato registrino i dati nelle piattaforme eFTI prima dell’inizio di un’operazione, in modo che le piattaforme eFTI effettuino i calcoli necessari per la prova di conformità e determinino se un’operazione intermodale si qualifica come trasporto combinato. La maggioranza degli Stati membri si è opposta a questa previsione, poiché teme che le piattaforme non siano operative per tempo. Di conseguenza, la presidenza belga ha proposto una clausola di revisione e un rinvio dell’applicazione di questa disposizione.
Quadri politici nazionali. La proposta di direttiva stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di istituire quadri politici nazionali a sostegno delle operazioni di trasporto combinato e fissa l’obiettivo di una riduzione di almeno il 10% dei costi totali delle operazioni di trasporto combinato. Molti Stati membri si sono opposti alla natura obbligatoria dei quadri politici nazionali e hanno messo in discussione l’obiettivo del 10%. Di conseguenza, la presidenza belga ha proposto un compromesso che rinviava l’adozione dei quadri politici nazionali da 24 a 36 mesi dopo l’entrata in vigore della direttiva, estendeva il periodo per il raggiungimento dell’obiettivo del 10% a 8 anni da 7 anni e mezzo e inseriva una disposizione secondo cui gli Stati membri possono decidere di non applicare misure di sostegno a una tratta stradale che transita sul loro territorio senza caricare o scaricare merci.
Esenzione dai divieti nei fine settimana, di notte e nei giorni festivi. La proposta introduce una nuova esenzione normativa a livello europeo dai divieti di circolazione nazionali per i veicoli che effettuano le tratte stradali delle operazioni di trasporto combinato. Gli Stati membri sono molto divisi sulla questione e saranno necessarie ulteriori discussioni.
Il dossier verrà quindi ripreso in mano dalle prossime presidenze, in attesa che anche il Parlamento europeo riprenda i propri lavori nella commissione parlamentare per i Trasporti e il turismo.
LA DIRETTIVA SUL TRASPORTO COMBINATO
Il 7 novembre 2023 la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della Direttiva sul trasporto combinato. La proposta, inquadrata all’interno del Green Deal europeo, mira a rendere più sostenibile il trasporto merci migliorando la competitività del trasporto intermodale, cioè il trasporto di merci che utilizza due o più modalità di trasporto, rispetto al trasporto esclusivamente su strada.
In particolare, la proposta ha l’obiettivo di incrementare l’efficienza e la competitività del trasporto combinato, focalizzando il proprio supporto nell’ambito di operazioni che riducono di almeno il 40% le esternalità negative rispetto alle operazioni su strada. La Direttiva fissa per gli Stati membri un obiettivo di competitività per ridurre di almeno il 10% il costo medio delle operazioni di trasporto combinato entro 7 anni e mezzo, inteso anche in termini di costi esterni ed impatto sociale ed ambientale, e chiede loro di mettere in atto le politiche necessarie per raggiungere questo obiettivo.
LA POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA
Confindustria sostiene l’impianto della Direttiva nel suo complesso, ma sottolinea la necessità di una lettura sistemica e correlata delle stessa con la revisione della Direttiva pesi e dimensioni (attualmente in corso), in modo da definire un quadro complessivamente chiaro, coerente e di valore aggiunto, che si concretizzi in un’opportunità per la compagine industriale e trasportistica europea.
(Questa parte è stata curata da Eleonora Trento –
Delegazione Confindustria presso l’Ue)