Un successo travolgente, una popolarità mediatica difficilmente immaginabile, un’eco che si è propagata oltre i confini italiani e che è arrivata dall’altra parte dell’oceano, all’altro capo del mondo. Pur in un contesto drammatico com’è stata e continua ad essere l’emergenza in cui ci ha precipitati la pandemia di coronavirus, con l’effetto collaterale di rendere praticamente introvabili i respiratori polmonari indispensabili per soccorrere i malati più gravi ricoverati in ospedale.
Al centro di questo inaspettato e travolgente successo c’è lui, Cristian Fracassi da Brescia, 37 anni, l’ingegnere e architetto – dottorato in materiali e master in economia – che, con intuito che possiamo definire geniale, ha saputo trasformare una maschera da snorkeling in un ausilio biomedicale con richieste che arrivano da tutto il mondo. “Mi hanno chiamato dall’Uzbekistan per ordinarne diecimila – racconta Fracassi –, ho risposto che poiché abbiamo da subito diffuso il progetto in ‘open source’, bastava scaricassero il file e mandassero in produzione”.
File che ha registrato un boom di download, ben due milioni, in tanti paesi diversi, dal Brasile al Canada, dalla Germania al Belgio, dagli Stati Uniti alla Francia, alla Tunisia, Marocco e altri ancora, e che oltre 150 aziende hanno utilizzato per stampare in 3D le valvole ideate da Fracassi e dalla sua Isinnova, la società che ha fondato sei anni fa e che oggi conta 14 dipendenti, quasi tutti ingegneri dai 21 ai 30 anni.
“Tutto è partito da Renato Favero, medico ex primario ospedaliero – Fracassi svolge il nastro dei ricordi –, direi il 16 marzo, e da allora non ci siamo mai fermati, né sabato né domenica, lavoro ininterrotto. L’Ospedale Chiari di Brescia aveva bisogno di valvole particolari per la ventilazione assistita, aveva gli attacchi per l’ossigeno al muro ma non il modo di farlo arrivare al paziente. Siamo partiti in quarta, in dieci ore abbiamo steso il progetto e realizzato il prototipo, che abbiamo battezzato ‘valvola Charlotte’, da applicare in sostituzione del classico boccaglio alle maschere da sub, alla quale si attaccano i tubi per l’ossigenazione, collegati ai distributori a muro. L’ospedale l’ha testata per tre giorni, ha verificato che funzionava e ci ha dato il via libera”.
La maschera su cui la valvola è stata testata era quella prodotta da Decathlon, ma vanno bene tutte, altri ospedali hanno usato Mares, la genovese Ocean Reef ha ricevuto una valanga di ordini dagli Stati Uniti. “Dopo il Chiari anche gli Ospedali Civili di Brescia l’hanno sperimentata – continua l’ingegnere – e da allora sono tanti i nosocomi e i medici che l’hanno adottata, da quelli lombardi, Como, Varese, Milano e Brescia fino a Messina, Sassuolo, all’Istituto Spallanzani di Roma, a Parma e all’estero, a Stanford, Toronto, tre ospedali a Londra. Il messaggio più emozionante e commovente mi è arrivato dal Brasile: ‘Grazie a lei cento persone ora stanno respirando’”.
Se in un primo tempo le valvole sono state realizzate grazie alla stampa 3D (oltre 2.000, 900 consegnate) lo step successivo è stata la produzione tramite stampi, molto più veloce e con standard di qualità più garantiti: già tre aziende, una in Piemonte, una a Messina e il gruppo Oldrati di Bergamo le fabbrica in questo modo, quest’ultimo ha deciso di donarne 10mila ed è in grado di sfornarne una ogni 15 secondi.
Tempi tanto stretti e obbligati per rendere disponibile la valvola agli ospedali hanno impedito di poter seguire le trafile classiche per l’omologazione del progetto, di brevetto ovviamente non si parla, vista la scelta di aprirlo in ‘open source’, pro bono a tutti. “Il nostro dispositivo può essere utilizzato – spiega Fracassi – esclusivamente per uso compassionevole. Stiamo comunque procedendo con la validazione clinica: il Civile di Brescia insieme ad altri ospedali sta effettuando i test che poi dovranno essere certificati dalla Regione Lombardia per l’imprinting ufficiale”.
Fracassi non ha ancora ben metabolizzato cosa possa significare in futuro per la sua creatura imprenditoriale – da ottobre 2019 uscita dalla fase di startup – l’enorme esposizione mediatica che la maschera Charlotte gli ha regalato, non solo in Italia ma nel mondo. Quel che è sicuro è che apre orizzonti nuovi, nuove opportunità all’Isinnova, a lui e al socio Alvise Mori (titolare della MORI2A, contenitori per gastronomia in acciaio inox e materie plastiche), il primo che ha creduto e investito in lui e nella sua voglia di fare impresa. “Quel che mi rende felice è aver potuto dimostrare ciò che la mia squadra ed io sappiamo fare – conclude Fracassi –, che siamo in grado di prendere in mano un progetto e arrivare al prodotto finale, rapidamente e bene”.