L’emergenza Covid-19 si è estesa anche alla piccola Albania. Il Paese delle Aquile si sta attrezzando per contenere il contagio e per potenziare le strutture capaci di fornire assistenza sanitaria alla popolazione.
Il governo sta lavorando per tutelare la salute pubblica, predisponendo la chiusura di una serie di attività e garantendo la continuità per quelle di primaria necessità, come racconta Sergio Fontana, presidente di Confindustria Albania, la principale associazione datoriale del paese: “Le aziende, seppure con norme diverse rispetto a prima, stanno lavorando. Naturalmente sono cambiate le regole di accesso agli stabilimenti industriali e le imprese nostre associate ci comunicano di aver adottato tutte le misure per garantire e rispettare quanto richiesto dalle istituzioni albanesi. Frutto, questo, anche del lavoro svolto in collaborazione con l’Ispettorato del lavoro albanese con il quale è stato predisposto un Protocollo per la sicurezza”.
Più delicata la questione dei trasporti. Per un paese come l’Albania, che dipende molto dalle importazioni, da Italia e Grecia in primis, fermare tutto non è possibile. Rallentamenti e stop, specie all’inizio, non sono mancati e il trasporto merci, complicatosi a causa dell’epidemia già all’interno dell’Unione europea, ne ha risentito ancora di più verso un paese che non ne fa parte, ma che proprio alla fine del mese scorso ha ricevuto il via libera dal Consiglio dell’Unione europea per avviare i negoziati per l’adesione. Lo stesso presidente Fontana, alla guida dell’azienda farmaceutica pugliese Farmalabor, offre una testimonianza diretta: “Nelle scorse settimane per ritirare la merce in arrivo dall’Olanda siamo dovuti passare dalla Francia perché l’Austria aveva deciso di chiudere le frontiere”.
Per adesso, dunque, il giorno per giorno è fatto di un lavoro a stretto contatto con l’Agenzia delle Dogane e con la Direzione Generale dei Trasporti, partner ai quali Fontana tiene a inviare un sentito ringraziamento. Così come all’Ambasciata italiana a Tirana che in collaborazione con il Sistema Italia “ha supportato i nostri connazionali – spiega – nel rientrare in Italia prima e dopo l’entrata in vigore delle misure di contenimento”. E poiché anche in Albania dichiarazioni e misure si sono sovrapposte le une alle altre in tempi molto ravvicinati, fondamentale è stato il supporto di Confindustria Albania nel fornire agli imprenditori le corrette informazioni, facendo da anello di congiunzione con il governo e il resto degli interlocutori.
Qual è la situazione ad oggi, dunque? “Tutte le attività ricettive – racconta Fontana – sono bloccate. Considerando che da queste proviene buona parte del Pil è un duro colpo per l’Albania. Negli anni il paese si era guadagnato una certa popolarità grazie alla bellezza delle sue coste, alla vicinanza all’Italia e ai costi contenuti”.
I rapporti con il nostro Paese sono storicamente molto forti. Lo testimonia il fatto che l’Italia è il primo partner dell’Albania sia per import che per export e lo dimostra il migliaio di aziende italiane, in larga parte Pmi, e le circa duemila partite Iva stabilmente presenti. Sono tanti gli imprenditori con doppio passaporto e sono tanti anche i pensionati italiani che si sono trasferiti in Albania. “Ovunque si parla italiano – aggiunge il presidente dell’associazione – anche perché molti cittadini albanesi, soprattutto nel settore della ristorazione, hanno dapprima lavorato nel nostro Paese e poi sono rientrati per aprire una propria attività”.
Complessivamente infatti l’atteggiamento verso gli imprenditori e le imprese in Albania è positivo. “Basti pensare – fa notare Fontana – che in Albania c’è un ministero di Stato per la tutela delle imprese. Attualmente è guidato da Eduard Shalsi con il quale, come associazione, abbiamo rapporti costanti. Cerchiamo di essere sempre propositivi, di fornire suggerimenti e soluzioni e così è stato quando abbiamo sollecitato il governo a fornire indicazioni chiare e definitive nelle misure che dovevano essere adottate dalle aziende per la sicurezza dei dipendenti”.
Il clima favorevole all’impresa non impedisce certamente di vedere alcuni dei problemi che il paese deve ancora risolvere, quali la mancanza di certezza del diritto, la corruzione e, venendo all’urgenza di queste settimane, un sistema sanitario ancora immaturo che non ha i numeri sufficienti per assistere la popolazione, seppure contenuta, di 2 milioni e 800mila abitanti. La questione sanitaria, peraltro, se dovesse degenerare in una vera e propria emergenza andrebbe a colpire un paese che ha già dovuto fare i conti con il terremoto dello scorso novembre.
Fontana tuttavia resta ottimista sulle prospettive per l’Albania: “È un popolo giovane, c’è voglia di futuro. La stessa che avevamo noi negli anni Sessanta e che abbiamo perduto stando seduti sul nostro glorioso passato. Molte imprese negli ultimi tempi hanno aperto sedi qui e non solo per i vantaggi del costo della manodopera, ma perché c’è un capitale umano qualificato. Mi auguro – conclude – che l’epidemia finisca presto e che questa parte d’Europa, il Sud e tutto l’Adriatico possano vedere tempi migliori. Per dirla con Virgilio, ‘Labor omnia vincit’”.