
L’economia resta sospesa, le imprese vivono come in un limbo. Con un gioco di parole, l’unica certezza ora è l’incertezza, con la consapevolezza che, dopo, a emergenza sanitaria da coronavirus finita, nulla sarà come prima. “Le piccole aziende sono in generale più fragili, ancora di più nel Mezzogiorno. Ma è pur vero che chi fa impresa al Sud è particolarmente resiliente, anche a livello psicologico, è abituato a superare gli ostacoli, con tenacia, persino testardaggine. Tutti quanti, in ogni caso, siamo chiamati a metterci in discussione, a ridefinirci. Dentro un grande progetto strategico, ce la possiamo fare, ognuno può trovare la propria strada”. Da queste considerazioni preliminari si sviluppa il colloquio con Aldo Ferrara, calabrese, delegato di Finanza per la crescita e coordinamento del Comitato scientifico consultivo di Piccola Industria.
Mediaservice, la società di Catanzaro di cui Ferrara è proprietario e titolare, se la sta cavando, le due linee di business in cui opera, l’editoria specializzata in economia e le piattaforme e i servizi informatici e di advertising, tutto sommato hanno tenuto: “Abbiamo continuato a lavorare – racconta l’imprenditore –, operativamente l’utilizzo dello smart working è aumentato, l’abbiamo usato per i nostri 15 collaboratori. Ma abbiamo avuto comunque dei contraccolpi: finanziari, i clienti privati ci hanno chiesto l’allungamento dei tempi di pagamento, e commerciali, da quasi due mesi non si sottoscrivono più ordini, le aziende operano in un’ottica di sopravvivenza e quindi la raccolta pubblicitaria si è fermata come anche gli accordi per il ramo informatico. Fortunatamente la nostra struttura è solida e resistiamo”.
Mediaservice e Ferrara resistono in questa economia sospesa, in cui gli imprenditori differiscono le decisioni di acquisto e di investimento e il ciclo incassi-pagamenti è fermo. “I paradigmi di mercato stanno cambiando, dovremo misurarci – insiste Ferrara – con una domanda nuova, con preferenze di imprese e consumatori difficili da decrittare oggi. I comportamenti indotti dall’emergenza rimarranno? Quanto a lungo? L’offerta sta subendo uno shock sistemico, anche le imprese stanno cambiando”. Senza dimenticare da dove viene l’Italia: due crisi, una finanziaria e l’altra economica, dietro l’altra, da cui si era a malapena usciti, e una fine d’anno 2019 che già mostrava segnali di stanchezza.
Gli effetti del lockdown si rifletteranno nel medio-lungo periodo. “Le misure annunciate finora dal governo non sono assolutamente sufficienti – osserva il delegato di Piccola Industria –. Prima o poi la cassa integrazione, la sospensione dei pagamenti fiscali e la moratoria sui mutui sono destinati a finire. Alla richiesta di liquidità delle imprese non si può rispondere proponendo ulteriori indebitamenti: le piccole imprese ora vanno aiutate utilizzando la leva fiscale, in seguito, nella fase di superamento della crisi, offrendo credito a lungo termine per consolidare le passività in un arco di 20-30 anni”. Affiancando da subito semplificazioni e deregulation: “Lasciamo che le imprese corrano a briglie sciolte”.
Gli effetti del coronavirus sono simili a quelli di una guerra: alla ricostruzione materiale va unita quella immateriale, la più complessa, oltre alle vittime tra le persone, ci saranno vittime tra le imprese. “Abbiamo la grande occasione di riconfigurare la nostra economia per il futuro, di reindirizzare le imprese e irrobustirle attraverso patrimonializzazioni, investimenti in risorse umane e nuove competenze, in digitalizzazione e in un’ottica di internazionalizzazione. Ma il governo deve avviare una stagione di riforme – Ferrara guarda al futuro – che metta le imprese al centro del Paese, creare una cornice ampia in cui le Regioni giochino il loro ruolo di programmazione tenendo conto delle condizioni economiche di partenza, delle vocazioni e specificità del territorio”.
Soprattutto al Sud vanno utilizzate al meglio “e soprattutto in maniera flessibile, rapida ed efficace” le risorse della programmazione europea: “I fondi Ue non spesi del settennato 2014-2010 – ricorda – possono essere rimodulati. Per la Calabria sono fondi importantissimi, servono ora più di prima. Il Mezzogiorno ha bisogno di un grande shock infrastrutturale: investimenti in Alta velocità ferroviaria da Napoli e Raggio Calabria, piena valorizzazione del porto di transhipment di Gioia Tauro e della Zes che è stata costituita, anche migliorando i collegamenti intermodali per i treni cargo, e dei nostri aeroporti, in primis Lamezia Terme. Insieme a investimenti per rafforzare l’infrastruttura telematica di rete. Se aggiungiamo le tre importanti università che insistono su questo territorio, quella della Calabria con forte vocazione per le nuove tecnologie, Catanzaro con le professioni sanitarie e Reggio Calabria con l’agroalimentare, abbiamo tutte le potenzialità per diventare terra di reshoring delle imprese manifatturiere che, sull’onda dell’accorciamento delle catene logistiche determinato dalla pandemia, tornino ad insediarsi in Italia”. E di ritorno dei tanti giovani fuggiti al Nord e all’estero.
All’incognita sui nuovi paradigmi del mercato si aggiunge l’incognita su come si riavvieranno i rapporti commerciali per sbloccare i pagamenti. “La fiducia è un valore fondamentale per le imprese, se le aspettative non sono positive non ripartiamo. Resto convinto che se avremo una cabina di regia regionale capace di mettere a sistema le potenzialità del territorio, la sua vocazione turistica, storia, natura, archeologia, le imprese che hanno gli anticorpi supereranno questa fase. La crisi ci dà l’opportunità di metterci, tutti noi imprenditori, in discussione, ripensare le nostre strategie e programmare il futuro. Come dicevo prima, siamo resilienti e sono certo che ognuno troverà la sua strada. E il mercato i suoi equilibri”, conclude Aldo Ferrara.