Numeri così non si erano mai visti, esattamente come non si era mai visto un virus capace di indurre un disastro sanitario ed economico mondiale di queste proporzioni. L’indagine rapida del Centro Studi Confindustria su dati Istat registra dati mai prima in così profondo rosso: in marzo ed aprile la produzione industriale ha registrato una perdita di oltre il 50%. Una caduta dell’attività senza precedenti nelle serie storiche disponibili.
Le riaperture programmate a partire dal 4 maggio non genereranno, secondo il Csc, un veloce recupero perché le famiglie continueranno ad essere prudenti nelle loro scelte di consumo mentre le aziende dovranno smaltire le scorte accumulate negli ultimi mesi. Anche la domanda estera risentirà della contrazione dell’attività in Europa. Così la dinamica del Pil nel secondo trimestre sarà molto più negativa di quella registrata nel primo trimestre. Tutto questo porta a concludere che le prospettive per il futuro restano incerte e legate all’evoluzione della crisi sanitaria.
Le rilevazioni di Csc registrano un crollo della produzione industriale del 26,1% in aprile su marzo, quando già si era avuto un arretramento del 25,4% su febbraio. Nel primo trimestre 2020 la variazione congiunturale è stata di -7,5% (da -1,2% nel quarto trimestre 2019). La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, arretra in aprile del 45,2% rispetto allo stesso mese del 2019; in marzo è stimata in calo del 26,5% sui dodici mesi. Gli ordini in volume scendono del 44,6% in aprile su marzo (-42,1% annuo), quando sono diminuiti del 23,7% su febbraio (-52,7% annuo).
La dinamica congiunturale dell’attività industriale in marzo e aprile è stata calcolata con una metodologia diversa da quella utilizzata finora, in linea con le indicazioni di Eurostat sul trattamento dei dati destagionalizzati in un contesto caratterizzato dallo shock improvviso causato dalla diffusione del Covid-19. Questo differente approccio mantiene inalterato l’andamento della produzione industriale fino a febbraio, ma “scarica” l’impatto economico esclusivamente su marzo e aprile. Ciò spiega in gran parte la differenza rispetto alle stime preliminari di marzo diffuse un mese fa (-16,6%). Si auspica che lo stesso approccio nel trattamento dei dati post Covid-19 sia utilizzato da tutti gli istituti europei, per rendere confrontabili le statistiche internazionali.
La caduta dell’attività nei due mesi di rilevazione è di poco superiore al 50% cumulato, una dinamica spiegata da due fattori: da una parte il blocco dell’attività nell’industria, deciso con il Dpcm del 22 marzo, che ha riguardato quasi il 60% delle imprese manifatturiere per poco più di una settimana a marzo e per tutto aprile; dall’altra la dinamica molto bassa sia della domanda interna, che ha risentito delle chiusure delle attività in alcuni settori del terziario e delle limitazioni agli spostamenti delle persone, sia di una domanda estera fortemente intaccata, soprattutto in aprile, dalla diversa tempistica con la quale sono state introdotte misure restrittive dai partner commerciali dell’Italia.
La variazione della produzione industriale nel secondo trimestre è di -40,0%; per i prossimi mesi, quando è attesa una modesta ripresa della domanda, c’è da attendersi un forte rimbalzo congiunturale dell’attività (rispetto al mese precedente), pur in presenza di una variazione tendenziale (rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) ancora negativa. Anche se a maggio e giugno la dinamica risulterà positiva, si stima che nel secondo trimestre la produzione diminuirà a un ritmo più che doppio rispetto a quello registrato nel primo.
Secondo la Congiuntura Flash di Confindustria la ripartenza sarà graduale, anche con la fine del lockdown: da un lato le abitudini di spesa delle famiglie sono cambiate e difficilmente torneranno in tempi rapidi a quelle precedenti e dall’altro le imprese – come evidenziano le recenti indagini qualitative – negli ultimi mesi hanno accumulato scorte che andranno smaltite prima che il ciclo produttivo possa tornare a ritmi normali. Per queste ragioni la maggioranza delle imprese, con poche eccezioni, lavorerà a un regime ridotto per diversi mesi.
L’indagine PMI sul manifatturiero in aprile conferma uno scenario economico drammatico: l’indice generale è sceso a 31,1 (inferiore a 50 indica contrazione congiunturale), il minimo mai toccato dall’inizio delle indagini nel 1997. In particolare, l’indice della componente produzione è sceso a 11,4, con l’84% delle imprese che ha segnalato una diminuzione dell’attività, quello degli ordini è sceso a 11,6 con la componente estera a 18,2. Dinamiche simili sono state rilevate anche nel resto d’Europa. Per questo nel secondo trimestre c’è da attendersi una caduta del Pil italiano di almeno 8 punti percentuali.
È necessario – raccomanda ancora il Csc – fare di tutto per sostenere adeguatamente imprese e famiglie: l’alternativa è un impoverimento generale e duraturo che riporterà i livelli di ricchezza indietro di quarant’anni.