
Con l’obiettivo di riuscire a guadagnare progressivamente la fiducia di brand italiani ed esteri del lusso o premium, nel 2008 Andrea Rambaldi (nella foto in alto) ha creato dal nulla FashionArt – 9,7 milioni di euro di fatturato nel 2024 e 75 dipendenti –, azienda che, dopo una consulenza per uno dei massimi player francesi del settore, ha iniziato a sviluppare quelle competenze che il mercato le continua a riconoscere anche in un periodo non certo favorevole per il settore. In questo modo, nel quartier generale di Limena, in provincia di Padova, il sapere artigiano dei dipendenti continua ad armonizzarsi con quell’innovazione che non può mai mancare nelle dinamiche d’impresa di una realtà di successo.
“La nostra forza sta nel valore aggiunto che riusciamo a mettere in ogni prodotto, nel lavoro di sarte esperte in grado di garantire ritocchi manuali sicuramente non da tutti – spiega il direttore generale di FashionArt Rambaldi –. In questi ultimi anni siamo stati capaci di mixare tecnologie di nuova generazione con le indubbie conoscenze di un gruppo di grandi artigiani del territorio veneto. Per mettere a terra tutto ciò in maniera conseguente abbiamo poi deciso di non affidarci a ‘sub sub forniture’, per non rischiare di dare credito a laboratori non in linea con quegli stringenti target aziendali che vengono sostanziati dalla certificazione GOTS, riconoscimento dato alle imprese che realizzano prodotti tessili con fibre naturali provenienti da agricoltura biologica”. Modus operandi fissato dal Global Organic Textile Standard definito anche da criteri ambientali e sociali estremamente restrittivi da rispettare all’interno delle aziende e che si applicano a tutte le fasi produttive.

UNA FASE DELLA LAVORAZIONE
Intanto FashionArt prosegue nel poggiare buona parte del proprio impegno lavorativo su un genere di produzione artigianale che ha al suo interno una caratteristica distintiva. “È tutto legato alla capacità di mantenere un approccio artigianale ma comunque replicabile, come richiesto da importanti clienti che dimostrano di apprezzare il grado di innovazione industriale raggiunto dalla nostra impresa”.
Una costante ricerca delle soluzioni migliori, che anni fa è passata dall’introduzione nei processi creativi della Pmi veneta dell’agugliatura, al tempo novità capace di conquistare subito parecchi consensi tra i committenti. “Con un ago ‘spuntato’ viene strappato un pezzettino di filato e lo si porta in superficie creando un buco che, rispetto ai primi tempi, ora viene generato con un sistema laser – chiarisce il dg di FashionArt –. Particolare effetto che non smettiamo di proporre a tutti i marchi interessati a portare sul mercato sempre qualcosa di nuovo e accattivante”.

UNA FASE DELLA LAVORAZIONE
Parallelamente alla parte ideativa e produttiva che rende assai dinamico il quotidiano vissuto all’interno della sede di Limena, c’è anche un altro aspetto a dare ulteriore sostanza al progetto complessivo. “Per FashionArt essere green e proseguire a cercare il massimo livello di sostenibilità ambientale non è un concetto astratto. Partiamo infatti da ciò che c’è dietro un prodotto e dalla sua trasformazione, alto grado di attenzione che, tra le altre cose, lo scorso anno ha fatto partire un progetto con l’obiettivo di coltivare cotone entro i confini nazionali. L’idea conseguente è quella di riuscire a tracciare il vero made in Italy, considerato che al momento non credo siano più di tre le aziende italiane, noi compresi, a dichiarare la provenienza del filato”.
Inoltre, l’azienda del patavino ha scelto nove anni fa di ridisegnare pure il proprio ambiente di lavoro su basi assolutamente green, affidandosi alla visione innovativa della proprietà. “Anche se in molti mi consigliavano di costruire la nuova sede in un classico cemento armato, io volevo andare in cerca della massima salubrità degli spazi in cui i dipendenti passano parecchie ora al giorno – sottolinea Rambaldi –. E così, assieme all’architetto, ho deciso di farla in legno, con un’attenzione particolare nella ricerca della maggiore luminosità possibile, come mi era capitato di vedere in particolare in alcuni alberghi dell’Alto Adige. In più abbiamo puntato sul fotovoltaico e, nel post Covid-19, sul riciclo dell’aria interna, mentre sfruttiamo l’acqua piovana che raccogliamo per annaffiare i giardini”.
Deciso pure di creare un’accademia con percorsi formativi e di provare a comunicare in modo corretto all’esterno i valori di un settore che ha bisogno dell’aiuto delle nuove generazioni, FashionArt si è messa nella posizione di attirare l’interesse di chi esce da scuole e università. “Rispetto a ciò che si sente in giro, qui da noi continuano ad arrivare non pochi curriculum di ragazzi che ambiscono ad essere ammessi all’accademia. Un progetto iniziato nel 2024 e che ha già contribuito ad inserire sei giovani in azienda. Credo che questo percorso debba necessariamente basarsi sul cercare di capire le modalità con cui osservano cosa facciamo e impostano di conseguenza il loro futuro”, conclude Andrea Rambaldi.