
Scrivono gli esperti che il nostro futuro sta racchiuso dentro l’ampia forchetta di una previsione economica: frase accattivante per la spinta ad una programmazione, meno comprensiva per i risultati che propone.

EDOARDO LUIGI GAMBEL
Come scrissi molti anni fa in merito ad argomenti di budget e controllo di gestione, “tutte le aziende programmano se pensano al futuro”, l’importante è individuare questo futuro, che dipende dalla contrapposizione degli scenari esterni con quelli interni. In altre parole, confrontare il mercato, il cliente e il fornitore con la governance aziendale e le principali funzioni dell’impresa. Valutare così i punti di forza e di debolezza che ci permettono di stendere gli obiettivi in accordo con le strategie più adatte. Questa è la metodologia della programmazione.
Visti i tempi incerti, per le Pmi che navigano in questo scenario, la crescita è da associare al proprio mercato di riferimento con la variante che l’imprenditore vorrà o potrà formulare negli assetti della propria gestione. Particolarmente attivo in questo sforzo di miglioramento si pone il profilo dell’azienda guidata e non gestita, che è rappresentata da quell’impresa dove ogni collaboratore “spinge” la propria attività piuttosto che farsi “trainare”.
Fatte queste precisazioni rispetto al tema della programmazione diventa ora importante la fase esecutiva, ovvero la messa in opera dei progetti, che s’inserisce al secondo posto della triade della gestione aziendale: programmazione, esecuzione e controllo. Come per la prima fase, sono a disposizione delle Pmi alcune logiche gestionali che aiutano e semplificano gli interventi aziendali.
Fra i tanti suggerimenti è stata scelta la lettura del “Quadrante manageriale”, lasciando ad un prossimo articolo gli argomenti altrettanto interessanti: risoluzione dei problemi (problem solving) e presa delle decisioni (decision making).
Il Quadrante manageriale
Si tratta di un’impostazione grafica che permette di valutare quattro argomenti, presentati in contrapposizione: visione strategica ed operativa, dati quantitativi e qualitativi.

IL QUADRANTE MANAGERIALE
Nella mia lunga vita professionale ho trovato molto spesso imprenditori, soprattutto di Pmi, che confondevano e sovrapponevano queste due iniziative gestionali. Semplificando: la visione strategica si occupa di fondamentali problemi che interessano tutta l’azienda, mentre la lettura operativa è quella generalmente demandata a tutti i giorni.
Nella diversità è doveroso considerare la loro importanza e il fatto che si sostengano a vicenda: la gestione strategica, infatti, non potrebbe esserci senza la conoscenza operativa, così come – a sua volta – quella operativa non saprebbe come muoversi senza l’individuazione strategica.
Su questi argomenti esistono svariati volumi. Queste poche righe non hanno pretesa di completezza se non per il suggerimento da trasmettere all’imprenditore, il quale deve tenere sempre separati questi due atteggiamenti. In genere più si sale nei gradi della importanza aziendale, più si deve abbandonare il concetto operativo per passare a quello strategico che, per sua natura, risulta essere più complesso e multivariato.
Anche imprenditori di successo dimenticano che devono impiegare il loro tempo a risolvere temi strategici, mentre spesso – per abitudine o per il desiderio di intervenire laddove qualcosa non si sia mossa per il verso giusto – entrano nelle questioni operative, complicando l’azione del vero responsabile.
Dati quantitativi e dati qualitativi
Il mondo ha bisogno di certezze. Queste sono date da valori quantitativi, siano essi numeri o altre espressioni di stima numerica. Il grande dubbio vive sulle espressioni qualitative, che non è facile misurare. Mentre per i dati quantitativi esiste la certezza oggettiva del dato, per le altre valorizzazioni il timore è quello di usare espressioni che assumano dichiarazioni soggettive. Ad esempio: per tutti il numero 5 è maggiore di 3 e minore di 8, mentre le dichiarazioni di buono o pessimo sono legate alla sensibilità soggettiva del proponente, che può avere un proprio metro di misura diverso da soggetto a soggetto.
Fatte queste considerazioni è importante sottolineare che nella vita aziendale gli elementi qualitativi o descrittivi rappresentano circa il 65% della complessità, lasciando il solo 35% agli aspetti quantitativi o numerabili. D’altronde questa suddivisione si adegua a gran parte degli elementi dell’universo.
Tutto questo contribuisce a rendere difficoltosa la gestione aziendale, partendo dalla dichiarazione dello studioso canadese Henry Mintzberg, secondo il quale ogni azione non misurabile non può essere oggetto di miglioramento. Nella realtà le misurazioni qualitative vengono approssimate, disattese o non considerate.
Questo rimane un problema molto importante per l’imprenditore o per il manager perché in azienda la maggior parte degli elementi considerati sono di natura qualitativa, che generalmente non vengono misurati perché non si conosce il metodo di misurazione oggettivo.
È stato necessario quindi studiare e realizzare un metodo statistico, soprattutto semplice, per rispondere a queste importanti domande: come posso rendere numerabile gli aspetti qualitativi aziendali? Come posso ottenere dei KPI (Key Performance Indicators) oggettivi? Con la conoscenza di indicatori qualitativi l’imprenditore potrà valutare oggettivamente un nuovo spazio aziendale sconosciuto, così da intervenire immediatamente.
Nasceranno delle domande alle quali saprà fornire una risposta: quanto è migliorata l’organizzazione aziendale? Il clima? Quale è la stima del brand? Come sono valutati i nuovi manager? Come è il profilo del nuovo assunto? Un’altra sacca di non conoscenza o inefficienza da cancellare.
Prime conclusioni
È importante che l’imprenditore o i manager si soffermino a considerare il “Quadrante manageriale”, la cui impostazione può portare a notevoli vantaggi. Dividere sempre la gestione strategica da quella operativa, rispettando le competenze, e valutare i miglioramenti anche degli aspetti qualitativi, che rappresentano di gran lunga la maggioranza.
Non basta tuttavia solo la buona volontà. È necessario investire sia in infrastrutture tecnologiche che in sicurezza per creare un nuovo valore. Le Pmi a basso valore aggiunto non avranno un futuro o un futuro felice se non insisteranno su questa strada dove la cultura diventa l’asset principale. Anche la formazione manageriale assicura il raggiungimento di questi obiettivi qualitativi che dovranno essere convenientemente misurati. Serve una nuova visione: oltre alla fondamentale ricerca dei risultati economici, patrimoniali e finanziari, le Pmi sono pronte a questa sfida per la costruzione del loro futuro?
(L’autore è componente del Comitato Scientifico Consultivo di Piccola Industria)