Mano a mano che passano i giorni e l’eccezionalità dell’epidemia di coronavirus diventa “normalità” ed entra a far parte della vita di tutti i giorni, l’emotività lascia piano piano il posto alla razionalità. È quel che sta accadendo alle imprese dell’autotrasporto – e non solo a loro -, agli autisti che consegnano le merci e ai clienti che le ricevono. “Il delirio, le follie dei primi giorni, la pretesa dei clienti di misurare la temperatura agli autisti o, sull’altro fronte, il rifiuto di recarsi con il camion in certe aree del Paese stanno rientrando, ma per tutto il resto le preoccupazioni restano fortissime”, questo il primo, parziale bilancio delle due settimane di convivenza con il Covid-19, di Giuseppina Della Pepa, il direttore di Anita, l’associazione delle grandi imprese di autotrasporto e logistica aderenti a Confindustria.
Per tutto il resto Della Pepa intende le procedure farraginose e poco chiare sui comportamenti da tenere, in particolare quando si entra per i rifornimenti nelle “zone rosse”, i tentativi di bloccare le merci italiane alle frontiere perché “fonti di contagio”, le restrizioni sul trasporto internazionale imposte da alcuni Paesi e l’impatto economico dell’emergenza sui conti delle imprese di autotrasporto.
“Il tavolo comune ministero delle Infrastrutture e Trasporti-Protezione Civile che mercoledì pomeriggio ha riunito le associazioni del settore insieme al Capo di Gabinetto del Mit e al Dipartimento prevenzione del Ministero della Salute – continua – è stato molto importante. Un incontro pragmatico, positivo. La richiesta comune avanzata da tutti è avere linee guida univoche ed uniformi per semplificare la movimentazione logistica e assicurare, con le dovute garanzie sanitarie, la continuità delle attività produttive. Una sorta di vademecum che faccia da guida ai nostri associati”.
Le criticità sono forti in particolare per quel che riguarda i rifornimenti nelle “zone rosse”. “Il primo Dpcm prevedeva l’obbligo di autodenuncia per chi avesse transitato o sostato in queste aree, con conseguente quarantena. Semplicemente per aver viaggiato sull’autostrada o essere stato a bordo di un treno – spiega il direttore di Anita –. Per ragioni che ben si comprendono abbiamo chiesto che questa parte venisse modificata. Il nuovo Dpcm ha tolto il transito ma non la sosta. Così, però, finiremmo per avere gli autisti che entrano in queste zone o per rifornire i cittadini dei beni di prima necessità, dagli alimentari, al gasolio, ai farmaci, o per servire le aziende in attività, fuori gioco in poco tempo. Una situazione insostenibile”. Che lascerebbe l’autotrasporto senza personale di guida e a cui si continua a chiedere di mettere riparo in uno dei prossimi Dpcm.
Per questo si sono chieste linee guida che definiscano i comportamenti da tenere per svolgere le attività di produzione e di trasporto, a partire proprio dalle “zone rosse” e lungo le filiere industriali e logistiche, e che consentano di non interromperle e rassicurino imprese, lavoratori e cittadini, sulla sicurezza sanitaria delle diverse operazioni: “Quindi con l’uso dei dispositivi indicati, mascherine, guanti e occhiali e, ove possibile, senza che il guidatore esca dal camion, oppure mantenendo le distanze di sicurezza”, aggiunge.
“Più in generale, la priorità è mettere nero su bianco – continua Della Pepa – che le merci non sono fonte di contagio. Dichiarazione indispensabile, anche in previsione di una possibile estensione delle ‘zone rosse’, per rispondere a chi, all’estero, blocca le nostre merci con la scusa del virus. Legata a questa, l’altra grandissima preoccupazione per chi fa trasporto internazionale, sono le restrizioni imposte da alcuni paesi dell’Europa dell’Est, per esempio la Croazia e la Romania, che sottopongono a quarantena gli autisti che arrivano da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna appena varcato il confine”.
Imposizioni che rischiano di avere effetti molto seri sulle imprese italiane, tante piccole e medie, che si sono insediate in questi paesi o lì svolgono fasi della loro attività. Senza contare, in ogni caso, le difficoltà che le imprese già denunciano, nel bilanciare i carichi tra andata e ritorno, per esempio con la Germania, ed evitare i viaggi a vuoto: criticità che con il protrarsi dell’emergenza vengono alla luce.
“L’impatto delle crisi sul trasporto – ragiona il direttore – è sempre spostato un poco in avanti rispetto all’impatto sulla manifattura. Ma arriva. E non voglio pensare a cosa potrebbe succedere se la ‘zona rossa’ venisse estesa, per esempio, a Piacenza, polo logistico di prima grandezza in Europa, o a Bergamo, luogo dell’industria per eccellenza”.
Come sostenere e aiutare trasporto e logistica in questo momento così complicato? “Più che sospensioni d’imposta, di mutui o contributi, che restano poi appesi come spade di Damocle sulla testa delle aziende – risponde Della Pepa –, Anita insieme a Confindustria propone due misure: l’esonero dal versamento dei contributi per il funzionamento delle Authority per il 2020, ovvero Autorità per i trasporti, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, e l’esonero dal versamento del 50% dei contributi per tre mesi a Inps e Inail. Porterebbero a una riduzione immediata dei costi, sarebbero, quindi una boccata d’ossigeno vera per le nostre imprese”.